Un'analisi in chiave bioeconomica dell'energia nucleare

Stando a Georgescu, economista ed autore dell’economia ecologica o bioeconomia, la capacità mineraria della Terra sta diminuendo, a causa della quantità di risorse minerali estratte e messe in uso. Se si parte da questo assunto, come si comporta l’industria dell’energia nucleare all’interno di questo limite?



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Innanzitutto voglio mettere in chiaro che sento un’enorme repulsione verso le centrali nucleari che utilizzano le torri di raffreddamento come nell’immagine di sopra, che personalmente chiamo centrali nucleari ad alto profilo. Esistono anche quelle a basso profilo che usano torri di raffreddamento più basse, perché hanno a disposizione un territorio diverso su cui disperdere un certo tipo di calore generato.
Una delle ragioni con cui concordo sul perché non costruire nuove centrali nucleari, al di là del profilo, sta nel completo disinteresse durante la progettazione per quanto riguarda l’estetica. Temo che questa caratteristica si trova in diversi ambiti dell’ingegneria. Costi e sicurezza diranno loro. In parte condivido. Esistono diversi modi per creare soluzioni. Una fra queste, istituire una competizione dove si sottopone il proprio modo per rendere più guardabili le centrali, rispettando certe condizioni. Chi vorrebbe una centrale più guardabile ma con standard di sicurezza più bassi? Gli ex ufficiali della centrale di Chernobyl

Ad esempio, a me piace l’architettura che integra ingegneria e natura. Come i tetti verdi o i muri vivi


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Tornando in tema, un altro motivo d’opposizione all’energia nucleare sta nei dubbi della durata delle attuali scorte di uranio. E anche nell’economia ecologica si sottolinea l’esauribilità delle risorse minerarie.

Quanto materiale fissile abbiamo a disposizione?

Innanzitutto, l’uranio non rappresenta l’unico metodo per ottenere una fissione nucleare. Al di là di ciò, stando all’Agenzia dell’Energia Nucleare (NEA), i giacimenti già scoperti consentirebbero almeno 200 anni di energia, stando ai consumi attuali. Un’altra stima del Karlsruhe Institute of Technology parla di 150 anni, anche se considerano una crescita della domanda di energia pari a 6 volte rispetto al consumo dell'anno dello studio.
Così come anche Georgescu afferma, i prezzi stabiliti dal mercato possono incentivare l’esplorazione di nuovi siti o tecnologie che aumentano la resa, rischiando di aumentare inquinamento e rifiuti, come avviene, ad esempio, col fracking. Ma questi costi o esternalità in genere non vengono considerati o vengono sottostimati.

Chiaramente il tipo di tecnologia utilizzata nei reattori, così come in altre tecnologie energetiche, stabilisce l’efficienza di conversione del materiale fissile (o impropriamente combustibile in questo caso) in energia.
I reattori autofertilizzanti (FBR) possono, in linea di principio, estrarre quasi tutta l'energia contenuta nell’uranio o nel torio, riducendo i requisiti di combustibile di un fattore di 100 rispetto ai reattori -obsoleti- ad acqua leggera (LWR), che estraggono meno dell'1% dell'energia dell'uranio minato.
Delle persone del settore affermano che con l’utilizzo di questi reattori e l'estrazione dell'uranio dall’acqua di mare, si otterrebbe abbastanza materiale fissile tale da soddisfare i nostri bisogni energetici per 5 miliardi di anni, supponendo il consumo energetico globale del 1983, rendendo l'energia nucleare rinnovabile. Un’altra stima parla di 60mila anni di riserve tramite l’estrazione dell’uranio dall’acqua di mare, coi consumi del 2009 ma senza FBR, e 30mila anni usando gli FBR ma senza estrazione di uranio dall’acqua di mare.
Tra l’altro i reattori autofertilizzanti esistono già da quasi 50 anni in 3 paesi diversi. L’esempio più vicino si trovava in Francia.

E i rifiuti?

Penso che se anche le aziende che producono energia da fonti fossili seguissero le regolamentazioni del settore nucleare, avrebbero maggior difficoltà a creare valore per gli azionisti. L’industria nucleare, per lo meno negli USA, paga una tassa per assicurare una gestione dei rifiuti nucleari, ossia sottoprodotti della fissione nucleare da cui, volendo, si può ricavare nuovamente energia. Quindi si tratta di un caso dove un’industria include nel prezzo finale (ossia $/kWh) i costi ambientali. Cosa che non esiste nell’industria dell’energia ad idrocarburi, pur se si parla da anni di una tassa sul carbonio.

Conclusione

Dato il come l’energia nucleare viene utilizzata maggiormente oggi, essa non risulta rinnovabile e in armonia coi principi dell’economia ecologica. Sottolineo però che Georgescu aveva dubbi anche sui pannelli solari sulla fusione nucleare, tecnologie che hanno fatto progressi. Soprattutto i pannelli solari oggi hanno una efficienza più elevata dell’epoca dell’autore.
Con i reattori FBR e l’estrazione dell’uranio dall’acqua di mare, penso che la tecnologia rientrerebbe nei requisiti citati dall’economista. I costi di bonifica dell'impianto e i costi di accantonamento delle scorie, vengono sempre pagati da qualcuno. O pagano le aziende o pagano i cittadini, a causa della chiusura acerba degli impianti causata da referendum, che generano debiti per le aziende. In Italia i costi si trovano inclusi in bolletta tramite la dicitura oneri per il nucleare o clausola A2.

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