La luna bianca di Alfhild - Pt. 2 Gelido come il cuore del Marchese

“Vostra Maestà, mancano solo tre giorni al gran festeggiamento per l’ultimo giorno di luna bianca. Credo che dovreste scegliere più rapidamente i nuovi schiavi da portare a corte. Abbiamo poco tempo per finire di organizzare tutto quanto” disse il Marchese alla regina Cathrine.

“Hai ragione. Ma resta comunque il fatto che sono io la regina di Alfhild e ci impiego il tempo che voglio! Accetto i tuoi consigli, ma quando tendono ad assomigliare a degli ordini cominciano a darmi fastidio, perciò voglio ribadire che chi comanda veramente qui sono io! Non voglio fare brutte figure davanti al mio popolo, sia chiaro!” rispose scocciata la sovrana.

Alexander osservò la regina, indispettito dal tono di superiorità con cui gli si era rivolta.
Cathrine era una donna molto affascinante: aveva una folta chioma bionda splendente che le arrivava alle spalle e un viso asciutto, dai lineamenti marcati. Indossava una corona di cristalli, più precisamente di quarzo bianco, che metteva in risalto i suoi bellissimi occhi azzurri e la faceva apparire più giovane di quel che era. Aveva quarant’anni, ma li portava piuttosto bene. Di sicuro, il suo stile di vita agiato le aveva permesso di prendersi cura del suo corpo e questo si notava: non aveva alcuna ruga in volto, nessun capello bianco e la sua pelle candida da nobile era morbida e profumata.
Sua maestà si spostò di fronte all’ennesimo schiavo e gli chiese: “Quanti anni hai? Mi sembri in forze”.

“Ven… ti, Vostra Grazia” rispose immediatamente il ragazzo, terrorizzato.

“Ottimo, voglio lui. Gli altri tre forestieri che ho scelto impareranno ben presto che non c’era alcun bisogno di entrare nel Regno di Alfhild con cattive intenzioni. Noi siamo buoni con gli estranei, solitamente. Vi servirà da lezione...” esordì la regnante.

Quel giorno il mercato degli schiavi era andato piuttosto bene: la regina infatti aveva dovuto comprare solo uno di loro, poiché proveniente dalle lande di Tlicalhua, mentre gli altri tre non dovette acquistarli in quanto stranieri fermati dalle guardie, rei di aver violato le regole del regno.
La regina Cathrine salì a bordo della slitta trainata da ben dieci renne, insieme al marchese Alexander. Il viaggio dalla baronia dei Forestieri a Jakalid, la capitale, non era molto lungo ma si protrasse più del previsto a causa della tempesta di neve che si stava abbattendo sul Regno di Alfhild.
Lungo il tragitto verso il castello, Cathrine osservò ogni singolo particolare di quell’angolo abbandonato del suo reame. Il confine con gli altri regni era ben organizzato: erano presenti guardie e personale preposto all’accoglienza dei forestieri, perlomeno quelli con le “caratteristiche giuste” per integrarsi facilmente nella baronia. La popolazione era mista ma realmente povera. Alcuni bambini gironzolavano scalzi, sul terreno innevato, alla ricerca di cibo. Uomini raccoglievano legna per accendere il fuoco e le donne, con in braccio i neonati, erano intente a cullarli nel tentativo di scaldarli un po’. La regina avvertì le lacrime farsi strada nei suoi splendidi occhi azzurri. Non poteva e non voleva farsi vedere dal Marchese in quello stato, così, con voce ferma urlò al conducente della slitta: “Forza, voglio esser a casa per cena! Diamoci una mossa!”

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“Nascondi questi cristalli Gilbert, la slitta del barone sta arrivando. Non voglio farmi trovare con le mani nel sacco anche questa volta! Dannazione, muoviti!” urlava Hugo al suo amico.

“Non capisco perché hai così tanta paura di lui. Lo sappiamo benissimo che è una mezza calzetta… Senza il Marchese a fargli da spalla non si accorgerà nemmeno di quanti ne abbiamo rubati” esclamò Gilbert, intento a nascondere un sacchetto pieno di cristalli di quarzo su di un ramo vicino alla grotta ghiacciata.

“E poi, se proprio volessimo essere sinceri, non li abbiamo rubati, ma ce li siamo guadagnati! Tranquillo amico mio, so io come gestire la situazione” sentenziò il ragazzo sicuro di sé.

Il barone arrivò davanti a loro, guidando personalmente la sua slitta trainata da quattro cani Traxvan, dotati di un manto scuro foltissimo e occhi color ghiaccio: una razza estremamente costosa che solo pochi potevano permettersi.
Vestito con una pelliccia di renna, anch’essa molto costosa, cucita a mano su misura per lui, indossava una berretta pesante, dalla quale uscivano piccoli ciuffi di capelli color miele, gelati dal vento gelido.

“Quanti cristalli avete estratto oggi?” chiese il barone rivolgendosi a Hugo e Gilbert, mentre sbadigliava stiracchiandosi.

“All’incirca cinquanta, barone. Glieli diamo subito.” rispose nervoso Hugo.

“Non cominciamo a fare i furbetti, miei cari… Di solito siete voi due quelli che rubano i cristalli della Regina!” disse il nobile, cercando di mantenere costantemente vivo un tono di voce minaccioso.
Il barone cominciò a guardarsi attorno, nel tentativo di scovare il piccolo nascondiglio del sacco pieno di preziosi, ma non trovò nulla. Decise allora di passare alle maniere forti, tanto era sicuro che si stessero prendendo gioco di lui.

“Gilbert, avanti... So che ne hai combinata una delle tue. Dimmi dove hai nascosto gli altri cristalli!” urlò il nobile, nel momento in cui estrasse la spada dal fodero.
Mentre Gilbert stava per pronunciare qualche parola in risposta, egli, in modo quasi fulmineo, prese per un braccio il povero Hugo e gli puntò la lama della spada alla gola.

“Avanti! Sono stanco delle tue solite scuse, ingrato! Vivete nell’agio più totale in questa baronia! Sono state stabilite precise quantità di cristalli da vendere alla Regina in persona, quelli che avete bastano e avanzano! Tirali fuori o gli taglio la gola!” urlò con occhi pieni di rabbia il barone.

“Non li abbiamo, signore. Vi dico che non ci sono, dovete credermi. Se poi vogliamo dirla tutta, quello che avete appena detto non è corretto. Semmai è il Marchese che ha stabilito le quantità, non di certo la Regina. Lei vuole che ce ne occupiamo noi, personalmente. Quindi fate pure quello che volete, ma da me o dal mio amico non avrete un singolo cristallo!” sbottò scocciato e furioso Gilbert.

“Ti prego Gilbert, ho una famiglia! Dagli quello che vuole! Ti prego amico!” urlava impaurito Hugo.

Mentre il barone borbottava qualcosa tra sé e sé, Gilbert si sedette a terra. Appoggiò le mani sulla neve e, improvvisamente, un rumore assordante proveniente dal terreno impaurì i presenti. Vicino ai piedi del barone si aprì una piccola fessura nel suolo, dalla quale saltò fuori una stalagmite, la cui punta ferì la mano del barone, costringendolo a lasciar cadere l’arma. Hugo, approfittando del momento propizio riuscì a scappare, senza riuscire a trattenere grasse risate.

“Cosa farete adesso, mio signore? Volete torturarci?” rideva forte Gilbert a sua volta.

Visibilmente arrabbiato e umiliato, il barone tornò in sella alla sua slitta e se ne andò, urlando promesse di ritorsione e vendetta.
“Beh, è sempre stato un cretino effettivamente... Ma non permetterti mai più di mettermi in una situazione simile Gilbert, ho una famiglia. Sia chiaro!” disse Hugo all’amico, con una fraterna pacca sulla spalla.

“Torniamo a casa Hugo, tua moglie ci avrà preparato qualcosa di squisito per cena!” disse Gilbert, scendendo dal ramo dove aveva nascosto i cristalli.

I due si avviarono verso casa, lasciando alle loro spalle un incantevole paesaggio: il tramonto rifletteva le luci del crepuscolo sulla grotta piena di cristalli, creando un gioco di colori in grado di meravigliare chiunque.

Affacciata ad una delle finestre del suo castello la regina Cathrine era pensierosa. Continuava a riflettere su quello che aveva visto con i suoi occhi e perciò si sentiva in dovere di fare qualcosa per migliorare la vita di quelle persone; in fin dei conti, era il suo popolo, la gente che le portava rispetto e che l’adorava.
Cosa aveva fatto per meritarsi tutta questa riverenza? Cosa esattamente?
Erano questi gli interrogativi che la tormentavano.

“Vostra maestà, tutto bene?” le domandò il marchese Alexander entrando nella stanza riscaldata dal fuoco del camino.

“Sì, mio caro. Scusami per prima ma sai benissimo che non possiamo dar nulla a intendere a chicchessia. Se qualcuno venisse a scoprire che noi… sì, insomma, ciò che siamo, potrebbe nutrire dubbi a riguardo della mia figura e delle mie capacità di governare il Regno. Non sei ben visto dal popolo, la gente crederebbe che influenzi negativamente le mie scelte” disse Cathrine, con occhi tristi.

“Non preoccuparti, non succederà. Sono io a doverti chiedere scusa, mia regina. Ti lascio riposare, passerò più tardi”.

Cathrine non si voltò nemmeno per congedarlo, tanto era presa dai suoi pensieri. Guardava i fiocchi di neve cadere sopra il suolo del suo regno, senza riuscire a distogliere il pensiero dal gelo e dalla fame che di certo provavano i suoi sudditi della Baronia dei Forestieri. Era ancora piuttosto infastidita dal comportamento tenuto in pubblico da Alexander.
Fu proprio in quel momento che la Regina decise come molte cose sarebbero dovute cambiare, perché se solo la Dea Kaja avesse deciso di vendicarsi per come si stava riducendo il suo Regno, soltanto in apparenza ricco e felice, ma in realtà povero e triste, la regnante avrebbe dovuto pagarne le conseguenze in prima persona.
E se il suo popolo in fin dei conti aveva ragione?
Forse il Marchese non era la persona che fingeva di essere...

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CC0 Creative Commons

Alexander lasciò le stanze della Regina e si avviò verso l’uscita del castello: l’aspettava il suo giro di controllo dai quattro baroni.
“Chissà se quei quattro cretini hanno fatto il loro lavoro. Ormai quella vecchia idiota è cotta di me, ma ho poco tempo per agire” pensò salendo sulla sua slitta.
Una folata di vento gli soffiò sul viso, gelido come il suo cuore, privo di pietà e compassione.
Le cose presto sarebbero cambiate nel Regno di Alfhild, molto presto...

Selenya: le sei Ombre della Luna
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La luna rossa di Tlicalhua by @gianluccio
Capitolo 1: Il colpo
Capitolo 2: La prigionia
Capitolo 3: L'accordo
Capitolo 4: Sussurri nel Vento

La luna blu di Kasiha by @kork75
Capitolo 1: Un anno prima
Capitolo 2: L'osteria il corallo blu
Capitolo 3: Il confine

La Luna bianca di Alfhild by @acquarius30
Capitolo 1: Concentrazione e addestramento
Capitolo 2: Gelido come il cuore del Marchese

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