Tafofobia e Vampiri: tra medicina, superstizione e ingegneria


Essere sepolti vivi e non essere proprio "morti": tra scienza, leggenda e mistero. "The Premature Burial" di Antoine Joseph Wiertz, 1854.


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Post aderente al progetto SISTEM: Steemit-Italia STEM

Introduco con questo post, una nuova rubrica sperimentale chiamata Scienza, Storia e Mistero del progetto di SISTEM di @steemit-italia, che si concentrerà sugli aspetti scientifici dietro eventi misteriosi e del folklore in relazione al contesto storico in cui essi avvennero. Buona lettura!


La differenza tra "morto" e "morto davvero"

Nel diciannovesimo secolo, Sarah Hart accolse la sua nipotina dodicenne Mary, da poco divenuta orfana, nella sua casa di New Haven in Connecticut. I genitori di Mary erano morti in mare Sarah e Mary trovarono conforto nella reciproca compagnia. Con il passare degli anni divennero inseparabili: era come se avessero una sola mente ed un solo cuore. Una mattina, mentre le due donne stavano lavorando, Mary ebbe un malore. Il motivo non era chiaro e inizialmente Sarah pensò che la nipote avesse avuto un semplice mancamento. Ma non era così. Sarah tenne Mary fra le proprie braccia mentre esalava il suo ultimo respiro: venne sepolta il giorno successivo. Quella notte Sarah ebbe un incubo: sognò sua nipote chiedere aiuto mentre era intrappolata all'interno della bara. La zia era convinta che fosse più di un sogno e che Mary fosse ancora viva, quindi implorò i responsabili della chiesa di disseppellire Mary. Il triste compito si trasformò ben presto in orrore non appena videro il corpo senza vita di Mary: aveva le unghie rotte ed insanguinate e la fodera della bara era ridotta a brandelli. Sul suo volto, il terribile ritratto della morte. Tutto questo accadde veramente a Mary Hart il 15 ottobre del 1872. Da questa avvenimento, nacque la leggenda di "Midnight Mary" e del suo fantasma.

Una cosa di cui dovremmo essere grati, è che viviamo in un'epoca in cui possiamo dire con certezza che ciò che è morto è "morto davvero".

Ma la medicina moderna ha ridefinito la linea fra la vita e la morte. Abbiamo un controllo su quella linea sottile in un modo che le vecchie generazioni avrebbero considerato miracoloso oppure opera del Diavolo: i medici fermano regolarmente il cuore durante le operazioni a cuore aperto e rianimano poi il paziente con una scossa elettrica. Persone il cui cervello ha quasi smesso di funzionare possono essere tenute in vita, siamo in grado di rimuovere un organo a una persona e trapiantarlo nel corpo di un altra: non è più solo una fantasia degna di Frankenstein. È sempre stato questo lo scopo della medicina, trovare modi per eliminare il dolore e tenere lontana la morte, anche se alcuni dei metodi più antichi oggi possono sembrarci barbarici.

Non importa l'epoca, la domanda è sempre stata: "fin dove saremmo disposti ad arrivare per tenere in vita un nostro caro?"

Esumazione terapeutica

Quello di riesumare i morti per vedere se fossero in qualche modo ancora vivi, era un rituale che aveva un nome specifico: "esumazione terapeutica". Questo rituale fu introdotto nel diciottesimo secolo dal filosofo e medico George Stahl, uno dei medici più rispettati della Germania di quel tempo. Stahl era ossessionato dal voler capire cosa separasse la vita dalla morte, credeva che un invisibile forza vitale scorresse attraverso il corpo umano e che questa forza facesse respirare i polmoni, battere il cuore e mantenesse il sangue fluido. Chiamò questa forza "animus", anima. La decomposizione poteva iniziare solamente una volta che l'anima avesse lasciato il corpo: solo in tempi recenti sappiamo che Stahl si sbagliava. Tuttavia, a quei tempi la gente credeva che questa teoria fosse una scienza all'avanguardia e la usò per giustificare le proprie superstizioni riguardo alle anime che rimanevano intrappolate nei corpi: per sopravvivere, queste anime dovevano nutrirsi dei vivi diffondendo malattie mentre banchettavano con il loro sangue. Questa strana combinazione di scienza inesatta e folklore fu introdotta in America dai chirurghi dell'esercito tedesco che aiutarono gli inglesi durante la rivoluzione americana. Ogni volta che una città cadeva preda alla tubercolosi, riesumavano i cadaveri: se scoprivano delle parti del corpo non sufficientemente decomposte o sangue non coagulato, poteva voler dire una cosa sola, ovvero che l'anima era ancora intrappolata nel corpo. Il cuore veniva quindi rimosso chirurgicamente e poi cremato, in questo modo l'anima trovava il riposo eterno una volta per tutte.

Seppelliti si, ma in sicurezza

Nel tardo diciannovesimo secolo, dichiarare il decesso era più questione di tirare a indovinare che vera scienza. La paura di una sepoltura prematura aveva un nome: Tafofobia. Da qui l'origine delle camere mortuarie, luoghi in cui persone morte - ma forse non per davvero - potevano essere "controllate". Questo, fino al presentarsi dell unico segno inequivocabile di morte: la putrefazione, il cui odore veniva coperto con enormi composizioni floreali che fungevano anche da ornamento per le strutture più costose. Presero a diffondersi inoltre sempre più tecniche che potevano fornire un verdetto più rapido sullo stato di decesso, come infilare uno spillo sotto il letto ungueale, mettere uno scarabeo vivo dentro l'orecchio, suonare una fanfara col corno a pochissima distanza, tagliare la pianta dei piedi con un rasoio, strizzare i capezzoli con pinze progettate appositamente, inserire una matita dentro il naso. Il dr. J.V. Laborde inventò anche una macchina tira lingua a manovella, basandosi sul principio che bisognava stimolare le parti più sensibili del nostro corpo per rianimare il "sospetto" defunto.

Per chi poteva permetterselo c'era un'altra opzione ancora: la bara di sicurezza, come quella creata da Thomas Pursell nel 1930. Inventori intraprendenti, sposando lo spirito dell'epoca, proposero diversi brevetti per questa classe emergente di prodotti mortuari. Uno dei progetti più famosi era costituito da un lungo tubo che forniva aria fresca e luce. Un medico ideò addirittura un sistema che prevedeva l'uso di una campanella: si attaccavano delle corde alle mani ai piedi e alla testa del cadavere e se la campanella avesse suonato, l'addetto avrebbe dovuto chiamare i becchini che si sarebbero adoperati per disseppellire la bara e liberare l occupante da una terribile situazione. Da qui, l'espressione "salvato dalla campanella".

Il caso di Mercy Brown di Rhode Island

Fino a dove può spingersi un uomo per salvare la vita di un suo caro?

George Brown era un agricoltore che nell'ultimo ventennio del diciannovesimo secolo fu colpito da una tragedia: tutta la sua famiglia fu uccisa dall'epidemia di tubercolosi, che in quel periodo arrivò a costare la vita ad una persona su 4 nel New England.

💊 La Tubercolosi
La tubercolosi o tisi è una patologia causata dall'infezione da ceppi di micobatteri, il più comune è chiamato Mycobacterium Tubercolosis o Bacillo di Koch. L'infezione colpisce principalmente il polmone, tuttavia può svilupparsi anche in sede extra-polmonare come nella pleura, nelle ossa, colpire il sistema nervoso o l'apparato urinario. La diffusione è per via aerea, attraverso tosse, sputi e starnuti dei soggetti infetti e che presentano la malattia in forma attiva. Infatti, la tubercolosi decorre in maniera asintomatica nel 90% dei casi (forma latente o cronica) e si presenta in forma attiva solamente nel 10% degli ammalati. La forma attiva presenta una mortalità di oltre il 50%, per tanto diventa indispensabile trattare la patologia il prima possibile. L'infezione iniziale determina la formazione del tubercoloma, un'area del polmone in cui le cellule del sistema immunitario riescono a confinare i micobatteri, evitando che possano diffondersi tramite il torrente circolatorio nell'organismo. Nei soggetti anziani o gravemente immunodepressi (come i soggetti affetti da HIV), le cellule del sistema immunitario non riescono a controllare l'infezione, i micobatteri quindi entrano nel torrente circolatorio e determinano una forma estremamente grave di tubercolosi disseminata, denominata "miliare", con esito fatale. Nonostante il bacillo di Koch fosse stato scoperto nel 1882, solamente nel 1946, con la scoperta dell'antibiotico "streptomicina", fu disponibile una prima cura per questa malattia. La tubercolosi ha effetti devastanti sul malato: gli occhi si arrossano e si gonfiano, il viso diventa pallido e si tossisce sangue. L'associazione tra malati di tubercolosi e creature del male, come i vampiri, derivava proprio dal loro aspetto: addirittura si arrivava a pensare che i pazienti (ritenuti impossessati da un demone) si nutrissero del sangue dei propri cari per reintegrare quello perso con la tosse.

Stando ai registri censuari, Brown possedeva una piccola fattoria nella comunità rurale di Exeter, nel Rhode Island. Aveva una famiglia fiera, costituita da grandi lavoratori e perseverante di fronte alle avversità: la moglie Mary ed i tre figli Mary Olive, Edwin e Mercy. Sua moglie Mary Elizabeth aveva contratto la tisi ed era morta in maniera straziante; la stessa malattia avrebbe rivendicato la vita della figlia maggiore Mary Olive poco tempo dopo. Nonostante George non fosse un uomo religioso, pregò ogni notte affinché questo malanno terribile risparmiasse i suoi figli: per nove anni le preghiere di George furono esaudite e la sua famiglia venne risparmiata.

La tubercolosi torno a farsi sentire e colpì Edwin: per evitare di perdere il figlio, George spese parte del suo patrimonio per mandare lui e sua moglie a Colorado Springs, dove era vi era un ospedale speciale per questa patologia. Tre mesi dopo la partenza di Edwin, la malattia bussò di nuovo alla porta di casa Brown, questa volta fu il turno di Mercy, l'unica familiare rimasta a casa con il padre.

Dopo diverse settimane a Colorado Springs, la salute di Edwin migliorò: le terapie e la fresca aria di montagna avevano rinvigorito i suoi polmoni. Ma quando Edwin tornò a casa, Mercy era già morta. La gioia del padre nel rivedere il figlio in salute, durò poco: il figlio Edwin, ormai unico superstite dei tre figli di George, si ammalò nuovamente.

Questa volta, George Brown non si volle arrendere all'impotenza della medicina contro questa malattia, non con l'ultimo caro che gli era rimasto in vita. Si lasciò quindi convincere a compiere un atto di assoluta efferatezza, dettato dalla disperazione.

In quel periodo, c'era una superstizione secondo cui un demone soggiornasse nel cuore dei defunti e che si nutrisse di notte del sangue dei familiari, uno alla volta, fino a portarli alla morte. Per dimostrare la presenza del demone in uno dei defunti, era necessario riesumarne il cadaveri, controllare che nonostante l'incedere del tempo non fosse andato in decomposizione e che nel suo cuore ci fosse ancora sangue vivo. Qualora fossero verificate queste condizioni, per distruggere il demone si doveva bruciare il cuore del defunto.

Grazie alla rivoluzione industriale, stava cambiando il modo di pensare delle persone e come queste immaginassero il loro futuro. La scienza stava producendo miracoli su una scala mai vista prima, eppure la medicina non era ancora all'altezza ed i medici spesso brancolavano nel buio quando si trattava di stabilire le cause delle malattie che affliggevano molte persone. Tra queste, proprio la tubercolosi che aveva quasi annientato la famiglia di George Brown. Anche se il batterio che causa la malattia, M. tuberculosis, era stato scoperto dieci anni prima degli eventi della famiglia Brown, non c'era ancora una cura disponibile, il che lasciava molto spazio a rimedi meno scientifici, che facevano presa sulle pratiche e le credenze delle persone. Come la convinzione che un cuore morto da tempo potesse ancora esercitare una sorta di terribile potere assorbendo la vita dai vivi.

Iniziò quindi il macabro rituale, e uno ad uno, i cadaveri di moglie e figli furono riesumati. L'unica salma a non essere sfigurata dalla decomposizione, nonostante i tremi mesi passati, era quella della figlia Mercy. Il suo corpo si trovava in perfetto stato di conservazione, visto che era stato conservato per tutto l'inverno nel capanno per poi seppellirla al disgelo.

Il freddo, aveva rallentato il processo di putrefazione, ma questo i contadini che accompagnavano George, non lo sapevano. Con riluttanza, George permise che il il cuore di Mercy fosse estratto dal corpo e bruciato. Con le ceneri, fu preparato un tonico, che fu fatto bene al figlio Edwin. La famiglia attese che avvenisse l'impossibile, tuttavia due mesi dopo, Edwin Brown morì per la malattia a soli 24 anni. I giornali locali condannarono e derisero la famiglia Brown e gli abitanti di Exeter per quell'atto scellerato, accusandoli di aver creduto che un demone potesse vivere bevendo di notte il sangue dei vivi, mentre era sepolto nella sua bara. Alcuni giornali iniziarono a dare un nome a questo demone, "Vampiro". La riesumazione dei tre corpi e la leggenda di Mercy, il primo demone Vampiro, si diffuse rapidamente su tutti i giornali del nuovo mondo. Ne fu trovato un ritaglio tra i documenti di un noto scrittore, Bram Stoker, che si ispirò a questa storia per scrivere uno dei romanzi più famosi al mondo: Dracula.

Bibliografia



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