Un Ricordo Felice ed Imbarazzante

Un Ricordo Felice ed Imbarazzante

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(immagine di mia proprietà, non postata in precedenza su nessun altro social)

L'imbarazzo è un sentimento che ci pone in uno stato di soggezione in cui ci si sente a disagio, o che ad ogni modo fa si che si amplifichi il senso del pudore.

Ho voluto iniziare questo articolo con la definizione di “imbarazzo” perché oggi vorrei raccontare di un fatto che mi ha reso parecchio a disagio qualche anno addietro.
Tranquilli, nulla di grave, semplicemente la mia percezione di esso era leggermente distorta perché personale.
Onestamente se non fosse stato per un amico che qualche giorno fa mi ha fatto capire che non avevo nulla da temere, probabilmente non avrei fatto pace con questa cosa e non la starei raccontando.

Sostanzialmente il mio “impedimento” nel ricordarla mi provocava sconforto o vergogna, perché per me era un sintomo di una non riuscita in qualcosa che mi stava veramente a cuore.
Si trattava della mia passione principale, ovvero lo scrivere.
Nonostante al tempo fossi appena uscita dal liceo e mi stessi preparando per intraprendere il mio percorso universitario, sentivo il dovere verso me stessa di provare a dimostrarmi di poter anche coltivare la passione per la letteratura.
In un certo senso volevo iniziare ad aprirmi una strada secondaria per il futuro, cercando di diventare anch'io autrice e riservandomi magari in un futuro lontano un posto d'onore tra i miei amati autori classici.
Così, appoggiata anche da mio padre, che aveva da poco pubblicato un libro scritto da mio nonno Mario, mi misi all'opera.
Dato che era un'iniziativa nata da una sorta di esperimento volli provare a scrivere e disegnare un racconto per bimbi.
Si, avete capito bene, non mi bastava semplicemente l'idea di inventare e scrivere un libro, volevo anche curarne le immagini personalmente ed adattarle per il lettore. E così feci, curate e disegnate ad acquarello su cartoncino.
La storia non la inventai, mi rifeci ad un fatto a me accaduto veramente, per quanto possa sembrare paradossale.
E ciò perché il racconto parla di una bambina ed è indirizzato a dei lettori della sua età, ma nella realtà a fare le azioni della protagonista ero stata io, maggiorenne e vaccinata, per cui il tutto è ancora maggiormente tragi-comico.


Il racconto è molto breve, le immagini hanno uno stile fanciullesco e colori pastello, i dialoghi sono elementari, tuttavia esso racchiude una morale importante per persone di tutte le età.

Il tutto, come ho precedentemente detto è ispirato ad un evento che mi capitò quell'estate.
Quel giorno avevo deciso di fare una visita ad un' amica che frequentava il lido dei vigili del fuoco, così, dopo aver fatto l'ultimo bagno, andai ad aspettarla nel giardinetto del bar del lido.
Nell'attesa se non ricordo male chiesi a qualcuno una sigaretta e mi sedetti vicino ad un tavolino. Subito il mio sguardo cadde su di un passerotto che era sul pavimento, e mi resi conto che non era in grado di volare perché era caduto dal nido. La mia amica non venne. Però rimasi lì per un'ora a fissare l'uccellino dubbiosa sul da farsi. Ero indecisa se prenderlo e portarlo a casa con me, per cercare di salvarlo, o se lasciarlo morire di fame o peggio mangiato da qualche gatto.
Sentivo quel senso di colpa che mi divorava da dentro nell'immaginarlo morto quando avrei potuto aiutarlo a sopravvivere. Quindi la mia decisione fu quella di inseguirlo per tipo un quarto d'ora, ed inseguirlo letteralmente perché correva velocissimo, e di stendermi sotto una macchina parcheggiata per prenderlo. Ad ostacolare la mia impresa c'erano i bambini del lido che come me si erano esaltati da morire nel vederlo, e cercavano di imitare le mie azioni.
Quando finalmente lo presi, sentivo il suo cuoricino battere fortissimo contro la mia mano, tanto che ho addirittura pensato sarebbe morto d'infarto per colpa mia (e dei bambini).
A peggiorare la sua agitazione sarà stata la reazione dei bambini che mi sono immediatamente saltati addosso per toccarlo o vederlo.
Dopo essere riuscita a scappare da quei nanetti carini ed esaltati, ho pensato che avrei dovuto impietosire mia madre per bene per permettermi di portarlo a casa, e così ho fatto.
Bisogna dire che non era la prima volta che portavo esseri viventi feriti a casa, e che le minacce di mia madre, come “la prossima volta caccio di casa te, stai facendo diventare casa uno zoo”, si facevano sempre più ricorrenti e convincenti.
Ad ogni modo lo portai a casa, e cercai di dargli un po' di carne macinata mischiata ad acqua con una siringa per vedere se mangiava.
Credevo che sarebbe andato tutto bene se avesse mangiato e bevuto, ma sentendosi lui fuori dal suo habitat naturale, sicuramente avrà avuto tanta paura e si sarà sentito molto spaesato.
Purtroppo morì qualche ora dopo mentre cercavo di fargli calore tenendolo sul petto.
Ricordo che mi dispiacque tantissimo, e mi sentì molto il colpa per non averlo lasciato nel posto in cui lo avevo trovato. Pensai alla madre che lo avrebbe cercato senza mai trovarlo.

Mio padre vendendomi piangere mi disse che quando amiamo veramente un essere vivente, non dobbiamo farci accecare dall'egoismo del volerlo possedere perché potremmo essere in grado di dargli tutto ciò di cui ha bisogno, infondo noi non siamo Dio, siamo esseri umani, e non possiamo tutto. E aggiunse che è saggio e difficile lasciar andare, ma che a volte è la cosa migliore per ciò che si ama.
In pratica mi disse che nonostante le mie buone intenzioni, quell'uccellino era morto per mio egoismo e lontano da sua madre che probabilmente lo avrebbe nutrito anche da terra, e che quindi se lo avessi lasciato lì sarebbe sopravvissuto un po' di più, oppure sarebbe morto ma a casa sua e con i suoi cari.


Si è una storia un po' tragica per dei bambini, però racchiude un significato importante anche per loro.
Il voler possedere una qualsiasi cosa, anche con le migliori intenzioni, a volte può essere sbagliato; e che le situazioni della vita vanno affrontate con delicatezza, non con prepotenza o con egoismo, perché una cosa la si possiede veramente quando è lei a venire da te guidata dal destino, non quando sei tu a rincorrerla perché la desideri ardentemente, per poi disfartene subito dopo averla ottenuta come se non avesse più valore.

Questo non è un post per incitare ad acquistare il mio racconto, difatti non ne farò il nome.
Ci tengo a sottolineare che non sia stata acquistata nessuna copia, però quella fu la mia prima esperienza d'autrice, ed a pensarci mi fa ridere dall'imbarazzo, ma ne sono orgogliosa.
Ma sono un po' meno orgogliosa dell’essere stata egoista ed aver voluto possedere una vita ed aver creduto di poter essere al di sopra della natura stessa nel poterla salvare...

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