LE STORIE DI GERARDO: La ‘ncotta

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Questa volta un racconto più recente. Dei mitici anni Sessanta…

Sto raccogliendo i racconti, le poesie, il vocabolario dei termini dialettali, i disegni, le foto,… di Gerardo, che ci ha lasciati nel luglio scorso, per farne una pubblicazione.

I suoi ricordi, sono la nostra storia. La nostra memoria.

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Chi, trai miei coetanei, cioè quelli nati nella prima metà del secolo scorso, non ha mai fatto un’incursione in un campo di granturco per rubare qualche pannocchia da fare arrosto?

Chi non la ha fatto, alzi la mano.
Una “grigliata” di mazzocche arrosto era un ottimo momento di aggregazione a …delinquere…

E a voi, che avete alzato la mano, dico: “Che vi siete persi! La ‘ncotta!!”

Si entrava in un campo un po’ fuori paese, lontano da sguardi indiscreti e, tra le piante, si cercavano le pannocchie più grandi. Le staccavamo e ce le nascondevamo sotto la camicia.

Poi, nei paraggi, si accendeva un fuoco e si aspettava che si formasse la brace. Scartocciavamo le pannocchie e le adagiavamo sopra. Girandole ogni tanto per farle rosolare. E una volta brunite al punto giusto, anche se un po’ coperte di cenere, si addentavano, tenendole per le due estremità. A scottadito…

La ncotta era diventata una tradizionale riunione conviviale estiva.
Intorno ai primi anni sessanta, eravamo una comitiva di una quindicina di amici, ragazzi e ragazze, e ci incontravamo spesso per stare insieme, per fare gite o per ballare a casa di qualcuno di noi.

Quel pomeriggio si decise di riunirci per cuocerci un po’ di pannocchie, appunto.

Si decise di organizzare da Nunziatina, lassù a Pitori, la zona più alta del paese, dove ci saremmo visti per ballare e stare insieme.

Tornavamo da una scampagnata e, passando vicino ad un campo di granturco, facemmo un’abbondante rifornimento di pannocchie. Il problema, a quel punto, era come portarle Da Nunziatina. Non potevamo mica attraversare la piazza, con tutta quella gente, con le pannocchie in mano!

Ma quell’anno, per le donne, andavano di moda delle borse molto grandi e Pina ne aveva una, intessuta di paglia, che faceva proprio al caso.

La riempimmo. Era diventata abbastanza pesante, per cui ci facemmo carico, noi ragazzi, di trasportarla fino a casa.

In prossimità della piazza, Pina dovette riprendersi il pesante fardello ed attraversare, quel tratto di strada, con forzata disinvoltura. E, una vola lontani da eventuali occhi indiscreti, ci riprendemmo il carico noi uomini.

Qualche giorno dopo decidemmo di vederci di nuovo. E Rodolfo, Nino Pedalino ed io, ci incaricammo di andare a procurarci le mazzocche.

Allora di campetti coltivati a granturco ce n’erano un po’ dappertutto. Piante cresciute con sudore e con fatica, vangando e seminando a mano… E i contadini erano sempre all’erta, per evitare che dei giovinastri andassero a staccare anche una sola pannocchia di quel raccolto.

Uno di quei campi era abbastanza a portata di mano, nella zona della Cesa Massana di sopra. Dove poi, molti anni dopo, sarebbero spuntati alcuni condomini di case nuove…

Eravamo sull’imbrunire.
Furtivamente, quatti quatti, scavalcando la recinzione, penetrammo tra il fruscio delle piante di granturco ed iniziammo a staccare le pannocchie migliori, nascondendole dentro la camicia.

Cercavamo di far meno rumore possibile tra le lunghe fronde delle piante e con l’orecchio sempre teso e l’occhio vigile. Ne avevamo prese a sufficienza. E il rigonfiamento delle camicie, tutto sommato, non si notava molto.

Saltammo fuori e ci riavviammo, per quella mulattiera, verso il paese.
Attraversammo, con una certa disinvoltura, la piazza dove c’era il bar osteria di Scrocchino, a quel tempo luogo era sempre affollato di clienti, paesani e villeggianti. E poi iniziammo la salita verso Pitori.

A metà strada, lanciai una proposta: ”Ehi, sentite un po’…, vogliamo fare uno scherzo? Facciamo finta che il padrone del terreno ci ha scoperti e sta che ci stia inseguendo, cercando di trovarci… Va bene? Che ne dite? Dai,… cerchiamo di arrivare trafelati ed alla spicciolata… Parto io per primo.”

Eravamo all’altezza della Chiesuola e da lì iniziai la lunga corsa in salita, arrivando a destinazione, dagli amici che ci aspettavano, col fiatone.

Bussai ripetutamente e con forza. Venne ad aprire Nunziatina ed entrai rapidamente, chiudendomi la porta dietro.

”Sono arrivati gli altri!?”, chiesi.
E lei, con un’espressione del viso meravigliata e spaventata: ”Oddio che è successo?!”
”Ci ha beccato il padrone. Non credo che ci abbia riconosciuti, ma ci sta cercando. …nascondetemi da qualche parte, presto! “

A quel punto erano tutti preoccupatissimi e mi guardavano a bocca aperta, pronti a farmi mille domande. Ma non c’era tempo…

”Oddio, oddio! E dove ti nascondiamo!? Sotto il letto? No, no, che quello è il primo posto dove si va a guardare. Nel bagno? Si, si, nel bagno è meglio!” E mi chiusero dentro il bagno.

Che risate tra me e me! E quanti commenti, fuori dal bagno! Tra le amiche, preoccupate, Pina si prendeva pena per Rodolfo:

”Oh povero Rodolfo… Lui, piccoletto, con quelle gambette,… chissà che fatica, poverino!” E qualcun altro replicava: ”Ma che vi state a preoccupare di Rodolfo Guardate che i piccoletti corrono più degli sbillungoni!”

Si sentì bussare.
Nunziatina, sempre più preoccupata, si diresse verso la porta.
”Oh mamma mia, chi sarà!? Sarà mica il padrone! … Ah…!! Ciao Rodolfo! Allora? Come va?! Che dici…??!”

”Eh…, insomma… so’ arrivati gli altri?”
”E’ arrivato solo Gerardo e lo abbiamo nascosto in bagno.”

Rodolfo venne accolto con molta premura e coccolato in modo particolare. ”Poverino, guardate come è affannato e pallido… diamogli un cognacchino!”
”Si, si, Rodolfo, ecco... Tieni, beviti un cognacchino, che ti fa bene.”

Io, rinchiuso in bagno, commentavo tra me e me: ”Hai capito!?… A me, che ho corso più di tutti, niente….e a lui il cognacchino…”

Rodolfo bevve in fretta, per rimanere nel ruolo, e venne fatto entrare anche lui, nel bagno. Non fummo molto loquaci: ci bastarono i nostri sguardi ed i sorrisi complici. ”Aoh… Sempre il solito fortunato tu, eh…?!! … povero Rodolfo… pallidino… il cognacchino…” E Rodolfo, sollevando le spalle, rispose con una silenziosa ed eloquente risata.

Altra bussata alla porta. Bum… bum…
Nunziatina, sempre più preoccupata, apre e…

”Ma che ve possino…!! ‘Sti matti…!! Ci avete fatto morire di paura! …mi stava prendendo un accidente!”

Nino si era presentato sull’uscio con in bocca la sigaretta ed un sorriso beffardo. Quindi fece il suo ingresso tra un’ala di amici che, avendo immediatamente capito lo scherzo, applaudivano e commentavano, con un sospiro di sollievo.

Rodolfo ed io uscimmo dal nostro rifugio per raccogliere, anche noi, qualche residuo di applausi.

Sul tavolo era già pronto il buffet con diversi tipi di bevande. Io adocchiai la bottiglia del cognac e, per rivalsa, me ne feci un bel bicchiere, brindando: ”Allora…v’è piaciuto lo scherzo? Sii? Bene, allora datevi da fare, scartocciate ‘ste mazzocche e mettetele sulla brace.”

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I racconti precedenti:

I miei primi sci
Polenta e panuntella. Due pietanze, due ceti
Il nostro Natale
Primo amore, prima bugia…
Due cari compagni di giochi
Uno scippo d’altri tempi
Serate di vita intorno al camino
In ricordo di due bravi ragazzi
Presepe vivente
Scene di guerra
Le canne di una volta…
Una salsiccia di legno
L’osteria
Amore a prima vista
Guerra e solidarietà
Io mi chiamo G. Anch’io mi chiamo G…

La storia, la foto e l’autoritratto sono di Gerardo e sono pubblicati con il consenso della moglie.

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