IL SALTO IN ALTO

L'atletica è forse a tutti gli effetti l'essenza dello sport, dove gli atleti con i loro fisici statuari si sfidano in discipline che tutto sommato sono alla base dei nostri movimenti: la corsa per esempio, snocciolata sotto moltissime distanze di percorrenza, è a tutti gli effetti una disciplina che chiunque può praticare e forse la più essenziale. Non a caso forse i 100 m e la Maratona sono a tutti gli effetti gli sport che più degli altri sono sinonimo di atletica.
Un altro sport però che ogni uomo può praticare e forse allo stesso tempo come la corsa lo si impara fin da bambini è quello che racchiude un gesto semplice ed elementare: il salto in alto. Saltare è infatti un qualcosa che la si impara fin da bambini, divenendo così in breve tempo una componente quotidiana.

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Questa specialità, però, è entrata a far parte del circolo delle attività sportive dei Giochi Olimpici Moderni (visto che molto probabilmente era già presente in quelli Antichi prima) solo nel XIX secolo in Scozia. Ovviamente i primi saltatori (nella prima apparizione il record che sancì la vittoria nel salto in alto fece misurare 1.67m) utilizzavano una tecnica istintiva di salto frontale: in questo caso la procedura inizialmente collaudata e messa in pratica da molti atleti, prevedeva una rincorsa perpendicolare all'asticella da saltare, valicamento con le gambe rannicchiate e ricaduta in piedi. Un salto che chiaramente non ottimizzava le capacità atletiche di nessun saltatore, ma in quegli anni sembrava la tecnica più efficiente.
In seguito fu introdotto il salto a forbice, nel quale la rincorsa avviene non più frontalmente, ma diagonalmente e l'atleta scavalca prima con la gamba interna, più vicina all'asticella, e poi con quella interna. Anche in questo caso l'atterraggio avviene in piedi ed in questo caso la scelta se saltare da sinistra o da destra dell'asticella dipende esclusivamente dalle preferenze del saltatore. Con questa tecnica, Michael F.Sweeney arrivò fino ad un'altezza massima di 1.97m nel 1895. Poi, verso la fine dell'800 il salto a forbice si è evoluto nel così detto Eastern Cut-Off, in cui il valicamento avviene sempre a forbice, ma seguito da una distensione orizzontale della schiena.

All'inizio del '900 apparve quindi lo stile Horine: il nome di questa tecnica deriva dall'atleta che per primo lo mise in pratica, ovvero George Horine, il quale nel 1912 saltò 2.01m. Esso prevede una rincorsa in diagonale, appoggio sulla gamba esterna ed atterraggio sulle mani. Un salto veramente insolito, che però rivoluzionò il metodo standard con il quale si affrontava questa disciplina.

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Il salto Hornie
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Intorno agli anni '30, il ventrale, divenne una nuova pratica introdotta da alcuni atleti, i quali affrontavano l'asticella con una rotazione del tronco ed il valicamento avviene con il ventre rivolto verso il basso. Fu uno stile che non raccolse grande successo con numero di atleti che lo misero in pratica durante la loro carriera, ma rese celebre Vladimir Yashchenko, il quale nel 1978 portò il record outdoor a 2.34 metri.
Chiaramente però la rivoluzione più sostanziale e corposa, la si ebbe quando nel 1963 Dick Fosbury, saltatore statunitense, ideò un salto che da lui prese il nome: consiste nel valicare l'asticella con il dorso rivolto verso il basso, dopo una lunga rincorsa laterale ed aver staccato con prima la gamba esterna e dopo quella interna. Il salto risulta essere anche piuttosto spettacolare con un movimento della schiena che tende ad evitare il contatto diretto con l'asta. Oggi questa tecnica è quella utilizzata da tutti gli atleti e nel 1993 ha dato modo a Javier Sotomayor di sancire il record mondiale, ancora inviolato, di salto in alto, ponendo l'asticella a 2.45m.

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Sotomayor alle Olimpiadi di Atene del 2000, in cui conquistò la medaglia di argento
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