Qualche osservazione sul programma bioeconomico minimale

Nell’articolo Eso-economia, economia ecologica e dittatura del presente avevo scritto che trovo un po’ fuori dai tempi il programma bioeconomico minimale, elaborato da Georgescu nel 1975 circa, che chiamava anche Modello per la sopravvivenza. Di seguito fornirò alcune osservazioni.



La Cina come Blade Runner. Fonte

Il programma

  1. il divieto totale della produzione di armi, liberando così forze produttive per scopi più costruttivi;
  2. aiuto immediato alle nazioni sottosviluppate;
  3. calo della popolazione controllato, per portarla ad un livello che potrebbe essere mantenuto solo dall'agricoltura biologica;
  4. fino a quando l’efficienza dei pannelli solari non toccherà una certa soglia o la fusione nucleare controllata non raggiungerà certe erogazioni, evitare le forme di spreco energetico, anche tramite regolamentazioni;
  5. curarci dall’impulso degli acquisti, come ad esempio quelli per gli ultimi gadget, o per gli ultimi modelli di qualsiasi prodotto. Se calerà la domanda, i produttori ridurranno o stopperanno del tutto la loro offerta;
  6. sbarazzarsi delle “mode”: Georgescu considera una malattia della mente buttare via un cappotto o un mobile mentre può ancora svolgere il suo compito. Ottenere una "nuova" macchina, rifare la casa ogni anno per lui rientra in un crimine bioeconomico. Altri scrittori hanno già proposto la produzione di merci più durevoli. Ma egli considera ancora più importante che i consumatori rieduchino se stessi per disprezzare le mode. Vorrebbe che i produttori si concentrassero sulla durata dei prodotti che vendono;
  7. rendere le merci più durevoli e riparabili, connesso al punto precedente;
  8. curare l’abitudine dello stacanovismo (tipo lavorare più di oltre 8 ore al giorno, più diffuso in USA, Giappone, Cina che in Italia), riequilibrando il tempo trascorso al lavoro col tempo libero. Secondo Georgescu una vita piacevole ha come caratteristica la quantità di tempo libero.

Fonte 1
Fonte 2

Osservazioni

A distanza di circa 42 anni, considero tutti i punti attuali e mi viene da pensare che se in questo periodo non si è fatto granché, non vedo perché aspettarsi miracoli nei prossimi 42. Vero, l’operato degli ultimi 42 anni ha come variabile dipendente l’amministrazione delle nazioni, che dipende dal tipo di consenso espresso dalle persone durante le elezioni. Probabilmente manca una coscienza che permette di sensibilizzarsi sui punti di sopra. Citando Marx, se ai suoi tempi mancava la coscienza di classe (dei contadini e degli operai principalmente), oggi direi che si è un po' persa quel tipo di coscienza e che manca la coscienza di specie.
Sicuramente diverse persone ci hanno provato nell’ultimo mezzo secolo, in maniera più o meno diretta. Mi vengono in mente Al Gore, Di Caprio, ma soprattutto Jacque Fresco. Eppure ci troviamo ancora con l’acqua alla gola per creare una economia globale ad emissioni quasi zero entro il 2070.

Commenterò punto per punto il programma

  1. L’Italia rappresenta uno dei primi 10 fornitori di armi al mondo. Inoltre non dico una novità se affermo che negli USA le compagnie che producono armi lobbano affinché non si aumentino le restrizione per il porto d’armi, citando come scusa un articolo della costituzione. Tuttavia la conversione di queste industrie non rappresenta una novità. Le industrie delle armi si possono convertire in industrie aerospaziali e/o di sensori elettronici, cercando di toccare il punto dell’economia ecologica, ignorato dall’autore Georgescu, sull’espansione dei limiti delle risorse terrestri verso altri corpi celesti.

  2. In questi anni questo punto lo percepisco come stimolo per rabbia in alcuni gruppi. Slogan come Prima gli italiani o Make America great again mi fanno pensare che prima serve qualche tipo di piano di distribuzione delle risorse a livello nazionale, per far calare i malcontenti che considero legittimi dietro a certi slogan, prima di occuparsi delle altre nazioni.


    Fonte

    Non penso proprio che la cosa possa accadere seguendo le meccaniche correnti di neo-liberismo e capitalismo (quest'ultimo inteso come il rapporto lavorativo impiegante-impiegato).

  3. Trovo questo punto persino più delicato degli altri. Per capirci, trovo l’Italia sovra-popolata su varie questioni, tipo quella lavorativa ed ecologica. Per quanto riguarda quella ecologica viene calcolato che servono 4.3 Italie per sostenere i ritmi correnti di consumo:


    Fonte

    L’Italia ha toccato il tasso di fecondità minore degli ultimi 156 anni nel 1995. Giocare ad abbassare nuovamente il tasso può significare che delle generazioni si ritroveranno senza pensioni, e/o altri servizi pubblici, perché non avranno abbastanza contribuenti. Uno dei motivi per cui Germania ed altri stati accettano migranti sta proprio per compensare il calo delle nascite, oltre che rappresentare forza lavoro a costo quasi zero, dato che si sono educati altrove. Quindi attualmente diversi stati occidentali si preoccupano più di trovare nuovi contribuenti per il sistema pensionistico che pensare all’impatto ecologico della popolazione. Paradossalmente se si tocca il tasso di fecondità totale, si rischia di garantire meno risorse statali (e anche minerarie?) alle generazioni future, andando contro uno dei punti citati nell'articolo preso come riferimento nelle prime 2 righe.
    Ancora una volta, trovo i meccanismi del sistema economico corrente come il più grande ostacolo per una risoluzione alla radice della situazione. In futuro magari scriverò perché trovo la corrente struttura per età della popolazione italiana molto, ma molto allarmante.

  4. In psicologia hanno già studiato che togliere dei diritti o benefici acquisiti ha effetti piuttosto esplosivi. Non ricordo il nome preciso del meccanismo ma lo reputo simile al concetto di ancoraggio. Creare delle aliquote progressive sui consumi di energia potrebbe far arrabbiare ulteriormente le imprese, spingendole a spostarsi in posti meno regolamentati. Penso valga più o meno lo stesso per le famiglie, pur se credo che per lo più verrebbero colpiti i più ricchi. Ad esempio in Svizzera, durante l’ultimo referendum, sono emerse reazioni sulle possibili restrizioni dei consumi energetici.

  5. Ho forti dubbi sulla rieducazione volontaria dei consumatori. Le aziende hanno intere squadre di marketing che sfruttano scorciatoie psicologiche per far comprare di più. Queste squadre sanno più della psicologia del consumo del consumatore medio singolo. Però i consumatori hanno lo strumento delle cooperative dei consumatori ed altri tipi di associazioni. Penso che la creazione di uno sportello psicologico pubblico possa aiutare le persone a sfogare i propri disagi diversamente piuttosto che sugli acquisti.

  6. Discorso simile al punto precedente. Apprezzo che ultimamente sono emersi gruppi di acquisto e gruppi di acquisto solidali.

  7. La Francia ultimamente ha proposto una legge per aumentare la garanzia di alcuni prodotti, la Svezia sta incientivando le riparazioni. Anche qui ricalco il meccanismo dell’amministrazione aziendale capitalistica come l’ostacolo più grosso verso la regolamentazione: le aziende quotate in borsa hanno il vincolo legale di massimizzare i profitti verso gli investitori. Chi possiede la maggioranza delle azioni di fatto prendono le decisioni, proteggendo i suoi interessi e quelli di altri investitori con una certa influenza. Cosa succederebbe al fatturato di una azienda se i prodotti che produce durassero di più? Come si comporterebbero le altre aziende che producono beni meno duraturi?
    Qualcuno potrebbe sostenere che le aziende hanno l’incentivo per crearsi il monopolio su un prodotto, puntando sulla durabilità di questo. A me la cosa per ora non convince perché penso che altrimenti avremmo già una situazione del genere.

  8. I diritti lavorativi hanno storicamente causato una certa quantità di proteste. Penso che questa immagine, che mi piace molto, riassume una parte di queste. Mi spiace per la lingua


    Fonte

Su questo punto mi sento particolarmente ottimista e penso che in meno di due decenni la giornata lavorativa media risulterà intorno a 6 ore. Chiaramente non mi offenderei se la cosa venisse realizzata entro due governi.

work-hours-per-week.png
Fonte

Sull’asse orizzontale si trova l’anno, su quello verticale la quantità di ore lavorative settimanali. Si osserva una tendenza decrescente.

Conclusioni

In linea generale non penso che più regolamentazioni possano fornire un cambio radicale di rotta. Ho qualche speranza in più nel cambio delle costituzioni, che risultano un po’ più difficoltose da modificare, dato che, ad esempio in Italia, servono dei referendum per alcuni tipi di modifiche.
Come già sottolineato almeno due volte, trovo nel sistema macro-economico neo-liberale e nel sistema micro-economico capitalista l’ostacolo più grosso verso l’esplorazione e l’adozione di modelli differenti. Ricordo che nella gestione capitalista, una minoranza di investitori sceglie per una maggioranza di lavoratori, quindi l’antitesi della democrazia; nella gestione neo-liberale si preferisce il minor intervento possibile dello stato nell’economia, tramite deregolamentazioni (sui contratti di lavoro, sulle regole dei mercati finanziari, sulle emissioni, etc.), privatizzazioni di aziende pubbliche (dette anche liberalizzazioni), riduzione delle imposte sul reddito (specie per i più ricchi).
NB: considero la Cina come esempio di capitalismo pubblico piuttosto che privato.

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