SELENYA: L'OMBRA DI KASIHA: Al tempio (by @kork75)

Al tempio

Gli allegri amorini e le ninfe nude che decoravano le colonne del tempio attirarono la morbosa curiosità di Fida; poi il suo sguardo si spostò sul frontone raffigurante il dio Kas, fissandolo con una certa freddezza. Infine, annoiato dalla lunga attesa, si allontanò stizzito e si diresse al parapetto della terrazza; da lì scrutò l’orizzonte e riuscì a stento a intravedere la spiaggia e lo Scoglio della Memoria, avvolti da una fitta foschia. Sentì delle voci provenire dalla caletta sottostante. Incuriosito si sporse e seguì con lo sguardo il procedere lento di una barca. Il natante ondeggiò a fatica tra i marosi e accostò al piccolo molo di legno. Alcuni uomini, probabilmente zunika, scaricarono in banchina due voluminosi involucri color ocra. Il cielo cinereo e quel mare verde smeraldo agitato dalla tempesta della notte prima, con quel suo ritmico battito di schiuma sugli scogli, lo resero ancora più inquieto. Fida inspirò a pieni polmoni l’aria carica di salsedine. L'odore del mare gli ricordò che al termine di quella giornata avrebbe dovuto prendere servizio alle dipendenze del Capitano Draka.

“Un imbarco su un triremo d’assalto, non certo un incarico da cavaliere del regno. Questa Uka me la paga! Sono convinto che ci sia lui dietro il mio trasferimento dal Passo dell’Uva al Grande Oceano. Lo sa che odio l’acqua… Maledetto cinghiale”, rimuginò stringendo forte i pugni e scuotendo la testa. Sbuffando ritornò sui suoi passi. L’insistente garrito dei gabbiani che sorvolavano la rupe, lo portò a riflettere a quanto fosse esule in quella città di mare troppo lontana dalla valle del Kurska. La visione del beccheggio della barca gli provocò un senso di nausea. Quella strana sensazione gli ricordò di non avere mai avuto il piede marino, anzi soffriva tremendamente il mal di mare. Maledisse nuovamente Uka e tutta la flotta del regno. La sua camminata lenta e cadenzata si fermò a pochi metri dal pantheon; lì squadrò le cinque guardie impettite dinanzi al portone, con tono minaccioso si rivolse a quella fisicamente piazzata meglio: “Devo aspettare ancora tanto? Ehi dico a te? Sai chi sono?”. Il guardiano, impassibile nella sua lucente armatura, rispose:“Fida! Ti chiami Fida, cavaliere del regno. Chiunque impugni un'arma a Kasiha sa chi sei, ma al tempio devi rispettare le regole imposte dalle sacre scritture… Quindi, mio prode eroe, farai la tua anticamera come tutti i fedeli: ora rimettiti in coda!” Con un suo cenno del capo all'unisono gli altri quattro guardiani sbatterono il piede destro in avanti e passarono dalla posizione d’attenti a quella d’attacco, rivolgendo le lunghe picche in direzione del guerriero. Fida mimò in segno di scherno la loro reazione: puntò l’indice contro di loro come se fosse una lancia. Restò in quella posizione per un paio di secondi e ghignando replicò: “Fate in modo che non vi incontri in giro una di queste sere, sapete ultimamente sento l’impulso irrefrenabile di spaccare qualche cranio…” Si voltò scosse la testa e raggiunse il gruppo dei devoti.


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Immagine CC0 creative commons

La convocazione all'edificio sacro del dio Kas era giunta inaspettata e lo aveva colto di sorpresa. Dopo l’inutile colloquio con il Governatore che gli aveva riferito che al tempio non conoscevano nessun Pasi, aveva perso ogni speranza di riuscire a parlare con Ciske, l’allora Priore e l’attuale Gran Zunika. Mille interrogativi rimuginavano da giorni nella sua testa: “Tra non molto sarò al cospetto del Gran Zunika. Mi sono preparato un lungo discorso, provato e riprovato più volte, ho tante di quelle domande da porre a quell'uomo. Perché Pasi venne al tempio a cercare proprio te Ciske? Sicuramente sarà una delle prime. Inoltre, se veramente il Gran Zunika è un potente veggente, a costo di strangolarlo lo costringerò a guardare dentro quello specchio che dicono sia magico, per trovare mio zio… Risposte cerco risposte”. Tutti pensieri che la notte prima l’avevano tormentato, mentre il sonno disturbato gli riproponeva incubi di un terribile naufragio.
Il duro guerriero kasihano, prima che diventasse un valoroso e temuto cavaliere del regno, trascorse un’infanzia triste e infelice e solo il profondo legame d’affetto per lo zio lo salvò dal baratro della solitudine e dal suo destino da orfano. Suo padre fu un abile commerciante e grazie a lui, i coralli, le perle e le sete di Kasiha, divennero beni ricercati in tutta Selenya. Durante uno dei suoi innumerevoli viaggi l’uomo si invaghì e sposò una giovane donna di Neveluna. Fida e la sorellina Jassie vennero alla luce nella fredda Baronia dei Forestieri. Jassie all'età di tre lune si ammalò di peste blu: una rara malattia che colpiva i bambini kasihani di sangue misto. All’epoca a Kasiha la magia era riconosciuta legale e Pasi si dimostrò uno dei migliori guaritori del regno; sicuramente lo stregone aveva l’antidoto giusto per la nipotina, e quel viaggio con rotta verso i mari del sud era l’unica speranza per la piccola di casa. Il padre disperato seguì le indicazioni del fratello: abbandonò Alfhild e partì per Si. Passarono pochi giorni di navigazione e una violenta tempesta al largo delle gelide coste di Alfhild colpì il loro leudo; vane furono le preghiere e le invocazioni alla dea Kaja e al dio Kas, l’imbarcazione colò a picco portandosi dietro di sé tutti i suoi occupanti: alla furia del mare era sopravvissuto solo Fida. Il piccolo che aveva passato quindici giorni in balia delle onde, stremato e privo di sensi si era risvegliato a bordo di un veliero Kasihano e ad accoglierlo in un pianto di gioia e disperazione aveva trovato lo zio Pasi. Il mago, che aveva sognato la tragica fine dei suoi familiari, partì in soccorso al fratello, ma giunse troppo tardi. Fida il giorno che perse la sua famiglia aveva solo sei lune e sino all’età di quattordici visse con lo stregone che diventò suo padre e maestro. Con la messa al bando della magia e i violenti tumulti causati dai ribelli del Pugno Blu nei confronti del governo, i due si trasferirono da Si alla valle del Kurska. L’ovest del paese in quelle lune era l’unica area del regno dove le parole del Gran Zunika se le portava via il vento. Gli abitanti di quella rigogliosa valle erano da sempre troppo lontani dal tempio, dal monolite e dai palazzi del potere per interessarsi alle controversie di città; mentre i guerrieri dell’Eccelso presenti al Passo dell’Uva con la loro imponente guarnigione si preoccuparono maggiormente di difendere il confine dalle incursioni degli insorti che a dare la caccia ai maghi e alle streghe. La valle del Kurska con le limpide acque del fiume Kore era diventata per il giovane Fida il posto ideale dove vivere. I soldati di frontiera nelle loro sfavillanti armature e dai bianchi destrieri avevano acceso il suo ardore giovanile, tanto che lasciò lo zio e si arruolò nella fanteria reale. L’esercito fu ben lieto di avere tra i propri ranghi un giovane ardimentoso e valoroso come lui; anche se era evidente a tutti i suoi commilitoni che non era un kasihano puro: alto più della media, capelli biondi e una muscolatura possente su un corpo troppo pallido per un uomo del popolo del mare, per questo aveva dovuto lottare duramente per farsi rispettare e raggiungere l’appellativo di Cavaliere del Regno. Quella pelle chiara, quella chioma raccolta in una lunga treccia, unite alla sua ferocia sul campo da battaglia e ai suoi modi bruschi, lo avevano reso ben presto riconoscibile, famoso e rispettato in tutta Kasiha.


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Il cavaliere rientrò in coda e si accorse che il maghetto del Passo dell’Uva gli aveva disubbidito.
“Dove sei finito? Moccioso dove sei? Ti avevo detto di non muoverti da qui!” sbraitò.
“State cercando il ragazzino che era con Voi?”domandò una minuta devota in abito nero e velo. Fida fece di sì con la testa, e la donna gli indicò una scalinata laterale che portava a un porticato di legno color cobalto, adornato con vasi di gerani pensili e piante rampicanti.
“L’ho visto rincorrere un adorabile gatto…” aggiunse la donna dietro un dolce sguardo.
“Grazie! Pia donna, vuole farmi la cortesia di tenermi il posto… Vado a recuperare quel piccolo ficcanaso.”
Il fanciullo dalla scomparsa di Pasi aveva seguito il guerriero come un’ombra ovunque si recasse. Fida inizialmente era andato su tutte le furie, poi ci aveva fatto l’abitudine a quella silenziosa presenza, anche perché doveva onorare la promessa fatta allo zio: prendersi cura di lui sino al suo ritorno. Il nuovo incarico e l’imminente imbarco lo avevano costretto ad affidarlo all'unica persona di Si di cui si fidava ciecamente, la sua amica Bice. Si era reso conto che un bordello clandestino non era certo il miglior posto dove lasciare un ragazzino, ma meglio lì da Bice e le sue sorelle che nelle mani del bargello come gli aveva consigliato Uka. Per sincerarsi che il maghetto fosse veramente al sicuro e non braccato dalle guardie reali, dopo i funerali del Gran Zunika i due si diedero alla macchia per alcuni giorni. Al rientro in città la situazione politica e militare con l’insediamento del nuovo governo era mutata drasticamente, ma con la sua inaspettata convocazione al tempio, l’assetto del regno passò per Fida in secondo piano.
ll cavaliere salì le scale a passo svelto e non fece in tempo a chiamare il ragazzo che quando questi si voltò il suo sguardo si posò sopra un buffo gatto pezzato, di verde e giallo. Fida emise un grugnito rabbioso; con la mano sinistra afferrò il gatto per la coda e con la destra gli tappò il musetto. Insensibile al miagolio della bestiola la scaraventò giù dalla balconata, sentendo il fragile corpicino sbattere contro le rocce sottostanti in un sordo tonfo.
“Quante volte ti ho detto che non devi giocare con la magia? Lo sai che è pericoloso e la devi tenere nascosta! Tu sei la mia rovina. Ora corri vai a rimetterti in fila prima che qualcuno ci passi davanti, muoviti se non vuoi fare la stessa fine”, così dicendo assestò un potente calcio nel sedere al ragazzino che ruzzolò giù dalle scale. Il moccioso si rialzò e con un risolino diabolico si rimise accanto alla pia devota, che nell’attesa recitò le preghiere del mattino. Fida si sporse dalla balaustra per sincerarsi che nessuno avesse visto la strana creatura volare, restò di stucco quando vide che il gatto non si era fatto niente, anzi davanti ai suoi occhi tornò al suo manto naturale: un rosso tigrato. Il felino con due rapidi balzi risalì le rocce sottostanti e sparì dietro una pianta. Ancora furioso per quella marachella sentì una pesante mano che gli si posò sulla spalla; il guerriero si voltò di scatto alzando i pugni in posizione difensiva.
“Dicevo io che mi sembrava di conoscerla quella schiena… Fida, per le lune di Selenya che cosa ci fai qua al tempio?”
“Ti avverto di non venirmi mai più alle spalle in quella maniera, se non vuoi un pugno tra i denti. Sike sanguisuga pestilenziale fatti abbracciare, che ci fai tu in questo stramaledetto posto?”, rispose Fida sorridendo al compagno d’armi.

Continua

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Immagine di @carolineschell

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