CRONACHE DI CIVITOPIA: scene di vita cittadina cap. I

COSI' FU CHE SIGISMONDO RIZIERI FINI' A VIVERE IN UNA CABINA TELEFONICA
-Lavori?
Quando i conoscenti civitesi si incontravano, fosse per strada, fosse dal dottore, fosse al supermercato o qualunque altro luogo pubblico, di solito il cittadino medio non salutava mai il suo interlocutore chiedendogli notizie sulla sua salute (cosa che peraltro sarebbe stata più che naturale, qualora nella sala d'attesa di uno studio medico). Anzi, non salutava affatto: nè buongiorno, nè buonasera.
Lavori? era la prima fatidica domanda di routine. Non poco curioso, dato che a Civitopia il tasso di disoccupazione viaggiava a livelli tali da disturbare il sistema planetario. Ragion per cui, all'ennesimo Lavori? , il povero Sigismondo Rizieri aveva perso definitivamente la pazienza davanti a quell'ometto calvo e tarchiato, noto proprietario di un emporio di merce usata con cui aveva avuto la sfortuna di avere a che fare anni avanti. Sigismondo si era infatti servito del suo emporio per la vendita di mobilio e oggetti presenti nel suo appartamento, per riuscire a racimolare qualche soldo di cui necessitava perchè aveva appunto perduto il lavoro di manovale non qualificato nella ditta SPERANZA, in cui era stato assunto da nemmeno quattro anni. Si trovavano in quel momento nel discount della città, davanti alle casse, e Sigismondo Rizieri stava consegnando alla cassiera la scarsa e frugale merce sul punto di acquistare. Furibondo con il ficcanaso di turno, aveva picchiato i pugni sul nastro della cassa. Ma per sua sfortuna quella superficie sembrava di burro, cosicchè una scatola di seconda (e pure terza) scelta di fagioli borlotti non troppo ben sigillata, era saltata per aria. Per andare a finire dritta in testa a Testa, il vice-comandante della Guardia Municipale, amico personale del sindaco, che si trovava giusto lì, a meno di mezzo metro di distanza da Rizieri. La scatola aveva finito con l'aprirsi completamente, i fagioli imbrattando la divisa del vice-comandante e il liquido in cui erano immersi schizzando su quella dell'agente che lo accompagnava. Dato l'andazzo socio-politico del momento, si era presto finiti in tribunale. Il giudice, specie per non far dispiacere al sindaco, aveva condannato Sigismondo Rizieri a una multa impagabile che gli era costata l'appartamento in cui viveva. A quei tempi era ordinaria amministrazione andare a vivere in una cabina telefonica quando si perdeva la casa. La crisi del settore immobiliario che galoppava da novecento anni, faceva in maniera che chiunque si vedesse costretto a vendere un immobile non riuscisse a farlo per un prezzo superiore a uno stipendio minimo sindacale, mentre chi comprava si vedeva sbattere in faccia prezzi da far sbellicare dal ridere. Al momento, l'amministrazione cittadina non era ancora riuscita a far dichiarare le cabine telefoniche proprietà comunale, altrimenti chiunque nelle condizioni del signor Rizieri sarebbe stato costretto a dormire letteralmente sui marciapiedi. Era dal ventunesimo secolo che nessuno utilizzava più una cabina telefonica, specie da quando i telefoni cellulari erano diventati popolari. Non volendo spendere un soldo per la rimozione di quelle costruzioni un tempo tanto utili nel mondo delle telecomunicazioni, il comune di Civitopia aveva lasciato che divenissero res nullius. Dunque spazi vuoti, e in talune circostanze come quelle in cui era incorso il signor Rizieri, perfino appetibili. Sigismondo aveva infilato i pochissimi averi in un vecchio zaino e preso un cuscino, un materasso pieghevole e un fornello a gas, si era diretto alla cabina telefonica di sua scelta, quella di Piazza dell'Oro. Altisonante nome, dati i tempi. Per sua somma fortuna, la cabina non era già occupata, cosicchè Rizieri vi si era potuto accomodare. Da allora avrebbe però dovuto mantenersi alquanto vigile, vale a dire più che altro prestare attenzione agli orari di uscita e di rientro. Meglio non lasciare mai la cabina con le strade deserte. Quella di Sigismondo, in posizione piuttosto centrale, gli avrebbe comunque consentito di non camminare perennemente sul filo del rasoio, a differenza delle cabine poste nei quartieri periferici, o peggio, nella zona industriale, che permettevano di uscire appena durante le ore di punta, quando il traffico cittadino era al massimo. Altrimenti gli occupanti avrebbero rischiato al loro ritorno di ritrovare l'abitacolo saccheggiato. Ogni tanto infatti spariva un cuscino, una schiuma da barba, un paio di pantofole. Nei casi peggiori spariva il materasso oppure il fornello a gas, quando non addirittura entrambi.

fagioliborlotti.png

Ps.: immagine Pixabay 100% free dei fagioli incriminati che rovinarono irrimediabilmente Sigismondo Rizieri (https://pixabay.com/it/photos/fagioli-borlotti-fagioli-cucinando-356622/)

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