La luna bianca di Alfhild - Pt. 5 Caos

Silenzio. Un silenzio assordante regnava sul Regno di Alfhild; era come se il tempo si fosse improvvisamente fermato. La notte, che da sempre faceva risplendere nel cielo la luna dai diversi colori, era solo buio pesto.
I sentieri e le strade delle quattro baronie erano deserte: neppure gli animali nei boschi, che solevano cacciare nelle ore notturne, uscivano dalle loro tane. La capitale Jakalid, solitamente gremita di persone, era vuota.
Dall’ultimo incontro mentale tra Freyja e la Dea Kaja erano passati almeno dieci giorni e la situazione non era cambiata.
Il popolo della Neveluna era caduto nello sconforto totale, dapprima per lo stato di incoscienza di Cathrine, in seguito per l’assenza di luna nel cielo.
Si sentivano smarriti, senza una guida da seguire, impauriti per quello che sarebbe potuto accadere a loro e al Regno. C’era chi sosteneva che questa situazione non fosse altro che il presagio di una sciagura imminente, c’era, invece, chi credeva fermamente che presto tutto si sarebbe risolto grazie all’aiuto della Dea Kaja.
Dopo la morte del Marchese, nelle varie Baronie, le voci di corridoio dicevano che fosse stata la Dea Kaja in persona ad aver esaudito le loro preghiere e ad averli liberati da lui. Freyja era stata molto discreta attaccando Alexander vicino al bosco, per questo nessuno sapeva della sua esistenza, né tantomeno che fosse stata lei ad ucciderlo. Gli unici a sapere la verità erano il Sacerdote, Freyja e i suoi genitori, i quali non l’avevano vista, ma sapevano che, prima o poi, la Dea l’avrebbe chiamata a rapporto. Se solo avessero potuto vederla per dirle quanto erano fieri e orgogliosi di lei.

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CC0 Creatives Commons

Al castello, i quattro Baroni sfogliavano i vecchi manoscritti del Regno in cerca di passi che potessero spiegar loro come comportarsi in assenza della Regina o in caso della sua morte. La tensione era tanta e l’assenza di luna non aveva fatto altro che peggiorare le cose. Nessuno era più uscito di casa, nemmeno per lavorare; si era instaurato un clima terrificante.
Da dieci giorni la produttività delle Baronie era cessata, creando problemi non indifferenti a corte.

“Oggi, cara Freyja, ti recherai al castello con me. Non possiamo lasciare Cathrine in questo stato, devo ritentare. Partiremo subito dopo cena” disse Kuhgla attizzando il fuoco nel camino.

“D’accordo. Magari posso esserti d’aiuto anche io, in qualche modo...” rispose lei, con tono sicuro.

Finita la cena, i due si avviarono verso Jakalid, carichi di speranza.
Ogni volta in cui si spostavano a piedi, Freyja iniziava sempre il solito discorso con il Sacerdote
“Dovremmo prenderci due cani. Con la neve che sta cadendo in questi ultimi giorni, gli spostamenti sono troppo difficoltosi. Io sono giovane, ho vent’anni ma tu…con tutto il rispetto, sento il tuo fiatone fin qui!” esclamò ridendo la ragazza.

“Questo non è vero. Sono solo un po’ appesantito dalla cena, per questo andiamo a piedi. Ricordati, cara, che l’attività fisica aiuta il corpo ma anche la mente. Una bella passeggiata potrebbe schiarirci le idee riguardo molte cose” rispose prontamente Kuhgla.

Dopo aver trascorso il resto del viaggio in silenzio, si trovarono finalmente di fronte al castello, dove quattro guardie, sbarravano il portone.

“Chi siete?” chiese una guardia, infreddolita dal vento che gli soffiava sul volto.

“Sono il Sacerdote Kuhgla. Sono qui per aiutare la Regina. Lei è Freyja” rispose l’anziano indicando la ragazza.

Le guardie aprirono il portone e finalmente Freyja poté vedere, per la prima volta, un posto diverso da casa sua.
Era tutto così elegante, così sfarzoso: alle pareti erano appesi ritratti della Regina e della famiglia reale; un tappeto, interamente tessuto a mano, si stendeva fino alle porte principali del castello; il profumo dei fiori freschi invadeva le sue narici e le sembrava di stare all’aria aperta, durante le sue passeggiate mattutine.
“Forza Freyja, andiamo!” la voce del Sacerdote la riportò con i piedi per terra ma, mentre si dirigevano verso la camera di Cathrine, la ragazza non poteva fare a meno di osservare stupita quel posto meraviglioso.
La Sovrana era distesa sul letto a baldacchino, con a fianco due donne che, molto probabilmente, facevano parte della servitù. Il suo incarnato non era pallido, era come se stesse semplicemente dormendo. I migliori medici del Regno sostenevano che Cathrine potesse sentirli ma che non riuscisse ad aprire gli occhi e interagire.
Il Sacerdote appoggiò le mani sulla fronte della Regina e iniziò il suo rituale: Freyja poteva percepire l’energia del suo maestro e sperava con tutto il cuore che potesse risolvere questa brutta situazione.
Dopo circa mezz’ora, le mani di Kuhgla, che prima emanavano un forte fascio di luce bianca su Cathrine, iniziarono a perdere la loro intensità luminosa; l’uomo aprì gli occhi e si girò verso Freyja.

“Qualcosa non va, vengo respinto. Ho bisogno di più energie. Dobbiamo parlare con Kaja, assolutamente” esclamò preoccupato.

La ragazza si avvicinò a lui, gli mise una mano sulla spalla, in segno di conforto, ma proprio in quel momento, il corpo del Sacerdote venne respinto con una tale potenza che lo fece volare contro il muro della camera.
“Kughla, tutto bene?! Rispondimi!” urlò Freyja impaurita.

“Sì. Sto bene…” disse rialziandosi e massaggiandosi la schiena.

“Scusate, non voglio interrompere nessuno, ma la Regina ha aperto gli occhi!” esordì una delle donne presenti nella stanza.

“Mia Sovrana, potete sentirci? Sono il Sacerdote, vi prego, rispondete!”

Niente da fare. Cathrine era immobile: i suoi occhi erano finalmente aperti, si muovevano, ma il resto del corpo era paralizzato; era sicuramente cosciente di quello che stava accadendo attorno a lei, ma non riusciva ad emettere un suono.
“Il Marchese mi ha avvelenata!” credeva di urlare la Regina, ma nessuna di queste parole le usciva dalla bocca.
Tutti i presenti all’interno del castello, vennero avvisati del risveglio di Cathrine e di questo nuovo problema.
“Vostra Maestà, pensate a riposare. Presto tutto andrà bene, ve lo prometto. Tornerò nelle prossime settimane dopo aver fatto altre ricerche. Vi salveremo” disse Kuhgla prendendo la mano della Regina.

Il tempo scorreva velocemente e ormai era giunto il sessantunesimo giorno in assenza di luna. Il Sacerdote sperava che quella notte, nel cielo, tornasse finalmente a risplendere la luna bianca: innanzitutto si sarebbe risolto il caos nel Regno, ma soprattutto voleva disporre dei suoi pieni poteri per curare Cathrine.
Quel pomeriggio, Freyja aveva deciso di farsi una passeggiata per schiarirsi le idee. Decise di andare al monolite; fu lì che la Dea si fece spazio nella sua mente.

“Cathrine si è svegliata. Kuhgla è un brav’uomo, so che riuscirà a venire a capo di questa situazione. Quello che mi preoccupa è l’assenza di luna. E’ una cosa molto strana”
“Lo so. Non faccio altro che tormentarmi. Non posso far altro che pensare che queste due cose siano collegate. Quando ho conficcato la daga divina nel cuore di Alexander, per un secondo, ho avvertito qualcosa di strano. E’ difficile da spiegare...” disse tristemente Freyja.

“E’ difficile. Ma se ricordi bene io provo le tue stesse cose. Avverto i tuoi sentimenti, cara. Ho avvertito anch'io la stessa sensazione. Per questo sto cercando di capire come dobbiamo affrontare questa situazione. Presto ti farò visita di nuovo, porta i miei saluti al maestro.”

Quando la ragazza si riprese dallo stato di trance, si accorse di non essere sola. Un uomo, in piedi di fianco a lei, la stava osservando.
“Scusate, vi sentite bene?”

“Sì. Chi siete?” chiese Freyja, guardando fisso a terra.

“Sono il Generale Joel. Forse dalla mia divisa potevate intuire che faccio parte dell’esercito di Alfhild. Il vostro nome?”

“Mi chiamo Freyja”

“Non vi ho mai vista a Jakalid. Di quale Baronia siete?”

“Sono della Baronia di… Scusate ma mi state sottoponendo ad un interrogatorio?” esordì stizzita.

“Certo che no, perdonatemi. Pensavo foste timida ma vedo che avete un bel caratterino! Mi reco molto spesso al monolite; sapete, sono un uomo di gran fede. Prego spesso la Dea Kaja e, quando vengo qui, in questo posto mistico, non so perché ma mi sento più vicino a lei” disse Joel.

“Beh, vi capisco”

“Stavate parlando da sola prima? Inizialmente credevo foste impegnata nella preghiera, ma poi mi sono accorto che rispondevate a qualcuno che non era presente” chiese lui, cercando di guardarla in volto.

“Pregavo, sì. A volte penso ad alta voce: mi pongo delle domande e rispondo pure. Forse non vi apparirò molto normale, ma infondo chi lo è?” rispose lei, guardandolo in volto.

Joel rimase sbalordito dalla sua bellezza: quei capelli biondi che le incorniciavano il viso in un modo così perfetto, quegli occhi così penetranti e di un colore mai visto.
“Voi… siete bellissima. Dovreste sempre guardarle negli occhi le persone, ne rimarrebbero incantate”.

Per un attimo, Freyja si rese conto di aver parlato con uno sconosciuto e di aver mostrato i suoi occhi a Joel. Per una volta, questo non le importava assolutamente. Era la prima volta che parlava liberamente con qualcuno diverso da Kuhgla.
“Siete gentile, grazie. Anche voi non siete niente male. Piacere di avervi conosciuto, Generale Joel. A presto!” disse voltandosi per tornare a casa.

“Aspettate, devo darvi una cosa!”.

Joel si avvicinò ad un albero, vi appoggiò le mani, e magicamente comparve un fiore bianco a piedi dell’albero; lo raccolse e lo glielo porse.
Freyja gli sorrise e si incamminò verso casa felice e spensierata.

“Non c’è scritto nulla! Nulla! Maledetto Alexander, ci ha lasciati nei casini. Non bastava farci passare da fantocci, anche da morto ci prende in giro!” urlava Alfred.

Anche gli altri Baroni cercavano da ormai sessanta giorni una soluzione.

“A questo punto le cose stanno così. La Regina diceva che in casi straordinari, la carica politica più vicina a lei, poteva prendere il suo posto. Se nessuno di voi vuole prendersi questa responsabilità, lo farò io. Non possiamo lasciare Alfhild in questo stato. Dobbiamo assolutamente dimostrare al popolo che può fidarsi di noi e che faremo tutto il possibile per aiutare la Regina. Già il fatto che riesca a muovere gli occhi, direi che è positivo. Quel Sacerdote l’ha presa a cuore” riprese il Barone.

“Credo di parlare a nome di tutti noi, dicendo che sono d’accordo con te. Prendi in mano la situazione Alfred. Per qualsiasi cosa, noi offriremo il nostro aiuto” rispose il Barone dei Forestieri.
Tutti i presenti nella stanza annuirono. Alfred, per un attimo, sentì mancarsi la terra sotto i piedi: sapeva che ora avrebbe dovuto impegnarsi seriamente e poteva finalmente rifarsi della cattiva reputazione creatagli da Alexander.

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Quella sera Freyja e il Sacerdote decisero di tornare a fare visita a Cathrine, sperando di poter approfittare dell’arrivo della luna bianca.
Il vento soffiava forte, facendo cadere la neve dagli alberi. Gli animali si erano ormai abituati all’assenza di luna e avevano ripreso la loro caccia notturna regolarmente; le persone, invece, avevano ripreso il loro ritmo lavorativo, le loro abitudini giornaliere, ma la notte era tutto deserto.
Freyja e Kuhgla decisero di fermarsi e di guardare la volta celeste. Ormai la luna bianca avrebbe dovuto illuminare il cielo e il Regno di Alfhild.
I due si resero conto che la luna stava facendo capolino. Il Sacerdote afferrò per un braccio Freyja. Era completamente immobilizzato.La notte non era più buia, ma iniziava a tingersi lentamente di viola. La luna, che illuminava il Regno dopo notti di oscurità, era completamente viola.
Un colore strano, terrificante.
I due si affrettarono a raggiungere il castello, dove i Baroni, anche loro consci dell’inusuale tinta della luna, erano in agitazione e tremanti. La Regina era ancora distesa a letto e Kuhgla ricominciò il rituale di cura. Questa volta, dalle sue mani, il bagliore bianco fuoriusciva a malapena; gli occhi di Cathrine, si fecero presto di un colore viola, molto simile a quello della luna.
Il Sacerdote, sfinito dall’inutile procedura, si prese la testa fra le mani.
“Questa cosa non finirà presto e non finirà affatto bene. Credo sia un’entità oscura. Che la Dea Kaja abbia pietà di noi, miseri umani”.

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Immagine realizzata da @carolineschell per Selenya

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