Partire...

“Il cellulare squilla, un numero inusuale. A parlare è una voce da donna squillante e tranquilla. La data è stata comunicata è il momento di partire”

Ricordo bene la prima volta che mi squillò il cellulare. Un emozione forte si impadronì di me. Ero contento e allo stesso tempo terrorizzato, ormai avevo scelto, stavo per intraprendere la strada del mare.
Sentii una tensione sulle spalle, divennero pesanti, il cervello iniziò a pensare alle tante cose che avrei lasciato in sospeso sapendo che ormai non c’era più tempo.
La partenza era vicina. Ricordo che la cosa più difficile da fare fu preparare le valigie; capii che non si trattava solo di scegliere cosa portarmi ma che, nello stesso momento in cui le avrei chiuse con il lucchetto, avrei messo in pausa la mia vita “terrestre” per andare verso l’ignoto.
Arrivò anche il momento dei saluti. Fu difficile. Genitori, amici e fidanzata li avrei rivisti dopo molti mesi.

Dovevo imbarcarmi a Mohammedia, Marocco.
Fui fortunato, o almeno credevo di esserlo; era previsto che avrei viaggiato con il comandate. Mi emozionava l’idea di relazionarmi subito con la persona di grado più alto.
Cercai di immaginarmi il comportamento che avrei dovuto assumere per dare una buona prima impressione.

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(Foto di proprietà dell'autore)

Destino beffardo (mi accompagna sempre nei viaggi), il caso volle che il mio volo venisse cancellato. Arrivai a Casablanca da solo. Era sera, faceva caldo e l’odore tipico dei paesi africani mi giunse subito alle narici.
La Tim mi avvisò subito che avrei pagato cara una telefonata. Nel 2009 non erano diffusi gli smartphone quindi neanche immaginavo una rete wifi o una 4G, io comunque avevo ancora il gsm a conchiglia.
Il bagaglio arrivò senza lucchetto, ma per fortuna non fu perso nulla. L’autista mi aspettava fuori l’aereoporto, parlava francese, riuscii a malapena a capire che non sarei andato subito a bordo della nave. Mi ritornarono in mente le sgridate di mia madre che mi raccomandava di studiare il francese... mi pentii di non averlo imparato.

Per un ora tra le strade buie del Marocco i miei occhi non riuscivano a fermarsi dal guardare tutti i particolari di un paese nuovo, di differente cultura e modo di vivere. Arrivai in albergo verso le 21.
Il comandante mi aspettava al ristorante. Un uomo bassino, anziano, con gli occhiali con un espressione seria. Ci presentammo e quando capì che quello sarebbe stato il primo imbarco, cercò di dissuadermi. Ma invano, io ero convinto.

Mi chiese cosa avrei preso da mangiare. Aprii il menù gli diedi una rapida occhiata e mentre il comandante ordinava un insalata feci cenno al cameriere di portarne due. Non capivo un bel niente di ciò che c’era scritto sul menù.
Mi consolò il pensiero di qualche provvista che avevo infilato in valigia, per quella sera un insalata sarebbe bastata.
Finimmo la cena fugace, ci salutammo e andammo nelle nostre stanze.
Era tardi, chiamai a casa e alla mia fidanzata, furono due chiamate di pochi minuti.

Qualche lacrima di nostalgia nel pensarli, mi adagiai sul cuscino guardando la luna e mi addormentai pensando che ero pronto a conoscere l’ignoto.

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