l'ipocrisia sul gioco d'azzardo

Con un po' di ritardo, ho sentito alla radio che il governo ha annunciato di voler vietare le pubblicità sul gioco d'azzardo.
Questo post (in via del tutto eccezionale) non vuole essere una polemica politica con i nuovi arrivati, anche perché per ora sono parole, non fatti, e l'annuncio, pur rappresentando una novità, si muove nel solco dell'ipocrisia da stato etico, alla quale siamo abituati.

Alcuni sottolineano la contraddizione di uno stato che guadagna su un'attività da lui stesso indicata come nociva all'individuo e alla società. Non è questo che mi fa girare le balle. Se la premessa è che il gioco d'azzardo è il male puro (come le sigarette) può anche avere senso una stretta regolamentazione, del tipo no pubblicità e alte tasse, senza proibire veramente il gioco, per evitare un travaso verso il mercato nero. Come le sigarette.

Questa premessa è sbagliata, il gioco d'azzardo non è come il fumo.
E' vero, esistono una serie di individui ludopatici, che non vedono l'ora di perdere, per poi prendersela con la sfortuna o chissà quale divinità suina, invece di ammettere le proprie responsabilità.
C'è anche una piccola minoranza di giocatori che guadagna, naturalmente sui giochi battibili.
E un'altra parte di giocatori responsabili, che puntano solo somme che possono permettersi di perdere.

Il gioco d'azzardo è un calderone dove si infilano cose diversissime come slot-machine, roulette, blackjack, scommesse sportive, poker. Se si gioca a soldi, anche il backgammon è un gioco d'azzardo. E la briscola? Sicuramente anche le lotterie, i gratta e vinci. Ognuno di questi giochi può richiedere abilità, oppure no. E ognuno di questi giochi è più o meno equo nei confronti del giocatore, con differenze drammatiche da uno all'altro.
Ad esempio la possibilità di fare nero o rosso alla roulette è il 48,6%, molto vicino al 50%, 1 su 2, o 1 a 1, e infatti il banco paga 1:1. In quel 1,4% di scarto sta il guadagno del banco, a lungo andare. Molto diverso è il superenalotto, se fosse equo dovremmo ricevere somme molto più alte quando facciamo sei: circa 623 milioni moltiplicati per la nostra giocata in euro.

Aumentando le tasse sul gioco d'azzardo si riducono i margini delle case da gioco (siti web, casinò, punti SNAI...) che automaticamente si rifanno sul giocatore, aumentando le commissioni. Questo equivale a un gioco meno equo.
Limitando la pubblicità, probabilmente, si rischia di ridurre la concorrenza tra i vari operatori, sempre a svantaggio dei giocatori. Le promozioni sul primo deposito, ad esempio, contano molto per gli utenti.
Per fortuna si troveranno comparazioni, ad esempio, su youtube, così come si trovano video-recensioni di sigari.

Il punto è che non c'è nulla di male nel gioco d'azzardo. Viviamo in un mondo dove la finanza pesa parecchio, cos'è se non un gioco d'azzardo? Anche in quel settore solo una piccola parte dei "giocatori" guadagna. Le commissioni di un exchange come Poloniex sono esattamente come la rake di una poker room.

Ognuno ha il diritto di spendere i propri soldi in ciò che vuole, anche di buttarli via. Sembra banale dirlo, evidentemente non lo è in un paese quasi del tutto privo di cultura libertaria. Il gioco d'azzardo non è nocivo, è divertente. Se mi ammalo a causa del fumo, qualcuno potrebbe obiettare che faccio ricadere le mie spese sanitarie sulla collettività. Non è così col gioco d'azzardo.
Se lo stato volesse veramente che giocassimo "responsabilmente" non dovrebbe vietare le pubblicità, dovrebbe farle lui, spiegando ad esempio il concetto di bankroll, di gioco equo, e via dicendo.

Il gioco d'azzardo è considerato pericoloso perché si possono perdere soldi: ma con questa premessa non ha senso un'ulteriore diminuzione del margine che ha il giocatore (ad esempio alzando le tasse sul settore). Questa è la contraddizione che non capisco. I ludopatici continuano a giocare anche sapendo che perderanno sempre di più, la tassazione alta non li salva, per contro si danneggiano quelle minoranze di giocatori "sensati".

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