1793

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Per immergersi nell’ambiente urbano della Stoccolma del 1793, nel racconto di questo romanzo storico svolto tra le perversioni di un’aristocrazia decadente e il degrado spaventoso delle zone abitate da un popolo impoverito e abbrutito, occorre vincere un senso di repulsione istintivo per la descrizione quasi maniacale di tutti gli orrori e le violenze che ne costellano la trama.

Siamo a ridosso della rivoluzione francese, la monarchia svedese è in crisi dopo l’assassinio di Gustavo III e in preda alla psicosi della rivolta popolare, mentre il popolo langue nella miseria, nella barbarie della superstizione, dell’ignoranza, della sporcizia, della fame, della spinta ferina alla sopravvivenza fisica che orienta a qualunque abiezione. E’ un quadro che non sembra riscattare la natura umana più bieca, latente dai primordi, ci si sente soffocare.

Eppure l’autore, Niklas Natt och Dag, che afferma di essersi ispirato anche a Umberto Eco, inserisce due personaggi, Cecil Winge, procuratore integerrimo, condannato a una fine imminente per la tubercolosi e allontanatosi da una moglie fedifraga, e il reduce Mickel Cardell, che ha perso un braccio nella guerra contro la Russia, che sembrano introdurre un elemento di speranza, un lucore portato dall’illuminismo nascente.

E’ un dramma ancora all’ordine giorno, quando non sappiamo spiegare il perché di tanta crudeltà gratuita ancora intorno a noi e però appare baluginare una forza che può lenire in parte il male di vivere.

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