Ci sei o ci fai? Analfabetismo funzionale in Italia

“Ci sei o ci fai?”

Chi non si e’ mai fatto questa domanda?

A volte capita di parlare, o in generale interagire (in chat, con commenti in un post, ecc.), con persone che sembrano non capirci. Ma non capiscono davvero o fanno finta?

Personalmente, se capisco che l’altra persona “ci fa” cioe’ mi prende in giro, solitamente sto al gioco e controbatto. Ma se l'interlocutore diventa offensivo preferisco troncare il discorso.

In alcuni casi pero’ le persone “ci sono”, cioe’, veramente, non capiscono i concetti, le idee, le opinioni che l’altra persona vorrebbe esporgli. Mi riferisco a persone che non hanno deficit di comprensione dovuti a particolari patologie. Mi riferisco agli analfabeti funzionali.

Analfabetismo funzionale

Di cosa si tratta?

Una persona analfabeta non è in grado di leggere e scrivere. Al contrario, un soggetto funzionalmente analfabeta sa leggere e scrivere, nonché svolgere calcoli matematici, riesce a comprendere il significato delle singole parole, ma non riesce, o comunque ha molta difficolta’, a formulare un riassunto di senso compiuto di quanto letto. Le caratteristiche comportamentali di un analfabeta funzionale si possono riassumere così:

  • incapacità di comprendere a fondo articoli, testi o altro genere di materiale informativo

  • difficoltà nell'eseguire calcoli matematici semplici, riguardanti la contabilità, piuttosto che uno sconto su un prodotto in vendita

  • scarsa abilità nell'uso dei principali strumenti informatici

  • conoscenza superficiale degli eventi e dei fenomeni storici, scientifici, sociali, politici ed economici

  • tendenza a generalizzare partendo da episodi poco rappresentativi o marginali

  • larghissimo uso di pregiudizi e stereotipi

  • scarso senso critico, incapacità a distinguere le notizie vere da quelle false, tendenza a credere a tutto ciò che si sente o si legge e a distinguere le fonti attendibili da quelle palesemente false; molto spesso gli analfabeti funzionali sono sostenitori di teorie pseudoscientifiche e complottiste

Chi sono gli analfabeti funzionali e perché nel nostro Paese sono così tanti?

C'è da preoccuparsi o bisogna semplicemente interrogarsi circa le cause di quello che somiglia sempre più ad un vero e proprio disastro sociale? Gli analfabeti funzionali appartengono a tutte le fasce d'età, non hanno ricevuto un'istruzione adeguata e nella maggior parte dei casi svolgono professioni non qualificate. Spesso si tratta di giovani o giovanissimi che vivono con i genitori senza studiare o lavorare. Provengono da famiglie nelle quali non si bada all'istruzione e alla cultura e non hanno mai letto un libro in vita loro. È questo il ritratto dell'analfabeta funzionale, colui che non è in grado di comprendere il significato delle istruzioni riportate su un semplice foglio illustrativo o che non riesce a risalire ai contatti (indirizzo email o numero di telefono) riportati su un qualsiasi sito internet. Oggigiorno, più di un italiano su quattro fa parte di questa categoria: il nostro Paese occupa una delle posizioni più basse all'interno della recente graduatoria fornita dal programma Piaac; è penultima in Europa per livello di competenze (seguita dalla sola Turchia) e quartultima su scala globale tra i 33 paesi indagati dall'Ocse. I motivi? Disaffezione alla cultura, scarso interesse per il cinema e la lettura e, soprattutto, un sistema scolastico che va riconsiderato.

Un fenomeno trasversale

L'identikit dei nuovi analfabeti è variegato: si tratta, infatti, di un fenomeno che riguarda disoccupati, lavoratori, pensionati e giovani in attesa del primo incarico. Soltanto il 10% di questi è disoccupato; la maggior parte fa lavori manuali e poco più della metà sono uomini. Inoltre, uno su tre ha superato i 55 anni d'età. Per quel che riguarda la distribuzione geografica, le aree più a rischio sono il nord ovest e il sud della Penisola, che da sole ospitano oltre il 60% degli analfabeti funzionali. A tracciare le caratteristiche di questa fascia della popolazione è l'Osservatorio Isfol , che descrive in maniera dettagliata il fenomeno all'interno dell'articolo "I low skilled in Italia" . Lo studio è nato all'indomani della pubblicazione della ricerca effettuata dall'Ocse, che ha mostrato quanto sia diffuso un fenomeno che rischia di incidere in maniera sempre più determinante sulla vita sociale e politica del Paese. Fra i risultati che hanno destato maggior interesse, il netto incremento degli analfabeti funzionali con l'aumentare dell'età: se nella fascia 16-24 anni i "low skilled" rappresentano il 20% del totale, tra gli over 55 superano il 41%. Questo accade perché non tutti coloro che sono nati prima del 1953 hanno usufruito della scolarità obbligatoria, ma anche perché gli adulti soffrono maggiormente del cosiddetto "analfabetismo di ritorno". Ciò vuol dire che se non vengono adeguatamente coltivate, vanno smarrite anche le conoscenze e le competenze acquisite in passato.

Come si manifesta l'analfabetismo funzionale?

Il fenomeno tende a manifestarsi in maniere differenti. Uno degli esempi più noti dei nostri giorni riguarda l'abitudine di credere alle bufale che intasano sempre più i social network e che stanno diventando il pane quotidiano di tutti coloro che si collocano nella fascia culturalmente più bassa della popolazione. L'analfabetismo funzionale consiste nel non conoscere i nomi dei nostri parlamentari (magari dopo averli votati), nell'ignorare completamente la geografia del territorio in cui si vive, le origini e la storia della propria città. L'abitudine a parlare, magari con l'arroganza di chi vuole avere ragione a tutti i costi, viene spesso fiancheggiata da conoscenze scarse o addirittura nulle. Spesso l'ignoranza tende a sfociare nell'integralismo, nell'intolleranza e nel razzismo. Fattori questi, in grado di minare il tessuto sociale e ripercuotersi sulla vita economica e politica del Paese. Danni che spesso diventano molto difficili da riparare e che sono capaci di innescare vere e proprie reazioni a catena.

Perché la scuola italiana non riesce ad arginare il fenomeno?

Nel nostro Paese il 25% della popolazione non possiede nessun titolo di studio o, al massimo, può vantare la licenza elementare. Di certo la scuola non rende intelligenti, ma fornisce strumenti più o meno raffinati attraverso i quali poter realizzare le proprie qualità individuali. Esistono centinaia di low skilled laureati o diplomati, ma resta molto più probabile trovarne fra coloro che non hanno alcun titolo di studio. Qualche anno fa, Tullio De Mauro, uno dei linguisti italiani più noti, affermava che oltre il 50% degli italiani si informa, vota e lavora affidandosi esclusivamente a capacità di analisi elementari: analisi alle quali sfugge gran parte della complessità di un evento e che tende a semplificare o a spiegare con un accaduto slacciato o poco rilevante argomenti come le guerre, la crisi economica, la politica. Un dato impressionante è quello riportato dall'Istat: il 18,6% degli italiani nel 2016 non ha mai aperto un giornale o un libro e non è mai andato al teatro o al cinema. In pratica, un italiano su cinque ha vissuto di sola televisione e internet. È facile immaginare in che modo queste persone abbiano preso parte alla vita sociale del Paese, abbiano scelto chi votare e non votare. Tali scelte sono state prese soltanto attraverso reazioni di pancia, imboccate da una o dall'altra fonte, ma, quasi mai, in maniera ragionata.

Uno dei protagonisti di questo fenomeno è la scuola, il nostro sistema educativo. È evidente che le scelte che stanno alla base della costruzione del nostro modello scolastico hanno fatto più danni che altro. Se l'Italia negli ultimi anni ha destinato alla ricerca scientifica soltanto la metà di quanto fatto da una nazione come la Bulgaria, evidentemente c'è qualcosa da riconsiderare. E sarebbe opportuno farlo in fretta.

Qual è l'impatto dell'analfabetismo funzionale sulla vita sociale e politica italiana?

Alcuni sostengono sia devastante; altri minimizzano. Quel che è certo è che un numero sempre più elevato di persone sta lentamente porgendo la mano ad un fenomeno difficile da risolvere e che necessita di tanta forza di volontà. È troppo facile evitare di informarsi, di scegliere fonti appropriate, di leggere, di ascoltare chi ne sa più di noi. Ed è altrettanto semplice impigrirsi, limitarsi a scorrere la home di Facebook, leggere soltanto ciò che interessa, tralasciare puntualmente gli argomenti seri o culturali, credere a ciò che il web ci propina senza fare alcuna distinzione tra notizie attendibili e false. Tutto ciò, a mio parere, ha un forte impatto sulle capacità di scelta dei propri rappresentanti politici cioè coloro incaricati da noi a prendere le decisioni più importanti per il bene comune. C'è inoltre chi sostiene che non sia affatto raro trovare tra gli stessi politici lampanti esempi di analfabeti funzionali (ed io gli credo).

L'impatto dell'analfabetismo funzionale nella gestione dei risparmi

Può avere questo fenomeno un effetto sulla gestione economica del singolo o della famiglia? Assolutamente sì e a dircelo è lo studio formulato dall'’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), secondo il quale chi appartiene a questa categoria ha una probabilità cinque volte più alta di avere livelli di competenza insufficienti. E tra queste competenze figura anche la capacità di svolgere calcoli complessi e portare il conto delle spese e delle entrate mensili. Certo, esistono molti individui che fanno della praticità una delle loro caratteristiche migliori, eppure la disaffezione all'istruzione e alla cultura rischia di creare danni anche dal punto di vista economico. Un esempio è quello del gioco d'azzardo patologico in cui l'analfabetismo funzionale si manifesta con l'incapacità di applicare le leggi statistiche alle giocate. Considerando e valutando correttamente tali leggi infatti a nessuno verrebbe in mente di giocare, sapendo che, quasi certamente, andrà a perdere.

Come ridurre il problema?

La scuola italiana deve riconsiderare le proprie strategie, rendendo più appetibile l'istruzione e la cultura. Appassionarsi alla storia, alla geografia, alla filosofia o a qualsiasi altra materia è l'unica maniera per divincolarsi dai tentacoli dell'ignoranza sviluppando, nel contempo, un senso critico.


Vorrei concludere con una domanda, partendo dalla funzione che l'alfabetizzazione dovrebbe avere.
Secondo l'UNESCO l'alfabetizzazione deve essere non solo "un processo personale per acquisire abilità cognitive di base" ma sopratutto un modo di "utilizzare le competenze acquisite per contribuire allo sviluppo socio-economico, attraverso la riflessione critica...". Migliorare le competenze e le capacita' critiche dell'individuo per migliorare la societa', questa deve essere la funzione dell'alfabetizzazione.
Se siete d'accordo con questa definizione di alfabetizzazione, vorrei che provaste a riflettere su un aspetto importante della nostra vita sociale: il voto politico.
Premesso che il diritto di voto è sacrosanto la mia domanda è la seguente: è giusto che il voto di un analfabeta funzionale abbia lo stesso valore di quello di un persona alfabetizzata funzionalmente?
E se prima di votare venisse fatto un test ?10 domande : 10 risposte esatte affinche’ il tuo voto valga 1 , rispondi esattamente solo a 5 domande? il tuo voto varra' 0.5, nessuna risposta esatta? "Ritenta sarai più fortunato"
Mi piacerebbe leggere qualche commento in merito a questa proposta o raccoglierne altre.
Grazie a tutti per la lettura.


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