Una Luna rosso Sangue - Pt.5 Il Silenzio

Avatar di Dragath-Xhul: un nome decisamente altisonante.

L’anziano regnante stava mischiando all’interno di una boccetta di vetro un pizzico di polvere nera luccicante insieme ad un liquido rosso e denso. Quel nome aveva cancellato completamente il passato di Tlahuil, una volta Arcimago della fiamma e Rettore dell’Accademia Arcana di Tepetl Ytzicotla. Un sacrificio enorme per uno studioso come lui…

“E allora MUORI e consegna il tuo titolo a qualcuno che sia più degno.” Disse una voce all’interno della sua testa, una voce che rimbombava come il suono di mille tamburi.

Tlahuil si massaggiò una tempia con la mano sinistra e borbottò: “Ti piacerebbe vero? Lo spirito di una divinità dentro il corpo decrepito di un vecchio. Che sensazione si prova?”

Un dolore acuto, simile ad un chiodo incandescente spinto a forza nella parte superiore del cranio, lo fece quasi svenire.

“Non prendermi in giro, mortale.” Rispose il Dragone. “Altrimenti…”

“…Altrimenti cosa? Sai bene che abbiamo uno scopo comune. Questa sarà la fatidica notte...”

La voce divina non rispose; vi fu un attimo di silenzio nel quale si udì solo il rumore del pestello nelle abili mani del mago, mentre macinava alcuni semi dall'odore pestilenziale.

Un’improvvisa folata di vento spalancò la finestra dello studio. Sulle ali della calda brezza alcune parole sussurrate raggiunsero l’orecchio dell’Avatar… la voce era quella di Ricoh, il suo Primo Scrivano. “Divino Avatar, la mia copertura è compromessa. Qualcuno ha scoperto il luogo dello scambio dei messaggi e mi stanno minacciando per consegnarvi delle false informazioni. Vi chiedo aiuto.” La folata di vento si affievolì sempre di più così come la voce dello Scrivano, fino a scomparire del tutto.

Tlahuil sospirò profondamente. Gli sarebbe dispiaciuto perdere Ricoh: tra tutti i leccapiedi del palazzo era quello che riusciva a sopportare meglio nonché l’unico mago capace presente a corte. Valutò per un attimo se andare a salvarlo di persona, ma aveva troppo da fare questa sera.

Impegni che avrebbero richiesto sacrifici sgraditi.

“I Forti vivono, i Deboli Muoiono” Disse la voce dentro di lui.

Tlahuil si sentì punto nell’orgoglio: forse aveva il tempo per un piccolo incantesimo che avrebbe potuto, o forse no, aiutare il suo scrivano. Lo pronunciò velocemente ed attese che il battito delle ali si perdesse nel buio della notte.


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Poi si rimise al lavoro: trovava sempre divertente irridere una Divinità.

Purtroppo Dragath-Xhul non fu dello stesso parere e, stavolta, il dolore lo fece svenire.

L’Ombra di Dragath Xhul: era questo il nome che veniva dato a Nahua nella corte del Dragone.

Nessuno conosceva la sua identità e prendeva ordini solo dall’Avatar, passandogli le informazioni attraverso un elaborato meccanismo di messaggi segreti.

Essere chiamata “Ombra” non le dispiaceva. Essere associata a Dragath-Xhul, invece, era qualcosa che la faceva imbestialire. Dopo anni passati a fuggire e combattere quel sistema di governo, ora ne era diventata un ingranaggio essenziale; stava spiando, rubando e combattendo per tutto ciò in cui non credeva.

Itochu le avrebbe messo su il solito broncio infastidito che tirava fuori quando erano in disaccordo. Quel broncio riusciva sempre a strapparle un sorriso: era così raro vedere un’espressione di stizza su quel volto perennemente gioviale.

Sorrise mentre si spogliava dei vestiti da odalisca con i quali era entrata nella Fossa e indossava i suoi consueti abiti neri e vaporosi, gli abiti che lei chiamava “da lavoro”. Il sorriso scomparve quando Nahua si ricordò che indossava gli stessi abiti il giorno in cui Itochu venne ucciso.

Lo faceva per lui e solo per lui: avrebbe stretto i denti e combattuto per rivedere quella stupida espressione imbronciata.

Mise in una sacca gli abiti succinti del suo travestimento ed uscì dalla stanza della locanda passando per la finestra. Si arrampicò su fino al tetto e si guardò attorno: era difficile riconoscere le guglie del Palazzo Reale in quelle notti senza luna, tanto più con quel pesante strato di nubi che nascondeva anche il chiarore delle stelle.

Oggi era il giorno in cui avrebbe incontrato di persona il Maelstrom Cremisi: l’Avatar aveva richiesto espressamente la sua presenza richiamandola d’urgenza, dopo più di un mese passato a gironzolare per Tlicalhua a far da galoppino. Chissà cosa voleva da lei…

“CRAAA CRAAA”

Il gracchiare di un grosso corvo la fece quasi cadere dalla sorpresa; era appollaiato su un comignolo a una decina di metri da lei e la fissava, con degli occhi che tradivano un’intelligenza fuori dal comune.


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Lei lo fissò per una decina di secondi. Sua madre le diceva che portava male fissare un corvo troppo a lungo, ma Nahua non credeva nelle superstizioni. Saltò su un tetto vicino e ricominciò a correre per raggiungere il palazzo.

“CRAAA CRAAA”

Il corvo riapparve dal nulla, stavolta poggiandosi sulla grondaia di un vecchio edificio pericolante. Stavolta Nahua vide nei suoi occhi non solo la furbizia animalesca, ma anche l’ardere di una fiamma… rossa come la Luna di Sangue.

Primo Scrivano di Dragath-Xhul: un titolo che serviva a ben poco in quella terribile situazione.

Ricoh era ad un centinaio di metri dall’ingresso del Palazzo, cercando con gli occhi e con le orecchie la presenza di nemici o alleati. L’incantesimo aveva avuto successo: l’Avatar era consapevole della sua situazione. Eppure intorno a sé vedeva solo ombre furtive che lo inseguivano e lo scintillare dei dardi sui tetti.

Si schiarì la voce e sussurrò: “Quello che state facendo è inutile. L’Avatar saprà istantaneamente che sto mentendo! È una Divinità, lo volete capire?”

Nessuna delle ombre gli rispose.

“Mi ucciderà! E poi verrà a cercarvi!”

Di nuovo, nessuna risposta.

Il cortigiano aveva esaurito tutte le frecce al proprio arco: evidentemente era una situazione dalla quale non poteva uscire con la dialettica. Se solo avesse avuto un diversivo, un attimo di tempo per poter pronunciare le parole di un incantesimo…

“CRAAA CRAAA”

Un grande corvo gracchiò sopra di lui e, con velocità sorprendente, calò in picchiata in un vicolo buio alla sua destra. Ricoh udì un urlo di dolore e capì che non avrebbe avuto una seconda occasione.

Scartò rapidamente a sinistra, nell'unico vicolo dove non gli sembrava di aver visto alcun inseguitore. Tirò fuori dalle sue tasche un pizzico di polvere bianca, chiuse gli occhi e la lanciò intorno a sé, sussurrando il più rapidamente possibile la formula dell’incantesimo; percepì come al solito il potere fluire dentro di lui, in una sorta di brivido estatico.

Quando riaprì gli occhi, sogghignò osservando il risultato del suo sortilegio: un semplice incantesimo di invisibilità. Abbastanza duraturo da permettergli di fuggire nel suo nascondiglio lontano dal palazzo.

Non aveva intenzione di incontrare l’Avatar: c’era qualcosa in tutta quella situazione che non gli tornava. Ricoh non mentiva: l’Onnipotente Sovrano poteva leggere nella mente. Avrebbe capito che il messaggio era falso: allora perché farlo tornare comunque a palazzo? Lì avrebbe anche potuto raccontare, sotto la sicura protezione della guardia reale, che era stato minacciato; che c’erano delle persone in strada che avevano intenzione di tradire Tlicalhua.

Non aveva senso.

Sgattaiolò fuori dal vicolo e cominciò a muoversi verso sud, quando vide un uomo vestito di nero in piedi al centro della strada, Il quale stringeva un medaglione con la mano sinistra ed una spada con la destra. Sussurrò alcune parole ed i suoi occhi per un attimo si illuminarono di una spettrale luce viola. Poi si volse verso Ricoh.

“È lì, dietro quella palma!” Urlò.

Una salva di dardi sibilò mortifera infilzandosi nel terreno intorno a lui. Uno di questi lo colpì di striscio sulla spalla; Ricoh non era mai stato ferito nella sua vita, e quel colpo gli provocò un dolore indicibile.

Cadde a terra e cercò di strisciare lontano dal suo inseguitore: ma l’uomo vestito di nero, che era evidentemente un fruitore di magia, si avvicinò a lunghi passi verso di lui e lo prese per il bavero alzandolo in piedi. Poi gli diede una spinta e disse: “Vai.” Indicandogli l’ingresso del palazzo.

In quel momento si udirono tre pesanti tonfi; dai tetti caddero sulla strada i corpi di tre persone vestite di nero che imbracciavano delle balestre pesanti, un rigagnolo di sangue scorreva sotto ognuno di loro.

Ricoh udì il sibilare del vento e l’uomo di fronte a sé si voltò di scatto alzando il braccio e bloccando un coltello lanciato contro il suo collo; poi un’Ombra scese agilmente dai tetti e atterrò con grazia felina sul selciato della strada, sfoderando due pugnali ricurvi e fronteggiando l’uomo armato.

Nahua non aveva molto chiara la situazione: aveva seguito il corvo fino ad un vicolo nel quale si precipitò in picchiata. Udì prima un grido di dolore e poi un ordine: i tre balestrieri appostati sui tetti presero la mira su una palma e fecero fuoco.

La cosa più strana non fu l’attacco dei balestrieri contro un albero: ma il fatto che la pianta stessa urlò di dolore.

Nahua aguzzo gli occhi e vide apparire dal nulla un uomo: il primo Scrivano. Qual era il suo nome… Ricoh. Era il suo contatto principale qui alla Fossa, colui che trasmetteva le sue missive a palazzo. Era minacciato da una figura nera che impugnava una spada e lo teneva per il bavero.

Improvvisamente, il suo scopo fu palese.

Con tre rapidi salti, inflisse tre stilettate al cuore dei balestrieri sui tetti del palazzo i quali caddero pesantemente oltre il parapetto. Poi prese attentamente la mira e lanciò uno dei suoi pugnali verso l’assalitore stando attenta a non colpire per sbaglio lo scrivano.

Nahua imprecò quando la sua arma si limitò a perforare il braccio del bersaglio invece che il suo collo. Si aggrappò agilmente ad una grondaia e scese al livello del terreno, sfoderando i suoi Kukri e preparandosi al combattimento.

La ragazza non era una guerriera: preferiva colpire dal buio e senza preavviso. L’unico vantaggio che aveva, rispetto all'uomo di fronte a sé, era la sua agilità.

Schivò il primo affondo ed il secondo, scartando di lato. Poi l’uomo mirò alla testa con un fendente: Nahua si abbassò appena in tempo ed un ciuffo della sua chioma corvina volò via reciso dalla lama nemica. Il colpo le aprì uno spiraglio: con una capriola ed un affondo preciso, gli recise il legamento del ginocchio sinistro facendolo cadere prono.

Nahua approfittò del momento per avvicinarsi a Ricoh: lo Scrivano stava quasi piangendo. “Oh per l’anima del Dragone, grazie, grazie, grazie!”

La ragazza sospirò sconsolata: “Aspetta prima di ringraziarmi.”

L’uomo si stava rialzando: mentre stringeva il medaglione una luce viola si sprigionò dal suo corpo e l’emorragia dietro il ginocchio e sul braccio si fermarono di colpo. Dietro di lui comparvero altri cinque guerrieri pronti al combattimento.

Ricoh deglutì rumorosamente e tirò fuori da una sacca un paio di piume ed un pizzico di polvere gialla… zolfo, dall'odore.

“Riesci a guadagnare una ventina di secondi?” chiese a Nahua, armeggiando con i reagenti magici e cominciando a pronunciare le intricate parole di un incantesimo arcano.

La giovane donna si era già mossa: gettò tra lei e gli assalitori un sacchetto con una miccia che esplose in un boato sordo, inondando il vicolo di uno spesso fumo bianco. Approfittò della copertura per scagliare a semicerchio intorno a lei un intero sacco di tripoli, poi estrasse i pugnali da lancio e si mise in ascolto con gli occhi chiusi.

“PRENDETELI!” Udì un ruggito oltre la coltre di fumo, seguito dai passi pesanti di uomini in armatura d’acciaio.

Nei venti secondi successivi accadde di tutto: le urla degli uomini quando misero piede sulle punte di metallo, i pugnali di Nahua lanciati alla cieca, lo stridere delle armi contro il muro e la parata tempestiva della ragazza che evitò a Ricoh di ritrovarsi con la testa mozzata un attimo prima che completasse il suo incantesimo.

La ragazza sentì un vento fortissimo scompigliarle i capelli, spazzando via la coltre di polvere che oscurava il vicolo; per un attimo non riuscì a vedere nulla, solo un caleidoscopio di colori e forme che vorticavano intorno a lei… chiuse gli occhi, e li riaprì solo quando si rese conto che il vento aveva cessato di spirare.

Nahua e Ricoh si ritrovarono sul tetto di un palazzo poco lontano. Lo scrivano sembrava stremato, e parlò affannosamente: “Ho usato uno… degli incantesimi più… complicati che conosca. Ci siamo trasformati… in vento, per pochi secondi… giusto in tempo per… salire sul tetto e…”

Nahua lo guardava stupefatta.

Dai piedi dello scrivano si stavano lentamente sprigionando delle fiamme; un fuoco nero che non sembrava arrecargli dolore, ma che stava divampando con forza sempre maggiore intorno alla corpulenta silhouette di Ricoh, contornata da una fioca luce spettrale.

Luce?

Nahua alzò gli occhi: dietro le nubi si intravedeva una forma sferica, perfetta e luminosa. Il bagliore era tenue ma stava lentamente aumentando di intensità. La ragazza si aspettava la luna bianca, essendo il primo giorno del mese di Kaja-tel; dopo sessanta lunghi giorni di assenza, si aspettava un ritorno alla normalità.

Ma la luce di quella luna non era bianca. La sua posizione non era all’orizzonte ma nell’azimut della volta celeste. I suoi raggi viola coprivano le guglie ed i tetti dei palazzi di un colore che…

…Che non avrebbe dovuto esistere.

Non esisteva un dio Viola. La luna non sarebbe dovuta spuntare dritta nel cielo. E Ricoh, il primo scrivano dell’Avatar, non avrebbe dovuto essere avvolto da fiamme nere che lo stavano consumando, in un silenzio spettrale che ammantava tutta la città… come se Tlicalhua stesse trattenendo il fiato in attesa della fine.

Infine, vi fu l’esplosione.

Forte come un uragano, nera come la pece.

Nahua ricordava di essere stata sbalzata lontano; di essere caduta e sospesa in aria per diversi secondi. Ricordava di aver sbattuto forte la testa, le spalle, la schiena. Ricordava di non sentire più braccia o gambe.

Ricordava il sangue. Troppo sangue: il suo.

Poi venne il silenzio della morte.

Immagine realizzata da @carolineschell per Selenya

Selenya: Le sei ombre della Luna - Presentazione e Contest

Selenya: Disegnatore Ufficiale per "Le sei Ombre della Luna" - Contest Artistico

Selenya: Risultato Contest Artistico

La Luna Rossa di Tlicalhua by @gianluccio
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Cap. 2: La prigionia
Cap. 3: L'accordo
Cap. 4: Sussurri nel vento

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Cap. 2: L'osteria il corallo blu
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Cap. 4: Il maestro

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Cap. 3: Apparizioni
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Cap. 2: la trasformazione
Cap. 3: il viaggio
Cap. 4: La scoperta
Cap. 5: I Prescelti

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Capitolo 2: Il verso dei tamburi
Capitolo 3: La fuga
Capitolo 4: Domande e sempre meno risposte
Capitolo 5: Artefatti e premonizioni


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