Ricerca della perfezione: strada per le stelle o per le stalle?

La nostra società sembra orientata alla costante ricerca della perfezione. L’errore è una macchia, una vergogna, da cui tutti vogliono sfuggire. Contemporaneamente però abbiamo ben presente che la perfezione non è raggiungibile. Da questo contrasto esce l’immgine di una persona che fa la “corsa del topo”. Molti inseguono una perfezione che paradossalmente, intimamente, sanno di non riuscire a raggiungere. La trappola del perfezionismo lascia prigioniero chi ci cade in una sorta di paralisi perchè ogni cosa viene affrontata con estrema, ma soprattutto superflua, meticolosità. Questo tipo di atteggiamento tende a scoraggiare chi lo agisce perchè fa apparire tutto molto difficile. Qualsiasi incombenza richiede tanto tempo e ogni errore o inconveniente diventa fonte di frustrazione.

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Pensiamo a due studenti che devono preparare un esame universitario. Iniziano a studiare insieme e con lo stesso impegno. Inoltre hanno le stesse capacità nello studio. Dopo due mesi di lavoro sui libri, appunti ecc lo studente classico si sente pronto per affrontare l’esame avendo studiato tutto il programma. Di contro lo studente perfezionista non si sentirà pronto perchè malgrado abbia studiato anche lui tutto il programma non ricorda tutti i dettagli così mentre il primo studente sostiene l’esame superandolo malgrado qualche imprecisione il “perfezionista” resta a studiare tutte le note e tutte le didascalie possibili. Sistema e revisiona per l’ennesima volta i suoi appunti per essere perfettamente preparato all’esame. Quando dopo due mesi dopo il primo studente è pronto per affrontare un altro esame il perfezionista è ancora fermo al precedente. Impegnato ancora a limare i dettagli perchè tutto deve essere perfetto, frustrato e preoccupato perchè è probabile che gli sia sfuggita qualche parola delle duemila pagine di programma d’esame. Capiamo bene che è ovvio che su duemila pagine qualcosa possa sfuggire ma questo non rovinerà di certo la performance all’esame. Certo non sarà un esame perfetto ma questo non dovrebbe essere un problema.

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Questo esempio ci mette in evidenza come non è utile aspirare al perfezionismo e rimanere paralizzati e frustrati nella sua ricerca. Ci è invece molto più utile aspirare all’eccellenza. Questo significa che possiamo ammettere errori e battute d’arresto senza andare a vanificare la bontà della nostra azione. Cosa che sarebbe impossibile se rimanessimo ancorati alla ricerca di perfezione dal momento che essa per definizione non accetta neanche la minima sbavatura.
Cosa fare quindi se ci rendiamo conto che siamo troppo legati all’idea di perfezione? Certamente sarà molto difficile analizzarci a fondo ed andare a trovare l’origine di questo problema soprattutto senza un supporto di un professionista. Abbiamo però uno strumento pratico per reagire a questa situazione che consiste semplicemente nel trovare il coraggio di sbagliare. Nello svolgimento di un compito commettiamo piccoli errori di proposito e andiamo avanti. Solo quando scopriremo tramite esperienza diretta che qualche piccolo errore o dimenticanza non porta chissà quale danno sul risultato finale potremo trovare il coraggio di puntare alla concretezza dell’eccellenza senza rimanere paralizzati davanti l’utopia della perfezione. Vorrei far notare che questo non è un invito al “pressapochismo”. E’ giusto puntare sempre al massimo ma quando qualsiasi cosa diventa una fatica immane stiamo sbagliando approccio e dobbiamo imparare a semplificarci la vita. Per fare questo è sufficiente accettare qualche errore. In fondo un errore non accettato è solo un errore mentre un errore metabolizzato si chiama esperienza e la strada per l’eccellenza passa certamente per l’esperienza.
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