Wall Of Sound #2 | Mogwai

How is it going? We're Mogwai from Glasgow, Scotland.


Immagine Creative Commons CC BY-SA 2.0

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Annuncia solitamente Stuart Braithwaite al microfono prima del concerto, con tanto di accento scozzese che definirlo priceless è poco.

Mentre arrivano tranquillamente sul palco puoi notarli che indossano vestiti molto casual: non danno l'idea di essere delle rockstar e ne tanto meno vogliono esserlo.
Salvo poi dopo 90 minuti averti indotto a credere in loro come l'unica divinità degna di essere venerata, dato il tornado sonoro emotivo che hanno scaturito.

Sono nati esattamente nella fredda e umida Glasgow nel 1995, per volere di Stuart, Dominic e Martin, tre amici compagni di scuole superiori.
Avevano le idee chiare fin da subito: andare controcorrente al britpop degli Oasis e dei Blur che incombeva ormai da qualche anno sul suolo inglese, portando avanti l'idea della sperimentazione rock americana di alcune band come Sonic Youth, Dinosaur Jr e Slint.

Ed è proprio da qui che parte il presupposto dell'identità timbrica dei Mogwai: quella da loro definita "serious guitar music".

Ten Rapid (1996) e Mogwai Young Team (1997) ne sono una chiara dimostrazione:
due esempi lampanti di come non ci sia bisogno del cantante/leader e del motivetto radiofonico.
Alternano dolci linee melodiche a violente esplosioni noise, capaci di lasciare chi ascolta interdetto o addirittura spaventato. Sì, perché l'esplosione arriva quando meno te lo aspetti, facendoti saltare dalla tua comoda postazione di ascolto, come nella granitica Like Herod.

Poco dopo arrivano anche i primi tour internazionali, confermando l'intuizione geniale che i Mogwai hanno avuto in quel momento storico: portare ad un vasto pubblico un genere ancora in fase embrionale, il post-rock, che da lì a poco avrebbe visto una crescita esponenziale.

Dopo numerosi album arrivano anche le prime partecipazioni alle colonne sonore, come Zidane: A 21st Century Portrait (2006) e il più recente Les Revenants (2013), confermando ancora una volta come la musica strumentale si adatti perfettamente alla nuova ondata di film o di telefilm in streaming.

Con un totale di ben 10 album, 5 soundtrack e numerosi EP all'attivo, i Mogwai hanno ormai trovato definitivamente posto tra le band di riferimento della musica strumentale, imponendosi con uno stile che ha saputo adattarsi e sopravvivere all'evoluzione musicale e culturale da vent'anni a questa parte. Basti pensare a Rave Tapes (2014) e alle sue contaminazioni elettroniche/kraut, totalmente assenti agli esordi nel periodo noise and heavy.


Il volume è l'unica cosa che conta.


Immagine Creative Commons CC BY 2.0

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Dopo averli visti dal vivo ben quattro volte e aver consumato tutti i loro album, qualcosa su questi ragazzi sono in grado di dirvelo.

Prima regola: tappi per le orecchie.

Altrimenti finirete come me, che dopo la prima volta che li ho visti all'Estragon di Bologna nel Marzo 2014, ho vissuto i due giorni successivi con un piacevolissimo fischio nelle orecchie. Tipo amico immaginario, solo che non parlava.

Se avrete l'accortezza di proteggervi, allora potrete godere appieno del mondo plasmato dai loro amplificatori.
Perché loro sono proprio così come li vedi, sono persone semplici, sia nei modi che nell'aspetto.
Mai e poi mai ti aspetteresti che una volta saliti sul palco possano scatenare un'energia tale che in confronto le band metal sembrano dei ragazzini al primo concerto del liceo.

Adoro sentire i bassi dirompenti che mi scuotono le membra mentre le chitarre creano un muro sonoro da cui non si può sfuggire, ma che va soltanto accolto a braccia aperte e con gli occhi chiusi, mentre la mente crea degli universi paralleli sconfinati.

I Mogwai mi hanno accompagnato nel loro mondo con la dolcezza delle loro chitarre romantiche, salvo poi prendermi a schiaffi con i loro agguati distorti. Poi ritornano a sorprendermi con dei synth che ricordano le colonne sonore dei film horror vintage e con un vocoder come quello dei Daft Punk, ma usato in maniera molto più angelica.

Hanno l'incredibile abilità di saper mostrare tutte le loro sfaccettature senza risultare incoerenti.

Infatti, seppur possa essere difficile pensare a un concerto di musica perlopiù strumentale come un qualcosa che possa intrattenere, invito chiunque non li abbia mai sentiti dal vivo a provare quest'esperienza, che posso con tutta certezza definire catartica.

Ascoltare la loro musica dall'impianto di casa o dalle proprie cuffie è sicuramente bello e comodo.
Già vi vedo, magari sul divano davanti al caminetto, mentre ascoltate "R U Still In 2 It?" e vi fate cullare dalla voce di Aidan Moffat (ospite speciale per quel pezzo), pensando a tutto ciò che avete fatto in passato e che vorreste tanto cambiare, rimuovendo i rimpianti una volta per tutte.

Ma con i Mogwai dovete fare un passo in più: dovete avere il coraggio di comprarvi quel biglietto e di andarli a sentire dal vivo non appena vengono in Italia (cosa che fanno soltanto una volta ogni tanto). Soltanto così potrete godere totalmente della loro musica. E questo non vale soltanto per loro, ma per qualsiasi artista: la performance concertistica è fondamentale.

Abbracciate con tutta la vostra essenza, seppur piccola, il dono che quest'artista vi sta facendo.

Vi sta donando la sua arte.

Una collezione di emozioni che rimarranno per sempre impresse nel vostro cuore e nella vostra mente, che non venderete a nessuno.
Perché saranno priceless.
Senza prezzo.


Curiosità.


Immagine Creative Commons CC BY 2.0

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  • Il 14 Maggio 2001, mentre suonavano in un locale a Parigi, i fonici del locale abbassarono repentinamente il volume dell'impianto audio perché la band superava la soglia dei 110 decibel. La cosa fu mal digerita dai componenti del gruppo che litigarono pesantemente con lo staff del locale (sfociando quasi in una rissa) interrompendo il concerto e inveendo contro la Francia e le sue "leggi naziste" che non permettevano di godere della musica ad alto volume.
  • Il nome della band deriva da quello di alcune creature dei Gremlins, sebbene la connessione a detta loro sia del tutto casuale.
  • Sempre in tema di nomi: i titoli delle canzoni vengono scelti senza un particolare legame con la canzone in sé. Spesso sono solo i risultati di alcune sbronze oppure di alcune scritte viste da qualche parte in viaggio. Tra i tanti, per esempio: I'm Jim Morrison I'm Dead, oppure Glasgow Mega Snake o anche I Love You I'm Going To Blow Up Your School.
  • Il mio nickname scelto per Steemit deriva proprio dal loro pezzo Death Rays tratto dal disco Hardcore Will Never Die But You Will (2011).

I miei consigli.


E' la prima volta che sento nominare i Mogwai. Da quale brano/album mi consigli di partire?

Come brano direi che potresti partire da Helicon, tratto da Ten Rapid, molto migliore in versione live per ovvi motivi! Per l'album, essendo tutti molto diversi tra loro, è difficile sceglierne uno, ma sento di consigliarti Happy Songs For Happy People (2003).

Conosco già i Mogwai. Cos'hai ascoltato ultimamente?

Adoro le sonorità elettroniche degli ultimi due album, rispettivamente Rave Tapes (2014) e Every Country's Sun (2017).

Quando potrò sentirli dal vivo in Italia?

Spero il prima possibile, anche se temo ci vorrà un po'. Preparati perché faremo il gruppo italiano Steemit e andremo insieme!


Lasciati travolgere dal muro sonoro.

Wall Of Sound è una rubrica curata dal sottoscritto che si occupa di musica alternativa prevalentemente strumentale. Lo scopo principale è quello di diffondere una visione musicale differente, guidando il lettore alla scoperta di artisti sia acclamati che emergenti tramite recensioni, curiosità e riflessioni. Wall Of Sound mira a generare connessione e confronto tra gli utenti arricchendo gli articoli di esperienze personali, racconti emozionali e tutto ciò di altamente evocativo che possa rendere l'esperienza dinamica e coinvolgente.

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