L'Immortalità dell'Anima Secondo Platone:

L'Immortalità dell'Anima Secondo Platone:

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(Immagine Mia)

Biografia di Platone:

Platone è ricordato come uno tra i primi filosofi ad aver lasciato una grande raccolta di opere sotto forma di dialoghi e di lettere.
Nasce come Aristocle, ma gli viene attribuito il nome di "Platùs" (largo) per via della sua robusta corporatura.
Nato ad Atene nel 427 a.C. in una famiglia aristocratica, dopo aver conseguito una ricca formazione scolastica entra a contatto con Socrate, che considererà suo maestro.
Viaggerà in diverse aree del mediterraneo, tra cui Sicilia e Italia Meridionale.
Una volta tornato ad Atene fonda una scuola che lo renderà famoso in tutto il mediterraneo. Nel 387 a.C. fonda in un bosco sacro, l'Accademia, una grande istituzione scolastica e scientifica di livello superiore, nella quale si formeranno intere generazioni di studiosi, scienziati (matematici, astronomi, naturalisti) e filosofi.
La sua morte si pensa sia avvenuta attorno al 348 o 347 a.C.

Introduzione all'argomento:

Platone viene ricordato per diverse opere importanti, tra cui spicca la sua concezione dello Stato e della "Repubblica", ma oggi parleremo delle diverse raccolte in cui si dedicò all'immortalità dell'anima.
Quest'argomento viene discusso in differenti opere: nel "Fedro" (con il mito della biga alata); nella parte finale della "Repubblica" (attraverso il mito di Er); nel "Fedone" (in cui sono descritti gli ultimi atti di vita di Socrate, prima della sua congiura a morte da parte dello stato); ed infine nel "Simposio" ( dove si svolge un elogio del dio Eros).

E' imortante ricordare che:


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Egli fonda la sua teoria sull'immortalità dell'anima su sei punti:
1- Ogni processo è vincolato al proprio contrario ( es. L'addormentarsi al risveglio);
2-La reminiscenza, ovvero il fatto che l'anima conosca nozioni non vincolate all'esperienza, e dunque precedenti alla sua unione con il corpo;
3-La conoscenza dell'anima riguardo ad enti che sono eterni, immutabili e semplici;
4-L'essenza dell'anima è la vita, per cui non potrà mai accogliere in sè la morte;
5-Il male del corpo è la malattia, quello dell'anima è il vizio: mentre la malattia può portare il corpo alla morte fisica, un vizio non potrà mai portare l'anima alla morte;
6-Ciò che si muove sempre è immortale, ovvero trasmigrando essa non potrà mai morire.

Sotto questa concezione, l'anima viene intesa come principio della vita e delle attività intellettuali, ed essa costituisce un'entità a sè stante. Tutte le manifestazioni spirituali e psichiche sono dunque espressione dell'anima.


Le opere nello specifico:

Nel Fedro, "Il Mito della Biga Alata":


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Qui Platone ci spiega la natura dell'anima, immaginata nel mondo dell' Iperuranio ( o meglio noto come "mondo delle idee" perfette ed immutabili, situato al di là del cielo, oltre la vota celeste, raggiungibile solo dall'intelletto).

Egli dispone il racconto come una grande metafora sulla natura dell'anima.
Sostiene che essa è simile ad una biga (un carro) guidata da un cocchiere (parte razionale dell'anima), trainata da due cavalli alati: uno bianco, di buona razza (che si lascia condurre dalla ragione, tendendo ad andare in alto), ed uno nero, di pessima razza (che segue gli impulsi irrazionali, tendendo ad andare in basso).
Il destriero bianco è di forza positiva, mentre quello nero ha valenza negativa.
Dovendo il cocchiere dirigersi in alto, dove dimorano gli dei, viene dunque contrastato dalla tendenza del cavallo nero ad andare in basso, cioè verso la realtà sensibile e la corporeità.

Ad un certo punto, l'anima si sentirà appesantita e per oblio o per colpa si incarnerà: più è dura la contemplazione delle idee, più l'uomo nel quale l'anima si è reincarnata svilupperà la ricerca della sapienza.

L'unica cosa che risveglia il ricordo delle idee dell'anima caduta è la bellezza; poichè essa risvegliando l'uomo all'amore, lo conduce alla bellezza naturale dei corpi ed alla bellezza perfetta, all'idea di bellezza in sè.
L'amore per la bellezza diviene dunque veicolo verso il mondo della verità e dell'essere.

Il Mito di Er:


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Questo mito viene narrato nella parte finale della "Repubblica" di Platone, attraverso questo, l'autore spiega quale sia il destino che spetta ad ogni anima, infatti la nostra sorte attuale dipende dalla scelta che ognuno di noi ha fatto nell'iperuranio al momento di riprendere un corpo reincarnandosi.

Il procedimento della reincarnazione viene raccontato da Er, un guerriero morto in battaglia, e reincarnatosi dopo dodici giorni.
Nell'aldilà le anime si trovano accompagnate dalla parcha Lachesi, all'interno di una pianura, qui ribadisce l'assoluta libertà e responsabilità di ognuno nel decidere il tipo di vita futuro: "Ogni uomo è responsabile del proprio destino, la divinità non ne ha colpa".

Er sostiene di aver assistito alla scelta di diverse anime nel corpo in cui reincarnarsi, le anime più ignoranti hanno scelto destini e tipi di vita apparentemente vantaggiosi, ma che conducono al male; mentre le anime più sagge, o che hanno provato esperienze negative nella vita precedente, hanno preso scelte molto diverse.

Ad esempio appare la figura di Ulisse, che dopo aver vissuto la sua vita in modo spericolato e spinto dall'ambizione, sceglie di reincarnarsi in un uomo modesto e semplice.

Secondo l'ordine stabilito dalla sorte, ogni anima viene chiamata ad andare nella
pianura di Lete ("dimenticanza"), dove scorre il fiume la cui acqua, se bevuta, fa dimenticare la vita precedente.
Er riceve però il divieto di berla, mentre tutte le altre anime sono vincolate dall'obbligo di farlo.

Altri esempi di anime reincarnate furono:
"Orfeo" che sceglie "la vita di un cigno; onde evitare di venire alla luce generato da una donna" (essendo il genere femminile responsabile della sua morte);
"Tamiri" sceglie "la vita di un usignolo";
diversi cigni ed animali canori scelsero di divenire uomini;
"Aiace Telamonio" scelse la vita di un leone;
"Agamennone... in odio all'umanità per le sofferenze che le aveva inflitte, scelse la vita dell'acquila"

Nel Fedone, la Morte di Socrate:


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Prima di trattare questo argomento bisogna specificare che Socrate nel 399 a.C. fu accusato di non riconoscere gli dei dello stato e di corruzione dei giovani. Motivo per cui una giuria di 501 cittadini (360 voti a favore e 140 contrari) di Atene lo condannarono a morte in un processo divenuto storico.
Egli fu dunque "costretto" ad assumere della cicuta, ed a morire.
In tutto ciò molti dei suoi discepoli cercarono di convincerlo a scappare, ma lui si rifiutò sostenendo di essere sempre stato nel giusto nella sua vita, e che se Atene riteneva quest'atto giusto, lui non avrebbe mai commesso l'errore di scappare stando nel torto. Del resto egli non temeva la morte e la preferiva all'esilio.

Nel Fedone, vengono descritte le ultime ore di vita di Socrate, trascorse in cella a discutere con amici.
L'argomento principale è il problema della morte, ma Socrate lo affronta sostenendo che la filosofia ha a che fare da sempre con la morte, essendo essa "esercizio di morte" perchè è separazione dell'anima e del suo involucro mortale, "prigione" dell'anima.
Il filosofo si sforzerà di liberare l'anima dalla prigione del corpo, sia perchè sul piano morale (fonte dei desideri e sentimenti) è in grado di distogliere dalla ricerca del bene, sostituendolo con il piacere, sia sul piano della conoscenza, dove i sensi possono cadere in errore.
Mentre la sensibilità funziona solo tramite il corpo, l'anima è in grado di pensare senza esso. L'anima che pensa coglie la verità, conosce le cose "nella loro purezza", comprende cioè la realtà delle cose.

Nel Simposio, L'Elogio del Dio Eros:


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Platone ci rende partecipi di un banchetto in cui i partecipanti scelgono a turno un elogio del dio Eros, meglio conosciuto come la personificazione del desiderio erotico o dell'amore. Egli viene inteso come "il più trascurato dai poeti".
Tema principale della narrazione è il rapporto del filosofo al mondo delle idee, ovvero di persone che si associano con lui al mondo della ricerca del sapere. Questo viene definito "rapporto d' Amore".
Qui la figura di Socrate riappare per esporre le idee di Platone, attraverso la sacerdotessa di Mantinea, nota come Dìotima.
Lei associa Eros alla filosofia, poichè essendo lui figlio di Poros ("Ricchezza") e di Penia ("povertà"), è caratterizzato dal fatto che manca di qualcosa, oscilla cioè tra gli estremi, non essendo lui nè mortale, nè immortale; nè sapiente, nè ignorante. E' dunque visto come intermedio, svolgente lui il ruolo di messaggero tra gli dei e gli esseri umani, e dunque è colui che spinge verso il sapere e la felicità, pur non possedendoli, stimola alla creazione del bello, sia nella sfera corporea che intellettuale, facendo tendere l'uomo verso l'immortalità.

Il compito di Eros è dunque di spingere l'uomo verso il miglioramento sul piano conoscitivo e morale. Anche Platone, come Socrate, assimila la conoscienza alla virtù, al comportamento del bene.

L'idea che ci permette di recuperare il ricordo della conoscienza avuta dall'anima prima di reincarnarsi è l'idea della bellezza.
Eros promuove l'evoluzione dei diversi livelli di conoscenza a contatto con la bellezza, che passa dall'amore dei corpi belli, all'amore delle anime belle, costituendo una elevazione sia conoscitiva sia morale.

Fine:

Per concludere diciamo che secondo Platone l'anima sia la vera essenza dell'uomo che, essendosi lui reincarnato consapevolmente, sceglie e crea il suo destino. Tramite il lungo percorso della propria esistenza l'uomo s'imbatte nell'idea del bello, che dalla sofferenza iniziale della non accettazione, genera poi la ricerca della perfezione interiore, che porterà così l'uomo alla riscoperta dell'amore non per la corporeità o la fisicità, ma bensì per le affinità intellettive e la bellezza dell'anima dell'altra persona.
Dunque in questo lungo processo ciclico in cui l'uomo è condannato, ogni volta reincarnatosi, egli dovrà mettersi alla prova attraverso l'indagine di se stesso, riscoprendo così che egli essendo pensante, e non materia, non appartiene a questo mondo, ma bensì all'iperuranio (mondo delle idee o dell'aldilà).
L'anima in pena dell'uomo reincarnato, sarà elevata solo se egli si farà carico della virtù del compiere il bene.

Questa dottrina è anche discussa dai filosofi pitagorici, e dal pensiero moderno della reincarnazione buddista.

Al contrario di ciò che si potrebbe pensare "non c'è nulla di nuovo sotto il sole".

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