La Luna bianca di Alfhild - Pt. 6 Le origini

Erano passate diverse settimane da quando gli occhi di Cathrine si erano colorati di viola e Kuhgla non faceva che pensarci. Non gli sembrava possibile. Dalla notte dell’avvelenamento, aveva compreso che Alexander l’aveva avvelenata con un intruglio a lui sconosciuto ma, di sicuro, doveva entrarci qualche rituale magico: era questo il tassello che gli mancava. Tutti i suoi manoscritti, tutti i suoi anni di esperienza, non avevano portato quasi a nessun risultato; la Regina era ancora distesa nel suo letto, immobile, spaventata, incapace di parlare, ma viva. La sua allieva gli ripeteva queste parole cercando di tranquillizzarlo ma, nonostante questo, non riusciva a darsi pace.
Di sicuro una cosa poteva farla: doveva parlare con Freyja.
Era quasi l’alba quando la ragazza entrò in cucina per preparare la colazione; questa volta, però, il Sacerdote l’aveva preceduta.

“Non riuscivi a dormire questa notte, vero? Qua c’è cibo per un intero reggimento!” esordì lei.

“Troppi pensieri...” bofonchiò Kuhgla.

“Beh, oggi cosa hai deciso di fare? Tornerai da Cathrine?”

“Non so. Ho bisogno di parlarti Freyja. Penso sia ora che tu conosca i tuoi genitori, che conosca la tua storia. Le cose ultimamente stanno andando male, succedono cose strane. Non vorrei esser pessimista ma non voglio avere sulla coscienza il fatto di non averti fatto incontrare di nuovo la tua famiglia. Perciò...”

“Perciò?” disse Freyja soffiando sul tè bollente. “Ora sei tu la mia famiglia. Sei sempre stato la mia famiglia, caro Kuhgla. Tu mi hai cresciuta… Loro… Non hanno nemmeno mai scritto.”

“Lo so e ti ringrazio, ma devi comunque ascoltare quello che hanno da dirti. Glielo avevo promesso. Hai vent’anni, sei adulta, devi andare. E’ un ordine.”

La faccia del Sacerdote si fece sempre più seria e la ragazza notò che, stranamente, Kuhgla non aveva toccato nemmeno un pezzetto di pane. Era serio.
“D’accordo. Ecco perché hai preparato queste cose da mangiare.”

“Sono per il viaggio. Ascoltami bene. Tu provieni dalla cittadina di Vaihe, della Baronia dei Forestieri. Se parti ora, arriverai dopo il tramonto. Dovrai attraversare le montagne della nostra Baronia, segui il corso del fiume e ti ritroverai tra le colline dei Forestieri; dovrai attraversare il fiume e arrivare in città. Lì, chiedi della Famiglia Bhilka, quella è la tua famiglia.”

“E se non si ricordassero di me?”

“Basta domande Freyja, parti!”

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Le montagne erano ancora innevate nonostante da giorni avesse cessato di nevicare; il terreno era ghiacciato e la ragazza doveva fare attenzione a dove camminare. Mai come in quel momento aveva desiderato possedere una slitta con dei cani, sicuramente l’avrebbero aiutata in quella giornata di duro cammino. L’unica cosa che la distoglieva dal pensiero e dall’emozione di incontrare i suoi genitori era il paesaggio che la circondava: più avanzava, più si rendeva conto di quanto, in realtà, non conoscesse il Regno di Alfhild. Passare tutti quegli anni nascosta, le aveva precluso la visione di posti diversi, piante e animali diversi.
Dopo essersi lasciata alle spalle le alte montagne che era solita vedere, davanti a lei si aprì una distesa di colline verdi e, in lontananza, il fiume di cui le aveva parlato il Sacerdote. Tra le colline si intravedevano i piccoli tetti delle case della Baronia: era arrivata al confine.
Era emozionata, per la prima volta nella sua vita era partita sola per un viaggio.
Il vento le soffiava tra i capelli, ma non era il solito vento gelido a cui era abituata: era una brezza leggera, all’apparenza più tiepida; le colline erano decisamente meno difficoltose da attraversare.
Le prime abitazioni si facevano sempre più vicine e, ben presto, si rese conto che non erano affatto case, ma assomigliavano più a delle baracche. Erano fatte di legno e mal ridotte: alcune assi di legno erano fradice e zuppe di acqua.
Forse per abitudine, forse per timore, Freyja avanzava lentamente, stando ben attenta di esser sola.
Verso ora di pranzo arrivò sulla riva del fiume, dove decise di fermarsi per rifocillarsi e riprendere un po’ di energie.
Una volta seduta a terra, tirò fuori l’otre e iniziò a bere.

“Freyja? Siete voi?”
La ragazza sobbalzò e l’acqua le andò di traverso, iniziando a tossire.

“Perdonatemi! Non volevo farvi prendere uno spavento!”

“Joel? Cosa ci fate qui?”

“Sono stato chiamato per un incarico a Vaihe. Devo risolvere delle questioni con dei forestieri. Voi che ci fate qui? Una donna, tutta sola...”

“Beh, sono una donna e sono in grado di cavarmela da sola. Non mi conoscete abbastanza!”

“Non lo metto in dubbio… con questo caratterino!”

“Devo recarmi in città pure io. Mi ero fermata a riprendere fiato e mangiare qualcosa ma direi che ora posso ripartire… Beh, buon viaggio eh!”

“Almeno sapete come attraversare il fiume? L’acqua è fredda e presumo abbiate pensato ad attraversarlo con una zatter…”

“Oh, per la Dea Kaja! No, che idiota.”

“Ecco, si da il caso che ne abbia una poco distante da qui… Vi posso accompagnare nel viaggio, se lo ritenete opportuno. Mi farebbe piacere.”

“D’accordo, vi ringrazio tanto!”

I due camminarono qualche centinaio di metri e salirono sulla zattera del Generale. Attraversare il fiume fu un gioco da ragazzi, fortunatamente Joel sapeva come guidare la zattera e, soprattutto, il fiume non era molto ampio.
Una volta oltrepassato il fiume, ripresero a camminare insieme per le colline. Freyja non poteva fare a meno di osservarlo, forse perché era l’unica persona con la quale era riuscita a dialogare oltre al Sacerdote o forse perché, in realtà, si sentiva attratta da lui.
La cosa era plausibilmente reciproca: a Joel interessava Freyja ma non voleva essere troppo invadente; aveva capito che la ragazza aveva un bel caratterino. Per questo motivo, continuarono il resto del viaggio in silenzio.

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Il sole cominciava a calare e la città di Vaihe si trovava davanti a loro.
“E’ così diversa da come la immaginavo… qui, sono tutti poveri...” disse Freyja.

“Una volta non era così. Da quando è al trono Cathrine le cose sono decisamente migliorate, credimi. Beh, io devo andare da quella parte...”

“Tu conosci la famiglia Bhilka?”

“Dovrebbero abitare in fondo a quella stradina. So che hanno un cane anziano, dal manto scuro. Sono gli unici in città ad avere un cane. Ci vediamo domani, all’osteria qui di fronte?”

“Sì, grazie. Di tutto. Mi sono appena resa conto di essermi rivolta a te in modo confidenziale se...”

“No, è perfetto. A domani Freyja, spero che troverai quello che stai cercando."
La congedò con un abbraccio e la ragazza, ancora in preda allo stordimento emozionale, si diresse verso la casa dei suoi genitori.

Come le aveva anticipato Joel, c’era un cane accucciato davanti alla porta della piccola dimora in legno. Freyja fece un bel respiro profondo e bussò. Una donna aprì la porta e fissò la ragazza.
“Chi siete?”

“Questa è la famiglia Bhilka?”

“Chi è, Bertha?” chiese un uomo dalla camera accanto.

“Sono… Freyja.”
L’uomo corse alla porta, guardò sua moglie e i loro volti si fecero seri.
“Prendi la lanterna Bernard, presto!”
Improvvisamente Freyja fu travolta da una luce fortissima in viso, non riusciva a vedere nulla. Appena i due le tolsero la luce della lanterna dagli occhi, scoppiarono in un pianto di gioia.
“Entra. Piccola dolce Freyja. Non pensavamo che saresti venuta a trovarci altrimenti...”

“Non preoccupatevi. Kuhgla vi porge i suoi saluti”

“Ohhh quell’uomo. Quanto mi ha fatto mai soffrire quell’uomo! Siamo stati costretti cara, noi ti avremmo voluta con noi ma la Dea Kaja ha scelto di farti nascere con questi occhi e...”

“Lo so. Il Sacerdote mi ha spiegato tutto. O quasi, almeno. Dice che devo conoscere la mia storia e dovreste raccontarmela voi. Cos’altro non so?”

“Tua madre ha il vizio di non far accomodare gli ospiti. Siediti cara e mangia qualcosa, stavamo cenando.”
La famiglia si sedette a tavola e, tra un boccone ed un altro, iniziarono a parlare.
“Devi sapere che quando sei nata, sapevamo che, all’età di quattro anni, avremmo dovuto portarti da Kuhgla” iniziò la madre “ma non tutte le cose andarono come previsto. Noi ovviamente eravamo distrutti ed eravamo anche preoccupati per tuo fratello.”

“Fratello? Io… ho un fratello?”

“Ma come, non te l’ha detto?”

“Tu hai un fratello gemello, Freyja.”

“E dov’è? Perché non cena con voi?”

“Lui...” la voce di Bertha si interruppe.

“Lui non c’è più. E’ questo quello che sta cercando di dirti tua madre” disse suo padre, fissando il pavimento.

“E' morto?”

“Non lo sappiamo. Devi sapere che eravate inseparabili. Siete sempre stati legati in modo particolare. Una notte, poco dopo il compimento del vostro quarto anno di vita, venne rapito. Abbiamo sentito le tue urla e siamo corsi in camera ma un uomo, vestito di nero, stava già correndo nel buio e nonostante tuo padre l’abbia inseguito con tutte le sue forze, ha perso le sue tracce. Due giorni dopo abbiamo dovuto portarti, come d’accordo, dal Sacerdote” continuò Bertha.

“Avevamo il cuore in pezzi. Non c’eravamo ancora abituati all’idea di dover “abbandonare” te che il destino ci strappò via pure l’altro figlio. E’ una ferita che non si richiuderà mai, Freyja. Speriamo sia vivo, speriamo… ma per anni abbiamo cercato, l’esercito ci ha aiutati ma nessuno ha trovato nulla.”

“Sono sconvolta. Mi dispiace tanto, sul serio. Non volevo riaprire vecchi discorsi, non sapevo nulla.”

“Lo so. Lo siamo anche noi. L’importante è che tu ora sia sana, grande, e viva. Kuhgla ha fatto proprio un bel lavoro. Sono sicura che sei stata tu a liberarci di Alexander, vero?”

“Sì, Kaja me lo aveva ordinato.”

“Te l’avevo detto Bertha! Nostra figlia è una paladina della giustizia! Siamo così orgogliosi di te.”

“Ora basta chiacchiere Bernard, è ora che la ragazza riposi. Abbiamo ancora i vostri letti in camera, posso mostrarteli.”

“Se non reco disturbo, mi farebbe piacere.”

La camera era piccola: vi erano due letti fatti con assi di legno e un piccolo tavolo, con sopra un portagioie.
“Devo darti una cosa, cara.”
Bertha aprì il portagioie e prese un anello con una piccola pietra di quarzo bianco.
“Tieni” disse porgendoglielo “questo anello ha da sempre contraddistinto la nostra famiglia. A me e tuo padre farebbe tanto piacere se tu lo indossassi. Anche tuo fratello ne portava uno identico, spero tanto che, ovunque lui sia, lo porti con sé e ci pensi.”

“Sono felice di essere a casa, madre.” le rispose Freyja, baciandola sulla fronte.
La donna abbandonò la stanza e la ragazza si distese a letto. Era stata una giornata densa di emozioni e, nonostante fosse stanca, non riusciva a prendere sonno: pensava a Joel, al fatto che l’indomani l’avrebbe rivisto, a Kuhgla e al fatto che gli mancasse. Si infilò l’anello di quarzo bianco al dito e guardò la luna viola fuori dalla finestra. Di una cosa era sicura: a tutto questo avrebbe pensato domani, ora voleva solo assaporare il calore di casa perché mai, prima di allora, si era sentita più al sicuro di così.

Selenya: Le sei Ombre della Luna


I Sei Monliti di Selenya - immagine di @armandosodano

La Luna Rossa di Tlicalhua by @gianluccio
Cap. 1: Il Colpo
Cap. 2: La prigionia
Cap. 3: L'accordo
Cap. 4: Sussurri nel vento
Cap. 5: Il silenzio
Cap. 6: Il Deserto nella Mente

La Luna Blu di Kasiha by @kork75
Cap. 1: Un anno prima…
Cap. 2: L'osteria il corallo blu
Cap. 3: Il confine
Cap. 4: Il maestro
Cap. 5: L’ultimo giorno di luna…

La Luna arancio di Svadhisthana by @imcesca
Cap. 1: Prologo pt. I
Cap. 2: Prologo pt II
Cap. 3: Risveglio
Cap. 4: Adulta
Cap. 5: Kama

La Luna Bianca di Alfhild by @acquarius30
Cap. 1: Concentrazione e addestramento
Cap. 2: Gelido come il cuore del Marchese
Cap. 3: Apparizioni
Cap. 4: L'ira di Freyja
Cap. 5: Caos

La Luna Dorata di Porpuraria by @coccodema
Cap. 1: L'inizio di una nuova vita
Cap. 2: la trasformazione
Cap. 3: il viaggio
Cap. 4: La scoperta
Cap. 5: I prescelti
Cap. 6: La ricerca

La Luna Grigia di Rak-Thul by @mirkon86
Cap. 1: Leggenda e curiosità
Cap. 2: Il verso dei tamburi
Cap. 3: La fuga
Cap. 4: Domande e (sempre meno) risposte
Cap. 5: Artefatti e premonizioni
Cap. 6: Tra sogno e realtà

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