VITA IN BRASILE atto quattordicesimo: occhio, se divorziate o vi separate legalmente, perdete il visto parte prima/VIVIR EN EL BRASIL acto decimocuarto: ¡ojo! Si se divorcian o separan legalmente, pierden la visa parte primera

ITALIANO
Gli articoli su questo specifico argomento hanno il precipuo scopo di illustrare alcuni aspetti giuridico-amministrativi brasiliani.
Potrebbe sembrare uno scherzo di cattivo gusto, ma sfortunatamente non lo è. Il visto a cui mi sto riferendo, comunque, non è quello d'investitore, men che meno il visto dedicato ai missionari, agli sportivi, agli artisti. A queste ultime due categorie è peraltro concesso un visto temporaneo che corrisponde alla durata della stagione sportiva o artistica. Neppure si tratta del visto di lavoro: ricordando che quest'ultimo esiste pressochè soltanto sulla carta, dato che le imprese latinoamericane che reclutano lavoratori stranieri sono oramai più che altro cimelio di un lontano passato (quello dei nostri bisnonni, per l'esattezza). Ricordando inoltre il protezionismo in stile medievale che vige da queste parti in fatto di lavoro subordinato. Il visto di lavoro esiste di fatto oramai soltanto per certi particolari incarichi non alla portata di chiunque, vale a dire missioni diplomatiche e consolari. Il visto che invece si tende a perdere con il divorzio e con la separazione legale, comunque sempre e quando la coppia non abbia figli, è l'equivalente del permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare. Una volta notificata la sentenza di divorzio alla polizia federale (se questa notifica si trascura, una volta che i federali si accorgano del cambiamento nello stato di famiglia, arrivano le sanzioni), i funzionari preposti all'ufficio immigrazione spesso ritirano il visto. O quantomeno lo ritiravano prima della pandemia, dato che il coronavirus ha fortemente limitato, quando non del tutto bloccato i viaggi, specie internazionali e intercontinentali. Il ritiro del visto per ricongiungimento familiare costringe di fatto l'ex coniuge che risiedeva legalmente (e stabilmente) in Brasile a trasformarsi in turista, con la conseguenza di non poco conto dell'obbligo di abbandonare il paese entro 90 giorni dal momento in cui la sentenza di divorzio (o di separazione legale) diviene efficace. Ora, ove si trattasse di separazioni e divorzi con addebito al coniuge straniero (pensiamo al classico del marito alcolizzato che riempie di botte la moglie), chissenefrega se deve smammare di fretta e di furia, abbandonando attività, conto in banca e magari pure casa di proprietà (che in casi come questi è giusto che resti alla ex moglie). Se l'è andata a cercare. I grattacapi cadono in capo di chi, semmai, è incappato in una separazione o in un divorzio per motivi ben lungi dall'essergli addebitabili (e magari per ragioni culturali non sono ritenuti addebitabili neppure alla controparte. Magari è stato pure lasciato quando non voleva separarsi o divorziare. La filippica continua.

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Ps.: immagine Pixabay 100% free editata per un migliore adattamento (https://pixabay.com/es/illustrations/visa-rechazado-viaje-modelo-3653493/)

ESPAÑOL
Los artículos sobre este tema específico tienen como objetivo principal el de ilustrar algunos aspectos que se refieren a la aplicación práctica de algunas leyes brasileñas.
Esto puede parecer una broma de mal gusto, pero, desafortunadamente no lo es. Sin embargo, la visa al que me refiero no es el de inversor, ni mucho menos el de misionero, deportista o artista. A estas dos últimas categorías se les concede una visa temporal que corresponde a la duración de la temporada deportiva o artística. Tampoco es una visa de trabajo: recordemos que esta última no logra existir en la práctica, ya que las empresas latinoamericanas que contratan a trabajadores extranjeros son ahora más bien reliquias de un pasado lejano (el de nuestros bisabuelos, para ser exactos). También les recuerdo del proteccionismo en materia de empleo, reliquia medieval, que suele imperar por estas tierras. La visa de trabajo ahora solo existe para ciertas misiones específicas que están fuera del alcance de cualquier uno, es decir, las misiones diplomáticas y consulares. La visa que suele perderse con el divorcio y la separación legal, sin embargo, siempre y cuando la pareja no tenga hijos, es el permiso de residencia por reunificación familiar. Una vez notificada la sentencia de divorcio a la policía federal (si se descuida esta notificación, una vez que los federales tengan conocimiento del cambio de situación familiar, se impondrán sanciones), los funcionarios de inmigración suelen retirar la visa. Por lo menos lo hacían antes de la pandemia, ya que el coronavirus restringió seriamente, siempre y cuando no los bloqueó completamente, los viajes, especialmente los internacionales e intercontinentales. La retirada de la visa de reunificación familiar obliga, de hecho, a que el ex cónyuge que residía legalmente (y de forma permanente) en el Brasil se convierta en turista: con la nada despreciable consecuencia de verse obligado a abandonar el país dentro de 90 días a partir de la entrada en vigor de la sentencia de divorcio (o de separación). En el caso de las separaciones y divorcios en los que se acusa al cónyuge extranjero (piénsese en el clásico caso del marido alcohólico que pega a su mujer), ¿qué más da que se tenga que ir del país deprisa y corriendo? Talvez abandonando su negocio, su cuenta bancaria e incluso su casa (en casos como este, su exmujer debería quedársela, la casa). Pues, se la buscó. Pero, los dolores de cabeza recaen sobre quienes se toparon con una separación o divorcio por motivos que distan mucho de serles imputables (y que quizás por razones culturales tampoco se consideran imputables a la otra parte). Tal vez incluso su cónyuge le dejó cuando no quería separarse o divorciarse. El papeleo continúa.

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Ps.: imagen Pixabay 100% free editada para mejor cabida (https://pixabay.com/es/illustrations/visa-rechazado-viaje-modelo-3653493/)

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