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L'osteria il corallo blu (by @kork75)

L’osteria il corallo blu

“Lo senti? L’odore di erbe aromatiche, intendo. Vuoi mangiar bene mio Signore? Per mangiar bene basta fermarsi alla prima insegna” , disse Sike con orgoglio, indicando l’insegna di un'osteria.

“Cucina ghiotta e cordialità, altra specialità di Ha… Dopo le preghiere e i sermoni del Gran Zunika” , rispose Make sgomitando tra la smisurata calca che affollava gli stretti vicoli del centro storico.

“Questi maledetti abitanti di Ha non ammettono che nella loro città si possa mangiare male, ma poi alla fine hanno ragione loro. Ecco perché ogni anno torno volentieri alla festa del mare” , specificò sorridendo il “Cugino” al suo fidato scudiero.

I due con fatica cercarono di stare al passo di Sike, il loro vecchio amico e commilitone. Gli stranieri che affollavano la città nei giorni di luna blu lo sapevano bene che questa era la patria culinaria di Kasiha. Si arrivava a Ha, si posava il proprio bagaglio e si usciva dalla locanda. Anche senza sapere in che direzione dirigere i propri passi, non si poteva sbagliare, bastava seguire il flusso festante delle centinaia di pellegrini per arrivare sul lungomare, dove da almeno mille anni, in occasione della festa del mare, si teneva la più grande fiera del regno con più di mille banchetti. Dopo circa mezz'ora di faticoso cammino, i tre arrivarono all’osteria che stavano cercando: Il corallo blu. Kama alzò lo sguardo e vide la penzolante insegna con i colori stinti dalla pioggia e dal sole. Fra di sé pensò che una volta probabilmente doveva essere di un acceso blu cobalto, ora invece si leggeva a fatica la parola corallo. L’entrata non era sicuramente delle più regali: due gradini consumati e due misere pianticelle grasse ai lati dell’ingresso. Il vecchio portone in legno scardinato era sdraiato lungo il muro ed era stato sostituito da una tenda stropicciata, in modo che da fuori non si potessero vedere gli avventori consumare i propri pasti. Sulla parete scrostata dell’edificio, proprio sopra lo stipite della porta, una lanterna accesa illuminava l’ingresso. Sike spostando con la mano il drappo e curiosando all’interno commentò:
“Signori, accomodiamo lo stomaco!”



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Appena i tre entrarono nel locale, l’odore della cucina entrò di prepotenza nelle loro narici, un odore di intingoli delicatissimi insaporiti d'olio e di erbe aromatiche.
L’oste, un uomo tracagnotto e pelato con il grembiule attorcigliato alla cintola, gli si fece subito incontro e li salutò con un gesto di benvenuto:
“Buona festa della luna, stranieri! C’è posto là in fondo. Intanto la casa vi offre un assaggio dei nostri vini”.

Una ragazza dalla carnagione olivastra e dai lunghi capelli bruni li fece accomodare, asciugò i bicchieri con una pezza e li mise al centro del tavolo, poi attese l’arrivo dell’oste reggendo un'enorme brocca con entrambe le mani.

“Amico, cosa ci offri?”, chiese Make mentre si sistemava comodo sulla panca di legno.

“Un rosso di Si nato tra sassi di vite bassa, per cominciare” e senza altre parole versò il vino.

“Senti oste, qualcosa di più nobile?”, ribatté Kama ridacchiando.

“Certo mio signore, abbiamo vini che non sfigurerebbero alla tavola del Gran Zunika. Un blu di Ka dal profumo delicato e dal sapore amarognolo. Oppure quel bianchino secco color paglia, dal sapore intenso delle valli dei Monti Kurska”.

Nel frattempo l'oste fece cenno alla ragazza di portare altro vino, e si prodigò a dare consigli per la cena: una fettina di prosciutto come antipasto, un fritto di animelle e carciofi, una bistecca alla brace con insalata d'orto e patate novellle. L'uomo ci tenne poi a specificare che la specialità della casa era il pesce, ma come ordinato dai rigidi precetti della religione kasikua, nel primo giorno di luna blu era severamente vietato cibarsene. Per cominciare i tre presero una zuppa di fagioli e cavolo nero riscaldata sul fuoco e condita con olio, sale e pepe.



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Appena la bruna cameriera e l’oste lasciarono i tre in attesa delle loro zuppe, Kama guardò intensamente il vecchio amico e, abbassando il tono della voce, gli domandò:
“Sike, allora è questo il posto? Lo sai che rischio tantissimo per essere qua stasera. Se però usciamo di qua con un accordo, come prevedo, non mi tirerò certamente indietro e andrò fino in fondo”.

“Quando il nostro uomo entrerà da quella porta, si siederà al nostro tavolo e ci guarderà in volto, sarà già troppo tardi per tirarsi indietro mio signore, saremo già coinvolti in qualcosa più grande di noi. Una cospirazione contro il potere temporale del Gran Zunika è qualcosa di tremendamente pericoloso. Senti Kama, siamo ancora in tempo per alzarci e andarcene a fare compere alle bancarelle giù al porto, dimenticandoci di tutto questo”, replicò Sike versando altro vino nel bicchiere dei due.

“Cosa intendete per cospirazione?” , chiese sorpreso Make rivolto ai due.

Kama bevve un sorso di vino blu e si asciugò la bocca con il braccio, posò stizzito il bicchiere sul tavolo e rispose:
“Si tratta di un disegno perverso per ottenere la conquista, il dominio… Insomma, una cospirazione”.

“Kama non ti capisco. Parla chiaro!” , sbottò il fedele staffiere sbigottito, alzando il tono della voce.

“Dobbiamo sovvertire il potere del Gran Zunika. Screditarlo per arrivare al potere, per sovvertire l’ordine costituito”.
“Mio caro Cugino… Per Gran Zunika intendi quel Gran Zunika?”

“Perché amico mio, quanti ne conosci? Poi ricorda: non sono tuo cugino… Quel soprannome mi ha logorato. Volevo lasciare un segno tangibile in questi lunghi anni di attività politica, invece ho vissuto all’ombra dell’Eccelso e sono ricordato solo per il mio legame di sangue: ma ora basta! Mi prenderò la mia rivincita, a cominciare da quei spocchiosi e ciarlatani degli Zunika. Ecco perché è arrivato il momento di agire. E tu, caro Make, sarai come sempre al mio fianco?”

E in che modo? Stiamo parlando del Gran Zunika, della più alta carica religiosa di Kasiha. Il sacerdote più potente e rispettato di tutti, la millenaria guida del dio Kas per la nostra stirpe. Inoltre, da quello che sappiamo è un uomo onesto, integerrimo, senza ombre né macchie sul suo passato. Un uomo che ha dedicato tutta la sua vita al sacramento dell'ordine”, replicò preoccupato Sike.

Kama, per tranquillizzare l’amico in preda all’agitazione, riempì nuovamente il suo bicchiere e continuò con assoluta calma a esporgli il suo piano sovversivo:
“Disonorare e infangare il suo operato per danneggiare la sua figura, tanto da creare un caso che faccia discutere l’intero regno… Qualcosa ci inventeremo. Una volta fatto ciò, è indispensabile che all’interno del Gran Consiglio si crei una frattura tra i nobili e i Zunika tale da richiedere l’intervento dell'Anziano. Ti rifaccio la domanda, sarai al mio fianco?”

“Certo brutto idiota! Sarò al tuo fianco, come sempre! Però ricorda, la religione Kasikua ha milioni di seguaci nel regno e in tutta Selenya. Ci vuole uno scandalo di grande portata affinché il popolo si scagli contro i fedeli. La fede stessa dei fedeli dovrà vacillare a tal punto da mettere in crisi l’autorità del Gran Zunika, ma chi può fare tutto questo?”

Nel frattempo l’oste uscì dalla cucina, asciugandosi col grembiule la faccia arrossata dai fuochi. Al suo seguito la cameriera, che si presentò al tavolo con le tre zuppe fumanti.

“Allora signori, com’è il mio vino?”, domandò curioso e con una punta d’orgoglio il taverniere.

“Il vino? Potabile… Ora assaggiamo la tua zuppa, che sicuramente sarà insipida” , rispose ridendo Sike, strappando un sorriso anche all'ombroso e pensieroso Make. L’oste, seccato dalla battuta, borbottò qualcosa; offeso, girò le spalle ai tre e tornò in cucina seguito dalla ragazza.

“Mangia la tua zuppa, tra poco lo saprai chi può aiutarci nel nostro piano. È buona, non trovi?”, disse Kama rivolto al suo amico scudiero.

Continua...



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