Meet Goffredo

Questa è Goffredo, la mia Phyllocrania Paradoxa, più comunemente detta Mantide Fantasma. Non è molto comune avere una mantide come animale domestico e presenta una serie di difficoltà che in quest’articolo vorrei spiegare, basandomi sulla mia esperienza con Goffredo.

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Sono sempre stata appassionata di entomologia, fin da bambina, quando andavo in cerca di cavallette e scarabei e avevo tappezzato con fotografie di insetti rari il muro della mia cameretta. Quando sono andata a vivere fuori sede sentivo molto la mancanza dei miei animali domestici e mi sono detta che era finalmente giunta l’occasione di prendere un animale “poco impegnativo” che piacesse a me.
Il primo problema è stato dove trovarlo. Sono andata a un paio di fiere ma mi sono presto resa conto che in quegli ambienti sono i rettili a regnare. Serpenti e salamandre sono paradossalmente molto facili da reperire, mentre sembra che gli insetti interessino solo a pochi individui di nicchia. Siccome avevo già acquistato la teca di vetro e l’avevo arredata con rami presi sul lungofiume di Padova, mi risolsi a consultare dei siti internet. Lì trovai quel che stavo cercando e decisi di ordinare una Phyllocrania Paradoxa, infatti avevo letto che non necessitano di molte cure e sono in generale resistenti, mi sembrava quindi una buona soluzione essendo per me il primo approccio con le mantidi.

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Subito si presentò un secondo problema: il cibo. Le mantidi mangiano solo insetti vivi, che devono essere abbastanza piccoli da non costituire una potenziale minaccia. Su consiglio dell’operatore del sito da cui avevo ordinato, avevo preso anche delle piccole blatte (degli scarafaggini per intenderci), che però Goffredo rifiutava, quasi ne avesse paura. Inizialmente pensai che fosse solo scossa per il viaggio ma i giorni passavano e lei non mangiava. Non sapevo davvero che fare. Nessun negozio di animali convenzionale vende insetti vivi e io non potevo spostarmi molto, infatti disponevo soltanto di una bicicletta. A Brescia, mia città natale, sapevo di un negozio che vendeva un po’ di tutto, dove speravo di trovare ciò che stavo cercando. Tuttavia ero restia a partire, per paura di lasciare Goffredo sola e senza cibo per troppi giorni. Allo stesso tempo tremavo al pensiero di portarla con me: non solo la teca è piuttosto ingombrante (20x20x30) ma oltretutto era dicembre e stava nevicando. Le mantidi come Goffredo vivono di solito a 20-25°, quindi ero certa che portandola fuori sarebbe morta di freddo. La lasciai alla cura dei miei coinquilini, che spruzzarono acqua nella teca una volta al giorno al posto mio e, con mille pensieri e preoccupazioni, tornai a Brescia. Nel negozio di cui ho parlato chiesi consiglio e alla fine comprai una scatoletta di moscerini, che, al mio ritorno, Goffredo apprezzò moltissimo, facendomi tirare un sospiro di sollievo.

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Il terzo problema fu capirne il sesso. Quando arrivò, Goffredo era piccola come l’unghia del mio mignolo, fragile e piena di segreti. Maneggiarla mi faceva temere di ferirla e i siti che avevo consultato per scoprirne il sesso parlavano tutti delle dimensioni: la femmina adulta è più grande e più panciuta del maschio, la femmina ha antenne più lunghe e sottili mentre quelle del maschio sono corte e tozze. Ma quali antenne? A malapena ne distinguevo gli occhi, che seguivano ogni mio movimento. Infine trovai un sito che parlava delle strisce dell’addome: la femmina dovrebbe averne otto, mentre il maschio dieci. Ma era davvero impossibile capirci qualcosa, decisi quindi di tirare a indovinare. Quando aveva rifiutato le piccole blatte e si era mostrata pavida e timorosa mi aveva fatto tenerezza, sapendo che nel regno degli insetti le femmine sono di solito più grosse e temerarie, decisi che probabilmente si trattava di un maschio, e infatti le diedi il nome Goffredo. Come avrete capito dalla contraddizione dei pronomi personali mi sbagliavo, ma lo scoprii solo dopo la seconda muta.

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Sì perché le mantidi fanno la muta. Ogni mese circa, la mantide cresce all’interno del suo esoscheletro e, quando questo diventa troppo piccolo per contenerla, lo spacca e ne esce fuori completamente rigenerata. La prima volta fu divertentissimo. Avevo riportato Goffredo a Brescia per le vacanze di Natale e il mio fidanzato aveva finalmente l’occasione di vederla, dopo aver ascoltato tutte le mie paranoie riguardo sesso e cibo al telefono. Insomma, si affacciò alla teca e mi disse “Amore ma ce ne sono due”. La muta infatti resta appesa al ramo o al soffitto proprio come se fosse una mantide vera, eppure “svuotata” del suo contenuto.
Proprio oggi Goffredo ha fatto la sua sesta muta, segno che si sta avvicinando all’età adulta (dopo circa otto mute sono completamente formate e non mutano più). Ben sapendo che gli insetti hanno una vita troppo breve e un sistema troppo semplice per provare dei sentimenti, mi illudo che in qualche modo si sia affezionata a me. Di sicuro io mi sono affezionata a lei e ho imparato a capirne i segnali. Quando è in procinto di fare la muta si solito si attacca a testa in giù al soffitto della teca e resta lì ferma anche per giorni, probabilmente per prepararsi. Quando si sente a suo agio oppure è contenta – di solito quando sta mangiandosi una mosca o un moscerino – fa una specie di balletto, molleggia sulle zampe e fa un movimento circolare. Quando invece sta cacciando oppure si sente minacciata si piega in avanti, con il corpo in tensione, e a ogni minimo fruscìo fa scattare la testa di lato per osservare se qualcosa si avvicina.
Insomma, avere una mantide è un’esperienza nuova e sotto molti aspetti magica e soddisfacente. Spero siano in molti a provare interesse per gli insetti, poiché essi non solo sono tanti ma anche meravigliosi, ognuno con la sua particolarità e i suoi colori.

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