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La presidenza Trump, QAnon e “The Great Awakening”. Un’analisi economico-politica contro la censura. PARTE SECONDA

L’assoggettamento della macchina statale

L’insediamento di Trump è stato, come già detto, il coronamento di un’operazione militare di altissimo livello, che prevedeva come alternativa, nel caso in cui le elezioni fossero andate male, il cosiddetto “Z Plan”, cioè il classico colpo di stato militare, con la rimozione del presidente in carica, dell’intero gabinetto e di tutto il Congresso, che avrebbe portato ad un notevole spargimento di sangue e ad enormi problemi sul piano internazionale. Pare che, in certi ambienti, voci di colpo di stato girassero almeno dal 2011.
Sin dall’inizio, comunque, la presidenza Trump ha attuato, in maniera progressiva e inesorabile, il programma delle rivoluzioni borghesi più profonde (cioè la sostituzione dell’intero apparato della macchina statale con elementi fidati), ma senza un uso palese della violenza. Grazie al fatto di essere giunta al potere con la spinta dei militari, la nuova amministrazione ha potuto avvalersi di una grande quantità di dati compromettenti, raccolti dal Servizio Segreto e, sul piano informatico, dalla National Security Agency (NSA), per generare un’ondata senza precedenti (siamo nell’ordine delle migliaia) di dimissioni di CEO (amministratori delegati) di numerosissime società, di vertici della pubblica amministrazione, di membri del Congresso (sia democratici che repubblicani: eclatante il caso di Paul Ryan, Speaker repubblicano anti-trumpiano della Camera, astro politico nascente) che non si sono ripresentati alle elezioni di medio termine. Le informazioni compromettenti riguarderebbero principalmente reati sessuali (pedofilia) e legati al traffico di esseri umani, corruzione, tradimento. Particolare cura è stata posta nell’epurare il Dipartimento di Stato (che equivale al Ministero degli Esteri), il Dipartimento della Giustizia, lo staff della Casa Bianca, l’FBI, la CIA (agenzia talmente compromessa da richiedere un lavoro particolarmente lungo, profondo e arduo). Sono stati nominati numerosi giudici federali di cui, ultimamente, 3 nel famoso IX Circuito, roccaforte democratica, spesso utilizzata come arma politica e ora in via di scardinamento.
La battaglia per la Corte Suprema, ganglio fondamentale del potere negli USA, termine ultimo di tutte le principali controversie legali e costituzionali, è stata e continua ad essere particolarmente feroce. Questa istituzione è composta da 9 giudici (justices) nominati a vita dal presidente degli USA che, generalmente, si dividono in due schieramenti speculari a quelli parlamentari: conservatori (repubblicani) e progressisti (democratici). All’inizio del 2016 il rapporto di forze nella Corte Suprema era di 5-4 per i conservatori, con il giudice Kennedy (conservatore) che era in realtà uno swing vote (voto oscillante). Il 13 febbraio del 2016 il giudice Scalia è morto, ufficialmente per cause naturali, in realtà, probabilmente, vittima di un omicidio politico che mirava a cambiare gli equilibri nella Corte Suprema. Il presidente Obama non è stato in grado di nominare un nuovo giudice, perché i justices devono essere confermati dal Senato, che era in mano ai repubblicani. La partita era rimandata al dopo-elezioni, con i democratici convinti di vincere sia la presidenza che il Senato. Come sappiamo, le cose sono andate in modo opposto: il neoeletto Trump ha nominato il giudice Neil Gorsuch, confermato dal Senato. Il 5-4 per i conservatori era ristabilito, ma con l’incognita del voto oscillante di Kennedy che infatti, non a caso, si è dimesso dal primo agosto 2018, lasciando a Trump la possibilità di una nuova nomina. Il nominato è stato Brett Kavanaugh, giudice federale molto noto nell’ambiente, e durante la sua audizione in Senato è iniziata una vera e propria battaglia fatta di colpi bassi, con i democratici che hanno tentato di delegittimarlo facendo leva su una valanga di accuse di molestie sessuali e addirittura di stupro, francamente poco credibili, risalenti a oltre trent’anni prima e mosse da una pletora di donne spuntate dal nulla. Il tentativo di far saltare la nomina, che ha monopolizzato i media per diversi giorni, è fallito. Un altro show è in preparazione per la successione a Ruth Bader Ginsburg, ottantacinquenne giudice progressista della Corte Suprema, icona del femminismo americano e probabilmente affetta da demenza senile, ma schermata e difesa a spada tratta dal Partito Democratico per ovvi motivi, che lo scorso 21 dicembre si è sottoposta ad un importante intervento chirurgico e che da allora non è più apparsa in pubblico. Vi sono buona probabilità che non sia più in grado di partecipare al lavoro della Corte Suprema e che il fatto venga tenuto nascosto nella speranza di trovare una strategia che consenta ai democratici di non perdere un ulteriore seggio, andando in minoranza per 6 a 3. Secondo un’altra lettura, il seggio della Ginsburg consentirebbe ai conservatori per avere un vero 5-4 in quanto, su questioni di vita o di morte per il deep state, il giudice Roberts, conservatore e presidente della Corte Suprema, sarebbe pronto a schierarsi con i progressisti.
Le elezioni di medio termine sono state condotte dal team di Trump secondo le regole della tattica militare: hanno lasciato al nemico l’obiettivo di scarsa importanza (la House of Representatives, cioè la Camera) e, nel far questo, hanno lasciato che si invischiasse in una vasta serie di brogli elettorali (per i quali i responsabili verranno certamente perseguiti dal punto di vista giudiziario) e si sono concentrati sull’obiettivo fondamentale per il loro scopi, il potente Senato. Prima delle elezioni, hanno spostato tutti i casi che ritenevano importanti dal Comitato Giudiziario della Camera a quello del Senato ed hanno portato a casa il risultato: la maggioranza repubblicana è passata da 51-49 a 53-47, e in più si sono sbarazzati di un paio di senatori inaffidabili (Jeff Flake e Bob Corker). A questo punto i militari controllano sia la branca esecutiva che quella giudiziaria del potere.
Di tipo militare è anche la gestione dello staff e del gabinetto da parte dell’amministrazione Trump, con personaggi che vengono palesemente usati come pedine su una scacchiera: è il caso, ad esempio, dell’ex ambasciatrice all’ONU Nikky Haley, neoconservatrice e quindi sostenitrice del New World Order e mantenuta per un certo periodo al posto affinché si esprimesse in senso opposto rispetto alle linee reali della politica estera americana e gettasse fumo negli occhi dei nemici. La Haley è dimissionaria dal 31 dicembre 2018 e verrà sostituita. Anche John Bolton, l’attuale Consigliere per la Sicurezza Nazionale, è un noto neoconservatore che rilascia dichiarazioni di segno opposto rispetto a quelle che sono le linee reali della politica estera americana. Lo stesso Attorney General Jeff Session (detto l’”esecutore silenzioso”) è stato utilizzato per un paio d’anni per lavorare sotto traccia (tra le fasulle ire di Trump), per essere poi sostituito da un A.G. ad interim, Matthew Whitaker, che ha svolto un altro tipo di lavoro, legato ad ulteriori purghe nel DOJ, per poi cedere il posto al nuovo A.G., William Barr, che gestirà una nuova fase, presumibilmente quella dei processi.
È il trionfo di quello che è stato chiamato “Scaramucci model”: Anthony Scaramucci fu nominato da Trump Direttore delle Comunicazioni della Casa Bianca il 21 luglio del 2017, prese servizio il 25, fece piazza pulita di diversi membri dello staff che comunicavano informazioni riservate alla stampa, portò alle dimissioni l’allora capo dello staff e “talpa” Reince Priebus e fu licenziato da Trump il 31.

La montante marea giudiziaria

Lo scopo principale dei militari nella prima fase del loro piano è, sul piano interno, quello di ripulire la branca giudiziaria e quella esecutiva dello stato dagli elementi legati al deep state, al fine di preparare la strada per gli arresti e i processi nei confronti dei principali esponenti della fazione sconfitta. A ben leggere le tendenze in atto, dovrebbero entrare in scena addirittura i tribunali militari, che avrebbero il compito di giudicare particolari casi di tradimento: durante l’udienza in Senato di Brett Kavanaugh per il seggio della Corte Suprema, il senatore repubblicano Lindsey Graham, ora a capo del Comitato Giudiziario del Senato, ha posto al candidato una domanda (decisamente inusuale, dato il contesto) sulla possibilità di istituire tribunali militari per un certo tipo di reati anche in tempo di pace, domanda alla quale Kavanaugh ha risposto con un’apertura. Una mossa così palese aveva il duplice obiettivo di terrorizzare il nemico ed ammiccare a quella parte di sostenitori che è più addentro alle reali dinamiche delle vicende politiche americane. Inoltre, il primo gennaio del 2019 è entrato in vigore l’Ordine Esecutivo presidenziale che rivede l’ordinamento dei tribunali militari e amplia le possibilità del presidente di dichiarare la legge marziale [1]. Sarebbero in preparazione, oltre alla famigerata prigione di Guantanamo (che avrebbe dovuto essere chiusa e che invece ultimamente è stata ristrutturata e ampliata), altri due centri di detenzione per accogliere i prigionieri di alto livello.
Numerosissime sono le inchieste giudiziarie in corso, a conferma dell’epocale terremoto politico che si sta preparando. L’ex Attorney General Jeff Sessions, dimessosi il 7 novembre 2018, ha nominato un procuratore speciale, John Huber dello Utah, coadiuvato da uno staff di 470 investigatori per inchieste sulla cui natura ancora non si sa nulla. Probabilmente è stato nominato anche un secondo procuratore segreto, che lavora in parallelo con uno staff analogo. Il lavoro del Dipartimento della Giustizia ha prodotto, nel giro di poco più di un anno, qualcosa come 85.000 sealed indictments (atti d’accusa sigillati, quindi con contenuto segreto), al ritmo di 5-6000 al mese, un numero incredibile dato che, storicamente, in media lo stesso dipartimento ne produce poco più di mille all’anno. La novità, però, è che a partire da gennaio 2019 è stato aperto un numero piuttosto consistente di questi sealed indictments, segno che si stanno istituendo i rispettivi processi. Inoltre, dall’insediamento di Trump sono aumentati vertiginosamente gli arresti per traffico di esseri umani (nell’ordine delle migliaia se non delle decine di migliaia), con numerose reti di trafficanti smantellate. Anche qui le indagini sono partite dai livelli più bassi, ma si sa che personaggi molto in vista, che rappresentano il vero obiettivo di questa campagna, sono implicati nel traffico di esseri umani.
Parlando di vicende ai confini della realtà, vale la pena dedicare qualche riga al funerale dell’ex presidente George H. W. Bush, che sarebbe morto verso la metà di novembre del 2018 ma la cui morte sarebbe stata annunciata il 30 dello stesso mese per ritardare, grazie alla proclamazione del lutto nazionale, le cruciali udienze di James Comey (ex direttore dell’FBI), Hillary Clinton, Loretta Lynch (Attorney General, cioè ministro della giustizia, sotto Obama) di fronte al Comitato Giudiziario della Camera. La mossa puntava a far slittare le audizioni a dopo l’insediamento della nuova Camera a maggioranza democratica (previsto per il 3 gennaio 2019), ma il piano, anche questa volta, è fallito. I militari, per rispondere alla mossa, hanno attuato la strategia del terrore nella maniera più spettacolare: durante il funerale del vecchio Bush hanno fatto recapitare, tramite il servizio segreto, delle buste ai membri della Cabala e del deep state (parliamo dei coniugi Obama, dei coniugi Clinton e dei fratelli Bush, tra gli altri [2]) contenenti un messaggio non proprio gradito, visto lo sconcerto sul volto di alcuni dei destinatari. Evidentemente nella politica americana non manca il senso dello spettacolo. Per la cronaca, la ricchissima (grazie al petrolio) famiglia Bush fa parte della cosiddetta Cabala; Prescott Bush, padre dell’ex presidente appena morto, fu uno dei finanziatori di Hitler.
Oltre alla montagna di possibili casi di corruzione in procinto di approdare nelle aule dei tribunali, ve ne sono alcuni in gestazione (o, nel caso del senatore McCain, già conclusi) che sono particolarmente emblematici, perché investono i più alti esponenti delle passate amministrazioni e i reati perseguiti sconfinano spesso nel tradimento.

Il caso Trump-Russia collusion e la sua trasformazione nel boomerang Spygate

All’indomani delle elezioni presidenziali, la macchina del Partito Democratico, completamente spiazzata dal clamoroso risultato (nessuno aveva mai lontanamente immaginato che la Clinton potesse perdere un’elezione pesantemente truccata in suo favore [3]), ha iniziato l’azione per delegittimare il presidente eletto, affermando, anche per bocca della stessa Hillary Clinton, che il candidato Trump aveva vinto le presidenziali grazie all’aiuto diretto della Russia di Putin. Già durante la campagna elettorale Trump era stato accusato di essere troppo tenero con la Russia, che fino a quel momento era stata il bersaglio di lungo termine della politica estera americana. Secondo gli accusatori, l’intervento dei russi si sarebbe realizzato principalmente per via telematica (attacchi hacker al voto elettronico, propaganda sui social media, etc.). L’affermazione è ridicola, vista la disparità nella forza economica dei due paesi: la possibilità di truccare elezioni altrui funziona per lo più come i vasi comunicanti, con la forza che va dal vaso più alto (dove l’acqua ha maggiore energia potenziale) al più basso, e non viceversa. È chiaro che esiste un saldo legame, un’alleanza tra il team di Trump (e quindi il grosso delle forze armate statunitensi) e la Russia, ma i contatti avvengono ad un altro livello, su canali militari, mentre le azioni sul territorio degli USA sono di esclusivo appannaggio dell’esercito americano. Come nasce, dunque, la storia della collusione tra Trump e i russi per vincere le presidenziali?
Durante le primarie, Hillary Clinton e il Comitato Nazionale Democratico, attraverso lo studio legale Perkins Cole, affidarono a Fusion GPS (un’azienda di ricerca commerciale e intelligence strategica con base a Washington DC) l’incarico di ricercare materiale compromettente su Donald Trump, dietro il pagamento di 1,02 milioni di dollari. A giugno del 2016 Fusion GPS ingaggiò allora l’ex agente segreto britannico Christopher Steele per compilare un dossier pieno di informazioni, che si sarebbero poi rivelate infondate, su Trump e la Russia (la Russia avrebbe “coltivato” il candidato Trump per 5 anni, gli avrebbe fornito informazioni sugli avversari politici, avrebbe coperto i suoi “festini” a Mosca, ecc.). Il 5 luglio Steele fece pervenire il dossier sia all’FBI che all’intelligence britannica; più tardi, nello stesso mese, l’allora capo della sezione controspionaggio dell’FBI, Peter Strzok, iniziò a supervisionare un’inchiesta su una possibile interferenza russa nel processo elettorale americano, inclusa la possibile collusione con la campagna di Trump. Lo stesso Steele passò il dossier a Bruce Ohr, quarto funzionario in grado al Dipartimento della Giustizia e marito di Nellie Ohr, impiegata presso la Fusion GPS. Sempre in luglio, Steele iniziò a diffondere il contenuto del dossier in varie interviste alla stampa. Ad agosto, l’allora direttore dell’FBI James Comey e l’allora direttore della CIA John Brennan entrarono di peso nella vicenda, spingendo per azioni contro Trump sulla base del dossier. In settembre, Steele fece pervenire il dossier al Dipartimento di Stato e a ottobre venne ingaggiato dall’FBI per proseguire le indagini su Trump anche dopo le elezioni, per poi essere licenziato dopo un’intervista non autorizzata. Intanto, tutti gli attori in gioco continuavano la campagna stampa. Parallelamente, al suo interno, l’FBI aveva già giudicato il dossier non verificabile e inaffidabile.
Il dossier Steele è stato utilizzato per ottenere il mandato dalla FISA Court (il tribunale di sorveglianza dell’intelligence straniera, l’unico tribunale degli USA in cui l’accusato non ha diritto ad essere rappresentato) affinché Trump fosse sorvegliato come possibile spia straniera, per validare diverse inchieste della Camera e del Senato e per giustificare la nomina di un procuratore speciale (Robert Mueller, direttore dell’FBI dal 4 settembre 2001 – occhio alla data! – al 4 settembre 2013) che investigasse sui legami di Trump con la Russia.
Da qui il boomerang giudiziario: un legittimo candidato alla presidenza veniva illegalmente spiato sulla base di un dossier non verificabile pagato dal Partito Democratico, con l’avallo delle più alte cariche dell’FBI e della CIA e con l’assenso del presidente Obama, che era a conoscenza dei fatti. Tale azione di spionaggio è poi proseguita ai danni del presidente eletto. Tutta la documentazione della vicenda è ora coperta da segreto, e contiene la prova di talmente tante irregolarità da parte di chi ha gestito le investigazioni (oltre che da parte di stati alleati come il Regno Unito - il cui coinvolgimento, una volta reso pubblico, scatenerà, presumibilmente, un ulteriore terremoto politico in Europa – e l’Australia) che la sua declassificazione rappresenterebbe un’autentica bomba politica. Dal punto di vista della legge americana, il celebre caso Watergate impallidisce al confronto. Trump ha dichiarato di voler desecretare tutta la documentazione per rivelare le responsabilità e i reati al pubblico americano. La mossa, per ora, non può essere compiuta perché il materiale fa parte dell’inchiesta Mueller (la cui chiusura è imminente) e la sua pubblicazione potrebbe essere impugnata dall’opposizione come intralcio alla giustizia, reato per cui il presidente può essere soggetto ad un procedimento di impeachment. Il materiale verrà probabilmente desecretato dopo il termine dell’inchiesta Mueller, nel momento in cui la mossa potrà infliggere agli avversari il maggior danno possibile.
L’inchiesta Mueller, dopo due anni di indagini in tutte le direzioni, non è riuscita ad approdare a nulla: non si è trovata ombra di collusione tra Trump e i russi, sono stati soltanto generati titoli da prima pagina (assai gonfiati, per altro) per l’arresto o la messa in stato d’accusa di alcuni personaggi dell’entourage di Trump (il generale Flynn, George Papadopoulos, Paul Manafort, il controverso avvocato Michael Cohen, Roger Stone tra gli altri) a causa di reati commessi non già colludendo con una potenza straniera, bensì nei confronti dell’inchiesta stessa. Lo stesso Mueller (inizialmente nominato dal deep state, di cui fa indubbiamente parte, per veicolare, a livello internazionale, il messaggio di un Trump sotto controllo e creare una sorta di “polizza di assicurazione” nei confronti dello stesso), implicato nello scandalo Uranium One (che vedremo più avanti) e in vari abusi commessi presso la FISA Court a partire dal 2002, sta lavorando per la propria salvezza e per questo motivo ha iniziato a cooperare con i militari, tradendo il fronte anti-Trump. Si tratta di un colpo mortale per la strategia dei democratici che mira alla delegittimazione del presidente.
Come corollario (per ora), si inizia a far luce sulle diverse riunioni che si sarebbero succedute al Dipartimento della Giustizia all’indomani dell’elezione di Trump (la prima addirittura poche ore dopo la vittoria elettorale), nel tentativo di delineare una strategia per esautorarlo: si prepara la strada per accusare numerosi altissimi funzionari di aver tentato il colpo di stato.

Aggiornamento del 02-04-2019 - I fatti hanno confermato ampiamente quanto già detto: l’inchiesta Mueller è terminata e Trump è stato completamente scagionato. Ora è in atto la controffensiva da parte dei militari e gli esponenti del deep state, ormai nel panico, stanno iniziando ad accusarsi tra loro: in una recentissima intervista alla CNN, l’ex direttore della NSA James Clapper ha puntato il dito direttamente contro Obama, accusandolo di essere il mandante dell’operazione per delegittimare Trump.

Aggiornamento del 19-04-2019 – Il procuratore generale William Barr ha affermato il 10 aprile scorso, durante un’audizione al Congresso, che a suo avviso potrebbero esserci state irregolarità nelle attività di spionaggio della campagna di Trump. Da chi ha familiarità con la figura di Barr, avvocato e politico di lungo corso, noto per l’equilibrio delle proprie dichiarazioni, queste parole vengono interpretate come foriere di azioni giudiziarie verso altissimi ex dirigenti delle “agenzie a tre lettere” (FBI, CIA, NSA). Veementi quanto inefficaci le reazioni da parte democratica, forti del consueto appoggio dei mainstream media. Il 18 aprile 2019 è stato reso pubblico l’intero report dell’inchiesta Mueller, con gli omissis a norma di legge. Il caso Trump-Russia collusion, già morto, è stato definitivamente sepolto. La fine dell’inchiesta Mueller ha spostato l’amministrazione Trump da una posizione di difesa ad una di offesa, mentre al contrario i democratici sono ora sulla difensiva. Dall’analisi del report e degli eventi che hanno portato alla sua redazione, risulta evidente che l’inchiesta Mueller è stata prorogata ben oltre quello che avrebbe dovuto essere il suo termine naturale (non sussistendo alcuna prova di collusione), con il duplice scopo di far cadere Trump nella trappola dell’ostruzione alla giustizia con qualche atto avventato (come il licenziamento di Rod Rosenstein o dello stesso Mueller) e di avere un forte argomento di propaganda per le elezioni di medio termine del 2018.

Aggiornamento del 01-05-2019 – È stato reso noto da Joseph diGenova (ex procuratore generale del District of Columbia) che, a breve, dovrebbe uscire la relazione di un’investigazione sui crimini dell’ex direttore dell’FBI James Comey. Questi, in uno strano tweet in codice del 27 aprile (le informazioni contenute nel tweet e riguardanti i suoi precedenti lavori non risultano essere vere), avrebbe annunciato, per ritorsione, diversi attentati (fino a cinque, secondo l’interpretazione) di presunti jihadisti, uno dei quali sarebbe appena stato sventato [4].

Tra quelle degli “alti papaveri”, la testa di James Comey potrebbe essere la prima a cadere (nell'immagine sopra, il tweet di James Comey decodificato).

Aggiornamento del 16 maggio 2019 – Il 13 maggio 2019 il procuratore generale Barr ha nominato ufficialmente John Durham, procuratore degli Stati Uniti in Connecticut, per condurre indagini sull’origine dell’inchiesta sulla presunta collusione tra Trump e la Russia. La mossa era stata a lungo invocata dal presidente americano. In realtà, si evince da documenti ufficiali che Durham ha avviato l’inchiesta già da diverse settimane. All’inchiesta stanno collaborando gli attuali vertici della CIA, dell’FBI e il DNI (Director of National Intelligence).

Aggiornamento del 21 maggio 2019 – Sulla base della decodifica nell’immagine sopra riportata, è stato annullato l’evento scolastico “Blue Marble Jubilee” previsto per l’11 maggio a Grass Valley (California), evitando quasi sicuramente una strage (vedi: https://www.theunion.com/news/crime/report-of-pipe-bombs-leads-to-womans-arrest-in-grass-valley/ ). Se i membri del deep state sono ridotti a mandare i messaggi in codice via Twitter,è segno che le altre vie di comunicazione sono precluse. Bisogna aggiungere che uno degli effetti (voluti) di QAnon è stato quello di “addestrare” milioni di persone a riconoscere e decodificare messaggi di tipo militare, creando quindi un’effettiva barriera a comunicazioni di questo tipo effettuate allo scoperto.

Aggiornamento del 24 maggio 2019 – Trump ha ordinato la desecretazione della documentazione FISA. Le voci che volevano James Comey come primo altissimo funzionario a cadere erano solo pretattica (Q#3344). Si inizia quindi con il boccone più grosso. La visita di Trump nel Regno Unito, prevista per il 3 giugno, cade, non a caso, in un momento in cui il presidente americano si presenta forte della desecretazione di documenti che comprovano la complicità del governo britanno nell’operazione di spionaggio ai suoi danni (non è da escludere che le dimissioni della May possano essere legate anche a questo) e della probabile vittoria elettorale di Nigel Farage e delle forze populiste e anti-UE alle elezioni europee.

Il caso McCain

Il senatore dell’Arizona John McCain, eletto in Senato ininterrottamente dal 1987, candidato repubblicano alle presidenziali del 2008 ed eroe della guerra in Vietnam, è ufficialmente morto per le complicazioni legate a un tumore al cervello il 25 agosto del 2018, all’età di quasi 82 anni. Fin qui non ci sarebbe nulla di strano, se il board di QAnon (di cui parleremo in seguito) non avesse annunciato, attraverso un particolare codice, il giorno e l’ora esatta della comunicazione della sua morte con un mese di anticipo e se al suo funerale non fossero stati mandati particolari messaggi, sempre in “codice”, all’interno di alcune orazioni funebri, tra le quali quella del quasi centenario Henry Kissinger. Dall’analisi di tutti i fatti, emerge che McCain sarebbe stato processato, condannato a morte e giustiziato [5] da un tribunale militare segreto con l’accusa di tradimento per aver ceduto alla Corea del Nord la tecnologia di una classe di satelliti militari, denominata Lodestar, per la creazione di impulsi elettromagnetici, dando così allo stato asiatico la potenzialità di scatenare il caos mondiale.
La disamina delle posizioni politiche di McCain, il fatto che abbia, di persona, passato il dossier Steele all’FBI (che ne era comunque già in possesso), il fatto che abbia cambiato il proprio voto all’ultimo istante, impedendo l’abolizione dell’Obamacare (la cui sostituzione è un punto cardine delle politiche sociali di Trump) e il fatto che la sua partecipazione a diverse riunioni in Medio Oriente con i capi dell’ISIS sia documentata in maniera inconfutabile, ne fanno di sicuro un membro del deep state. Una nota (apparentemente) di colore: durante i suoi funerali, trasmessi in diretta tv nazionale, Trump, non invitato, era impegnato a giocare a golf.



Nelle immagini sopra si vede McCain a colloquio con esponenti dell’ISIS. L'uomo nel cerchio rosso, a sinistra della terza foto, è Abu Bakr al-Baghdadi. I militari americani sono venuti in possesso alcune di queste immagini “prelevandole” per via informatica direttamente dagli smartphone dei protagonisti. Altre immagini sono state twittate dallo stesso McCain nel 2013, facendo passare i vertici dell’ISIS come combattenti siriani per la libertà.
(continua)
(Testo del 9 marzo 2019 con aggiunte successive)

[1] : https://theupliftingcrane.wordpress.com/2018/03/09/trumps-executive-order-for-military-tribunals/
[2] :
[3] :
[4] : https://www.cbsnews.com/news/mark-domingo-arrested-long-beach-terror-plot-foiled-america-needs-another-vegas-event/
[5] : “McCain è stato messo a morte”: il lapsus freudiano (?) di John Kasich, governatore dell’Ohio