Parigi-Madrid 1903: L'Ultima Gara Automobilistica di Sempre. Parte 2 di 3

Parte 1

Si prospettava una gara estenuante. Le automobili erano enormi e difficili da domare, più vicine al concetto originale di 'carrozza senza cavalli' che ad un'automobile odierna. Pesanti, alte abbastanza da ribaltarsi facilmente, così inclini a guasti da necessitare la costante presenza di un meccanico che viaggiasse con il pilota, pronto a riparare il riparabile, a prendersi cura della miriade di componenti manuali del veicolo, e, considerando l'assenza di specchietti retrovisori, ad avvisare il pilota dell'arrivo di vetture pronte al sorpasso.

Il fatto che le strade non potessero in alcun modo essere ancora fatte a misura d'auto non aiutava. Poco più che sentieri di campagna, le strade erano bianche distese non asfaltate, affiancate da alberi e cittadine. In pochissimi casi, l'ingresso in alcuni paesini sarebbe stato deviato da percorsi in legno, ma questo lusso era un'eccezione alla regola: il resto del percorso non presentava segnali stradali che impedissero ai piloti di imboccare per sbaglio una stradina secondaria e perdersi fra le campagne, o guard-rail che impedissero agli spettatori incoscienti di strabordare in strada. Pochi piloti, oltretutto, avevano esperienza sul percorso. Molti si lasciavano guidare dalla folla accalcata ai lati della strada in una massa semi-ininterrotta da Parigi a Bordeaux, scegliendo il percorso con più spettatori.

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(Henri Rougier. Da notare la strada non asfaltata ed il polverone alzato dalla macchina. Immagine di Wikimedia Commons)

Assieme ai pochi piloti giunti a Bordeaux dopo Jarrott, cominciarono ad arrivare testimonianze e voci, bisbigli che nessuno osava riferire a voce troppo alta. Si parlava di incidenti, di morti, di spettatori falciati dalle automobili in corsa. Anche se esagerate, quei racconti erano veri.

Leslie Porter si è ritrovò di fronte la barra di un passaggio a livello abbassata. Frenò, cercando di evitare lo schianto, e finì contro una casa. Nell'impatto, il suo meccanico perse la vita.

Un bambino sfuggito ai genitori attraversò la strada a Châtelleraut. Un'automobile se lo ritrovò davanti, e per evitarlo sterzò, investendo un soldato accorso in aiuto del bambino, e piombando nel bel mezzo della folla raggruppata al lato della strada.

E. T. Stead tentò un sorpasso vicino Saint-Pierre-du-Palais, ma perse il controllo della sua auto. Rimase ferito, e venne salvato dall'unica donna in gara, Camille du Gast, veterana della Parigi-Berlino del 1901, che resterà al suo fianco nonostante Stead la spronasse a tornare in macchina e continuare. Nei primi 120 km di gara, du Gast aveva recuperato nove posti. Era ottava quando si fermò a soccorrere Stead.

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(Camille Du Gast sulla sua De Dietrich. Immagine di Wikimedia Commons)

Il tentativo di sorpasso di Marcel Renault andò tragicamente peggio. Cercò di sorpassare all'esterno, accecato dalla polvere sollevata dalla Decauville di Leon Théry, non vide la bandiera che avvisava l'arrivo di una curva improvvisa. Una delle ruote finì in un canale di scolo, l'auto si ribaltò, rotolò, e si schiantò contro un albero, ferendo mortalmente il pilota. La sua morte colpì suo fratello Louis al punto da fargli abbandonare per sempre la professione di pilota.

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(Marcel Renault alla partenza della Parigi-Madrid. Immagine di Wikimedia Commons, originariamente pubblicata sul "La Vie au Grand Air" del 29 maggio 1903)

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(Marcel Renault e meccanico durante la gara. Immagine di Wikimedia Commons

Anche Loraine Barrow si schiantò contro un albero, restando ferito. Nel tentativo di evitare di investire un cane, ne travolse un altro, perfendo il controllo. Il suo meccanico non sopravvisse.

Altri finirono la loro corsa contro gli alberi, ci fu chi andò a sbattere contro una pila di rocce, chi urtò altre macchine e venne sbalzato fuori strada. A Bordeaux giunse la notizia di 12 morti e più di 100 feriti, ma dopo diverse indagini il numero di morti scese ad 8.

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(Illustrazione di uno degli incidenti avvenuti durante la Parigi-Madrid del 1903. Immagine di Wikimedia Commons, originariamente pubblicata su "Le Petit Journal Supplément du Dimanche" del 7 Giugno 1903, n°255, p.184)

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