Un membro del CTS ha mai provato a recarsi in una palestra?

Il titolo, retorico, ironico, sarcastico, preoccupato, potrebbe dire già molto.
Il covid ha cambiato le nostre abitudini.
Il lockdown le ha azzerate.
L'estate ci ha fatto dimenticare in parte le sofferenze e le preoccupazioni della scorsa primavera.
L'autunno sta inesorabilmente facendoci ritornare nella bolla di ansia e incertezza a cui, erroneamente, ci eravamo, ingenuamente, disabituati.
Tra negazionisti, protezionisti, conservatori e provocatori ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori.
I sovranisti, populisti (e anche un pò, un bel pò cialtroni) di mezzo mondo hanno deciso di sfidare il nemico covid, ritrovandosi puntualmente in reparto per essere curati con quegli stessi farmaci da loro rinnegati (pensate a Trump, curato con un farmaco a base "fetale", lui che da Presidente ha fatto una guerra contro questo tipo di sperimentazioni in nome della "vita" e dell'antiabortismo).
No-mask, no-vax, no-lockdown, sono tanti i NO che abbiamo imparato a conoscere.
Tra grottesco e surreale ci siamo dovuti barcamenare su quella che poi è la vita di tutti i giorni.
Il lockdown ci aveva resi tutti uguali.
Stesse paure, stesse costrizioni, stesse restrizioni.
E' stata dura ma quel comune essere parte di qualcosa di brutale e pauroso ma "di tutti" ci ha permesso di affrontare quel momento abbastanza bene, da paese.
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Ne siamo usciti benissimo in relazioni ad altri paesi e, forse, anche grazie a quel lungo e repentineo sacrificio oggi siamo tra i paesi con il minor numero di contagi, seppur in brusca risalita.
A Lockdown finito abbiamo dovuto imparare a convivere con il virus, a stare attenti, a riavvicinarci ma senza toccarci o stare davvero troppo vicini.
Alcuni settori hanno patito, altri hanno vissuto il loro tramonto, altri hanno dovuto riadattarsi, altri ne hanno beneficiato.
Chi chiudere? Chi aprire? Chi regolamentare ferreamente? Chi lasciare più liberi?
E' stata una domanda incessante che tuttora non ha una risposta certa.
Il caso del calcio è emblematico, quello delle discoteche lampante, quello della scuola tiene i riflettori puntati da un pò.
C'è un luogo che, però, sta ricevendo una gran fiducia, una certa dose di libertà e che vorrei fosse l'oggetto di questa discussione:

Le palestre

Ad oggi nelle palestre vige un protocollo che dovrebbe/potrebbe assicurare la buona riuscita degli allenamenti.
Tutto bello, tutto giusto.
Mascherina quando si passeggia.
Mascherina in corridoio.
Mascherina negli spogliatoi.
Sanificazione continuativa e controllata dei posti di lavoro.
Distanziamento negli spogliatoi.
Distanziamento nelle sale fitness.

Perfetto.

Peccato che però la realtà sia ben diversa.
Tutto è assicurato, nulla è garantito.
Avete avuto la "fortuna" di essere presenti ad una giornata tipo in palestra?
Bene.
Se sarete bravi tutto andrà liscio, per voi ma soprattutto per chi è accanto a voi.
Se sarete sfortunati allora il disastro sarà dietro l'angolo.
La realtà dei fatti è che i luoghi (forse) più sicuri sono le stazioni dove correre sul tapis roulant o sulla bike, le sale fitness dove 3-4 metri tra una persona e l'altra sono garantiti.
Quello che accade nel mezzo è però inqualificabile.
Spogliatoi che dovrebbero ricevere 10 persone ne ricevono 30 nelle fasi "calde", laddove dovrebbe esserci mascherina non c'è, laddove ci si dovrebbe mettere in fila e attendere si sorpassa per raggiungere l'attrezzo o l'armadietto di ordinanza.
Un caos.
Il buon senso, il protocollo e il nostro senso di responsabilità potrebbe ridurre quasi a zero il rischio. Non abbinare questi 3 fattori potrebbe portare ad un macello senza precedenti.
Mi piacerebbe avere l'opinione di chi in palestra è abituato ad andare spesso, penso a @fedesox e @desyfit ma anche di tutti voi che un'opinione civile in merito l'avrete sicuramente formata.
La domanda però è un'altra:

I membri del CTS sono mai entrati in una palestra dal 3 giugno ad oggi?

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