CRONACHE DI CIVITOPIA: scene di vita cittadina cap. XIV

Aurelio, l'eroe
La povera Giacinta non aveva avuto neppure il tempo di versare lacrime per la prematura scomparsa del marito, che altre preoccupazioni erano arrivate a bussare alla sua porta. Al padre era appena stato diagnosticato il morbo di Alzheimer, mentre la madre già da anni soffriva di frequenti malori a causa di un diabete di particolare gravità. Gigì, la sorella di Giacinta di undici anni minore di lei, lavorava come attrice in un piccolo teatro civitese e avrebbe seriamente rischiato di perdere il posto, se avesse dovuto restare in casa per prestare assistenza continua al padre. Infatti, l'Alzheimer del pover'uomo degenerava a una velocità inusuale e ovviamente la moglie, che a sua volta iniziava ad avere la necessità di essere seguita per via del diabete che andava peggiorando di anno in anno, non era in grado di assisterlo per più di qualche ora al giorno. La donna, infatti, non poteva smettere di lavorare: nè lei, nè il marito erano statali, per cui avrebbero dovuto lavorare vita natural durante, non avendo diritto alla pensione. Ma il signor Richetti era un operaio metalmeccanico e per via dell'Alzheimer non gli era affatto proponibile il proseguire nelle sue mansioni. Dunque la famiglia si era ritrovata a dover vivere senza il suo stipendio. Lei era sarta, ma i clienti non facevano che scarseggiare, man mano che l'economia civitese declinava. Le entrate che dipendevano dal suo lavoro non erano mai certe. Con l'aggravante che gli scompensi diabetici le imponevano frequenti interruzioni dell'attività. Nel frattempo, si ascoltava sempre più spesso di questo e quel civitese che finiva a vivere in una cabina telefonica perchè aveva perso il lavoro e non poteva più pagare affitto e utenze, oppure già in partenza disoccupato, a cui erano venuti a mancare i familiari che fino al giorno avanti lo sostentavano. Più raramente, vi era qualche vedovo o vedova il cui defunto coniuge non era impiegato statale e non c'erano neppure figli per occuparsi del loro sostentamento. Ora, date tali premesse, non era affatto il caso che Gigì perdesse il lavoro. Per non parlare poi del fatto che a Civitopia non ricapitava mai più un'occasione come quella. Un impiego stipendiato nel mondo dell'arte, diverso dall'insegnamento, costituiva infatti un evento raro. Ma Gigì non voleva affatto chiedere aiuto a sua sorella, che si era ritrovata vedova proprio mentre aspettava un figlio. Non era il caso, ma Giacinta, a dispetto della sua condizione, veniva spesso a casa dei genitori per dare una mano. Altri parenti non vi erano, neppure i suoceri di Giacinta, già deceduti quando aveva conosciuto il marito. Di fare arrivare aiuti esterni, poi, non se ne poteva parlare nemmeno. Senza più lo stipendio del signor Richetti e avendo già speso tutti i risparmi tra esami clinici e farmaci, la faccenda era fuori discussione. La buona signora intravedeva lo spauracchio della cabina telefonica, qualora i suoi pochi clienti si fossero definitivamente defilati e se Gigì avesse perso il lavoro. Ma Giacinta non avrebbe mai permesso che alcuno della sua famiglia culminasse in tale triste epilogo. Era disposta a condividere la reversibilità del suo defunto marito, ma ovviamente era impensabile che quei pochi denari bastassero per quattro persone, che presto sarebbero divenute cinque. Quando a malapena erano sufficienti per due. Giacinta aveva già in mente la disdetta dell'affitto del suo appartamentino, per tornare a vivere presso i genitori. Così avrebbe risparmiato per aiutarli e nel frattempo, permesso a sua sorella di continuare a lavorare. Ma presto la gravidanza di Giacinta avrebbe avanzato di stato e Gigì temeva che i troppi sforzi avrebbero potuto farle perdere il bambino. S'era poi sincerata che sua sorella maggiore non aveva ancora prenotato le visite mediche e gli esami doverosi in gravidanza e già immaginava che li avrebbe saltati tutti per starsene al capezzale dei genitori e pure per evitare di spendere, probabilmente intuendo che Gigì si sarebbe presto licenziata dal lavoro, risparmiando così sulla sua pelle e quella del nascituro. Vi erano perfino giorni in cui la si vedeva arrivare con qualche pacchetto in mano, che conteneva cibo e abiti. Regali da parte dei dirimpettai di Giacinta, i signori Barberina, che a conoscenza della situazione della loro vicina di casa, avevano insistito tanto per aiutarla. Tra l'altro, la signora Gilda era stata un tempo l'insegnante di taglio e cucito della mamma della sua vicina Giacinta e avendola riconosciuta quando era arrivata a vivere in quello stesso condominio, le due donne erano entrate presto in confidenza tra loro. Ma i Barberina avevano a loro volta una figlia da mantenere, una bimba in età scolare, e anch'essi non godevano esattamente di una gran salute. Non si poteva nè voleva esser loro di peso. Per quanto tempo, poi? Le malattie in casa Richetti sarebbero durate lungo tutta la vita di coloro che ne soffrivano.
Non fosse stato per Aurelio Malinverni, i Richetti si sarebbero presto ritrovati a mal partito e probabilmente pure i Barberina, che non intendevano ritirare il loro piccolo appoggio, sia pure a loro scapito. Specie una volta che Gigì fosse stata davvero costretta a licenziarsi dal teatro, non appena la gravidanza di Giacinta non le avesse forse più consentito di prestare assistenza costante ai genitori. Aurelio, per sostenere la famiglia della fidanzata, date tali premesse, aveva allora rinunciato a un contratto da elettricista in una ditta specializzata presso cui aveva eseguito riparazioni, per poter aiutare tutti i Richetti con la sua presenza costante. La ditta, rimasta molto soddisfatta per le riparazioni effettuate da Aurelio, avrebbe voluto assicurarselo come dipendente, ma il ragazzo avevo declinato per amore della fidanzata. Ora Gigì non doveva più licenziarsi dal teatro, nè sua sorella disdire l'affitto e men che meno far correre rischi al nascituro e alla sua stessa salute per mancate visite mediche ed esami clinici. Nè i Barberina stringere eternamente la cinghia per sostentare i Richetti.

La povera Giacinta non aveva avuto neppure il tempo di versare lacrime per la prematura scomparsa del marito, che altre preoccupazioni erano arrivate a bussare alla sua porta. Al padre era appena stato diagnosticato il morbo di Alzheimer, mentre la madre già da anni soffriva di frequenti malori a causa di un diabete di particolare gravità. Gigì, la sorella di Giacinta di undici anni minore di lei, lavorava come attrice in un piccolo teatro civitese e avrebbe seriamente rischiato di perdere il posto, se avesse dovuto restare in casa per prestare assistenza continua al padre. Infatti, l'Alzheimer del pover'uomo degenerava a una velocità inusuale e ovviamente la moglie, che a sua volta iniziava ad avere la necessità di essere seguita per via del diabete che andava peggiorando di anno in anno, non era in grado di assisterlo per più di qualche ora al giorno. La donna, infatti, non poteva smettere di lavorare: nè lei, nè il marito erano statali, per cui avrebbero dovuto lavorare vita natural durante, non avendo diritto alla pensione. Ma il signor Richetti era un operaio metalmeccanico e per via dell'Alzheimer non gli era affatto proponibile il proseguire nelle sue mansioni. Dunque la famiglia si era ritrovata a dover vivere senza il suo stipendio. Lei era sarta, ma i clienti non facevano che scarseggiare, man mano che l'economia civitese declinava. Le entrate che dipendevano dal suo lavoro non erano mai certe. Con l'aggravante che gli scompensi diabetici le imponevano frequenti interruzioni dell'attività. Nel frattempo, si ascoltava sempre più spesso di questo e quel civitese che finiva a vivere in una cabina telefonica perchè aveva perso il lavoro e non poteva più pagare affitto e utenze, oppure già in partenza disoccupato, a cui erano venuti a mancare i familiari che fino al giorno avanti lo sostentavano. Più raramente, vi era qualche vedovo o vedova il cui defunto coniuge non era impiegato statale e non c'erano neppure figli per occuparsi del loro sostentamento. Ora, date tali premesse, non era affatto il caso che Gigì perdesse il lavoro. Per non parlare poi del fatto che a Civitopia non ricapitava mai più un'occasione come quella. Un impiego stipendiato nel mondo dell'arte, diverso dall'insegnamento, costituiva infatti un evento raro. Ma Gigì non voleva affatto chiedere aiuto a sua sorella, che si era ritrovata vedova proprio mentre aspettava un figlio. Non era il caso, ma Giacinta, a dispetto della sua condizione, veniva spesso a casa dei genitori per dare una mano. Altri parenti non vi erano, neppure i suoceri di Giacinta, già deceduti quando aveva conosciuto il marito. Di fare arrivare aiuti esterni, poi, non se ne poteva parlare nemmeno. Senza più lo stipendio del signor Richetti e avendo già speso tutti i risparmi tra esami clinici e farmaci, la cosa era fuori discussione. La buona signora intravedeva lo spauracchio della cabina telefonica, qualora i suoi pochi clienti si fossero definitivamente defilati e se Gigì avesse perso il lavoro. Ma Giacinta non avrebbe mai permesso che alcuno della sua famiglia culminasse in tale triste epilogo. Era disposta a condividere la reversibilità del suo defunto marito, ma ovviamente era impensabile che quei pochi denari bastassero per quattro persone, che presto sarebbero divenute cinque. Quando a malapena erano sufficienti per due. Giacinta aveva già in mente la disdetta dell'affitto del suo appartamentino, per tornare a vivere presso i genitori. Così avrebbe risparmiato per aiutarli e nel frattempo, permesso a sua sorella di continuare a lavorare. Ma presto la gravidanza di Giacinta avrebbe avanzato e Gigì temeva che i troppi sforzi avrebbero potuto farle perdere il bambino. S'era poi sincerata che sua sorella maggiore non aveva ancora prenotato le visite mediche e gli esami doverosi in gravidanza e già immaginava che li avrebbe saltati tutti per aiutare loro, risparmiando così sulla sua pelle e quella del nascituro. Vi erano perfino giorni in cui Gigì la vedeva arrivare con qualche pacchetto in mano, che conteneva cibo e abiti. Regali da parte dei dirimpettai di Giacinta, i signori Barberina, che a conoscenza della situazione della loro vicina di casa, avevano insistito tanto per aiutarla. Tra l'altro, la signora Gilda era stata un tempo l'insegnante di taglio e cucito della mamma della sua vicina Giacinta e avendola riconosciuta quando era arrivata a vivere in quello stesso condominio, le due donne erano entrate presto in confidenza tra loro. Ma i Barberina avevano a loro volta una figlia da mantenere, una bimba in età scolare, e anch'essi non godevano esattamente di una gran salute. Non si poteva nè voleva esser loro di peso. Per quanto tempo, poi? Le malattie in casa Richetti sarebbero durate lungo tutta la vita di coloro che ne soffrivano.
Non fosse stato per Aurelio Malinverni, i Richetti si sarebbero presto ritrovati a mal partito e probabilmente pure i Barberina, che non intendevano ritirare il loro piccolo appoggio, sia pure a loro scapito. Specie una volta che Gigì fosse stata davvero costretta a licenziarsi dal teatro, non appena la gravidanza di Giacinta non le avesse forse più consentito di prestare assistenza costante ai genitori. Aurelio aveva rinunciato a un contratto da elettricista in una ditta specializzata presso cui aveva eseguito riparazioni, per poter aiutare la fidanzata e tutti i Richetti con la sua presenza costante. La ditta, rimasta molto soddisfatta per le riparazioni effettuate da Aurelio, avrebbe voluto assicurarselo come dipendente, ma il ragazzo avevo declinato per amore della fidanzata. Ora Gigì non doveva più licenziarsi dal teatro, nè sua sorella disdire l'affitto e men che meno far correre rischi al nascituro e alla sua stessa salute per mancate visite mediche ed esami clinici. Nè i Barberina stringere eternamente la cinghia per sostentare i Richetti.

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Ps.: immagine Pixabay 100% free (https://pixabay.com/pt/illustrations/conselho-ard%c3%b3sia-quadro-negro-939244/)

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