La luna blu di Kasiha (by @kork75)

Un anno prima…

“Quando la luna blu è allo zenit del grande monolite raffigurante il sacro pesce Kasika, il Gran Zunika discende le ripide scale dell’antico tempio del dio Kas. Lì, tra la costa rocciosa e la spiaggia, il primo giorno di luna blu si tiene la più importante processione del culto kasikuno. La statua raffigurante il dio Kas, di pregiato legno intarsiato e dipinta di blu cobalto, viene ornata di preziose perle e coralli. Cinta di seta pregiata, dopo essere stata imbarcata su un peschereccio viene trasportata al largo, fino allo Scoglio della Memoria. Là, una vite solitaria (detta della vita), cresce rigogliosa sulla nuda roccia; sferzata dai venti e dalle onde viene omaggiata al dio Kas per via del suo miracoloso frutto. Quegli acini d’uva blu, fin dai tempi della genesi di Selenya, sono simbolo di buona fortuna per ogni uomo di terra che prende la via del mare”.

Si apre così la tavola relativa ai rituali dedicati alla luna blu. La tavola originale, scritta in kasihano antico e parafata con il sigillo divino dal primo Gran Zunika all’inizio dei tempi, quando i primi uomini del mare cominciarono a venerare il sacro monolite blu, è la più celebre e conosciuta non solo nel regno di Kasiha, ma in tutto l’Impero. La sacra scrittura fa parte di quel voluminoso tomo che è L’archivio delle antiche scritture, il libro sacro per il popolo protetto dal dio Kas. Oltre ad essere una preziosa guida religiosa e spirituale, narra l’epopea del popolo Kasiha e del suo lungo pellegrinare per i mari di Selenya, descrivendone l’epica traversata su gusci di legno trainati dai mitologici Kasika, guidato dagli astri e protetto dalla luna blu: “dalla terra al mare e dal mare alla terra son tornati”, così recita la frase più celebre del sacro testo.
Quegli uomini e quelle donne portarono a termine un'impresa ardua e pericolosa, nata e compiuta per mostrare la via della verità all'essere umano, al fine di aiutarlo a vincere la paura degli abissi e per insegnargli a confrontarsi con le avversità della vita.


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“Quanto fu possibile alla divinità e all'eroe, sarà certo possibile a tutti. Di quell'esempio si ricorderà e se ne celebrerà, con fede, l’imperituro ricordo: ad ogni luna blu!” Con quelle parole, rivolte all’enorme folla presente al tempio e pronunciate con lo sguardo indirizzato al cielo notturno tempestato di stelle e illuminato dal color cobalto, il Gran Zunika concluse la cerimonia del primo giorno di luna blu.

L’Eccelso, al termine della funzione, si incamminò a passo svelto verso il Gran Zunika e stringendolo in un forte abbraccio gli confidò: “Ho pregato affinché alla fine della tempesta il mare possa offrire all'uomo le sue ricchezze… Grazie Gran Zunika, grazie per la tua infinita misericordia, grazie per proteggere con i tuoi riti l’uomo che affronta gli oceani”.

Il Gran Zunika, tenendo le mani appoggiate in modo fraterno sulle spalle del regnante, lo guardò negli occhi e replicò: “Come dicevano alcune parole di quel sommesso canto: la tua grandezza non conosce la prigione del tempo, ma la tua generosità può concedere all'uomo il tempo della buona stagione… Vedrai mio signore, i segni di presagi nefasti resteranno tali. Il nostro popolo è il popolo del dio Kas e lui non permetterà mai di farci vivere nell’ombra”.

L’Eccelso chiamò con un cenno di mano la sua Regina e la delegazione reale, distanti di qualche metro. Appena ella le fu a fianco, si rivolse a entrambi con tono pacato: “Mia Regina e mio altissimo, domani è il grande giorno per voi due. È la venticinquesima volta che tagliate il nastro blu, nonché l’ultima per te, vostra Grazia. Fate sì che sia un evento da ricordare!”
La regnante, inchinandosi in segno di rispetto al Gran Zunika alzò il capo e, con un triste sorriso, domandò al consorte: “Eccelso, mio signore, allora hai già deciso; rientri a Si? Questo mi addolora”.

“Mia Regina, lo sai che anche se questi sono giorni di festa i miei impegni con il Gran Consiglio hanno la priorità su tutto. Ti prometto che tornerò per l’ultima settimana di luna blu”. Poi, approfittando di un momento di distrazione del sacerdote intento ad applaudire il passaggio dei novizi Zunika, sussurrò amorevolmente nell’orecchio della sua amata: “Cara, quando torno ti porto all’opera. Il maestro Gastka terrà un concerto sul lungomare… Mi raccomando, non dire niente al Gran Zunika, sai che detesta quell’uomo e lo considera un degenerato senza dio”. Sorridendo la strinse a sé e la baciò sulla fronte.


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Il Gran Zunika si congedò formalmente dai due reggenti e dalla rappresentanza reale. Poi tra due ali di folla festanti iniziò la lenta discesa delle ripide scale del tempio. Prima di ritirarsi nei fastosi alloggi sacerdotali, ai piedi dell’edificio sacro, il sacerdote strinse migliaia di mani, incontrò giovani e anziani, accarezzò bambini ed elargì benedizioni. La guardia cittadina ebbe il suo daffare a contenere l’esuberanza del popolo Kasihano. Un popolo, quello del mare, che come ogni anno, in occasione della prima luna blu, dichiarava apertamente il suo amore incondizionato verso il proprio padre religioso, custode, guida spirituale e protettore del regno.

La delegazione reale composta da un centinaio di persone, tra membri del Consiglio e relativi familiari, attese con pazienza sulla terrazza del tempio che il Gran Zunika insieme al suo seguito lasciasse definitivamente il luogo sacro.
“Se non fosse per la festa del mare non metterei mai piede a Ha. L’hai visto, è così da sempre, il popolo lo adora” disse Kama con tono sprezzante rivolgendosi all’Eccelso, mentre indicava il Gran Zunika ormai prossimo all’ultima rampa di scale.

“Certo che l’adora, l’adoriamo tutti quel vecchio visionario rincoglionito” ribatte ridendo il sovrano.

“Vuoi sapere come la penso? Il potere del Gran Zunika tiene per le palle il tuo regno, mio Eccelso”.

“Taci! Se non fossi mio cugino ti avrei già consegnato al Bargello! Probabilmente con queste parole pronunciate in presenza di qualcun altro, la tua lingua ora sarebbe pastura per i pesci… Però devo riconoscere che in parte hai ragione. Anch’io non vengo volentieri in questa città, c’è troppa puzza d’adulazione per tutto questo”.

“Tu sei L’Eccelso, tu un giorno farai parte del Consiglio Supremo di Kasiha. Regnare e governare, caro cugino, è ben altro che recitare preghiere, fare processioni o guardare dentro uno specchio... Che poi cosa ci vede lo sa soltanto lui. Presagi funesti, dice. Suvvia, siamo seri...

“Ti avverto, di questo passo stai andando verso la blasfemia” , replicò l’Eccelso ridendo.


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Continua…

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