L'inverno dei bambini

Sotto un cielo grigio come l'acciaio, una candida coltre di neve ricopre i campi che costeggiano lo stretto ed erto sentiero che gli uomini hanno reso praticabile con pale, badili e sudore. La scuola non è vicina e il terreno, di certo, non aiuta Oreste e Ida ma l'inverno è l'unico periodo dell'anno che permette loro di frequentare le lezioni. Durante le altre stagioni devono aiutare a casa, nei lavori in campagna, nella stalla o portare al pascolo le bestie.

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Sono fratello e sorella, indossano scarpe ed abiti logori già usati in passato dagli altri fratelli, i loro piedi sono bagnati e freddi. Ida ha nove anni, Oreste ne ha sette e nonostante i due anni di divario d'età frequentano lo stesso anno scolastico, non perché Ida è ripetente, perché i bambini del paese sono pochi e nella scuola vi è una unica classe per tutti, dalla prima alla quinta.
Raggiunta la scuola, uno dei pochi edifici del paese intonacati, vengono accolti dall'insegnante e possono finalmente togliersi le giacche e le scarpe e riscaldarsi vicino alla stufa a legna, di terracotta, al centro dell'aula.

Il maestro è un quarantenne di Modena, di animo gentile, che dalla città si ritrova catapultato in questa realtà rurale, alle prese con un territorio aspro e duro almeno quanto gli abitanti del paese.

Prima di sedere al banco, Oreste sfila dalla tasca della propria giacca un somarello in legno che suo babbo ha grezzamente scolpito con un temperino, è un oggetto dal quale non si separa mai.
Ida invece ha con sé la merenda, due crescentine, cotte la sera prima sotto la cenere calda, con una fetta di caciotta, mentre Sofia, la sua bambolina di stracci che le ha cucito la mamma, l'ha lasciata a casa, vicino al camino perché non prenda freddo.

Il somarello e Sofia sono gli unici giocattoli che hanno, oltre a tutto quello che l'ambiente che li circonda, il magico bosco, le inarrivabili cime che con la loro mole celano mondi sconosciuti e la loro fantasia gli permettono di costruire.

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Con l'arrivo degli altri tre bambini che frequentano la scuola hanno inizio le lezioni, Oreste riempie pagine di stanghette, in un quaderno che gli è stato regalato dal maestro, i suoi genitori non possono permetterselo, Ida, insieme a due compagni, è affascinata da uno strumento che l'insegnante ha portato direttamente dalla città, l'abaco. I ragazzi rimangono stupiti dalla semplicità con cui, grazie a questo congegno, riescono con estrema facilità a far di conto.

Al suono della campanella che segnala l'inizio della ricreazione, Ida è talmente rapita dalla lezione che non si stacca dal magico abaco, fintanto che Oreste, affamato, non reclama la sua crescentina ed è solo in quell'istante che realizza di avere un buco allo stomaco e che la colazione del mattino, la zuppa di latte e pane raffermo, è andata bruciata lungo il sentiero che porta alla scuola e dalle due ore di lezione.
Dopo la ricreazione Ida è ancora affamata ma non di cibo bensì di sapere, è così bello imparare, ascoltando il maestro, in compagnia degli amici, chiusi tra le calde e protettive mura della scuola.

Al termine delle lezioni, dopo i reverenziali arrivederci all'insegante e i più chiassosi saluti ai compagni, Oreste ed Ida imboccano il sentiero, ora in discesa, che li riporterà a casa, nuovamente con i piedi bagnati e congelati, dove ad attenderli ci sono Sofia, la bambolina di stracci e genitori e fratelli attorno al tavolo sul quale sono servite le solite castagne in brodo.
Già, per gli adulti l'inverno è l'inferno, neve da spalare, freddo, poco cibo e sempre lo stesso ma I bambini lo affrontano con spensieratezza, hanno la possibilità di incontrare gli amici, tutti i giorni e trascorrere qualche ora lontani dai doveri imposti dalla miseria.

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Questo accadeva nell'immediato dopoguerra nell'Appennino modenese, sono passate due generazioni ed oggi, per fortuna, non è più così.
O forse no, la scuola e, dopo il disgelo, la domenica mattina alla Santa messa, sono le uniche occasioni per Oreste ed Ida di poter vivere come bambini ed essere se stessi giocando spensierati, con pochi piccoli e semplici oggetti ma con un grande creatività, ora i nostri figli sono saturi di giocattoli, fin dai primi giorni di vita, al punto di non dare più il giusto valore alle cose e la scuola stessa è spesso vissuta più come un tormento che come un momento di aggregazione e di arricchimento.

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