Un mistero che riempì le pagine dei giornali

Nel 1926 ci fu un caso talmente clamoroso da dividere l’Italia degli anni Venti e poi diventare un copione per un famoso film di Totò e una miniserie TV della RAI nel 2009. Ma chi era lo “Smemorato di Collegno”? Mario Brunei, tipografo, o Giulio Canella, stimato professore veronese?


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Una lunga storia incominciata nel cimitero di Torino il 10 marzo 1926, quando il custode sorprese un vagabondo intento a rubare un vaso votivo di rame. Il vagabondo, privo di documenti, che diceva di non ricordare nulla, nemmeno il proprio nome, fu ricoverato al manicomio di Collegno, con il numero di matricola 44.170. La foto del ladro finì su un giornale, sotto un titolo che si sarebbe trasformato nell'appellativo con cui tutta l'Italia avrebbe imparato a conoscerlo: Lo smemorato di Collegno. Due famiglie, la Bruneri e la Canella, si contesero l'uomo senza passato. Quando "lo smemorato” morì, nel 1941, il dubbio restò. Una cinquantina di persone si presentarono, presso la casa di cura, per identificarlo: qualcuna lo riconobbe. Il prof. Renzo Canella, di Verona, vide in lui il fratello Giulio, scomparso nel 1916 durante la battaglia di Nitzopole, sul fronte macedone. Il 28 febbraio 1927 giunse anche la moglie del disperso, Giulia Canella, alla quale il cognato aveva riferito, senza sbilanciarsi, che gli assomiglia, e che potrebbe anche essere lui. I dottori nascosero Giulia dietro un paravento e le mostrarono lo “Smemorato” mentre conversava con alcune persone. La donna divenne pallida come un cencio e mormorò: “E' lui, ma come è cambiato”. Poco dopo, la fecero passare in un gruppo di altre donne davanti al ricoverato. Lo sconosciuto le gettò dapprima uno sguardo distratto, poi si irrigidì, interruppe la conversazione, e si accasciò su un muretto prendendosi la testa tra le mani. Nell'ufficio del direttore, Giulia Canella si gettò tra le braccia dell'uomo piangendo e gridando “Giulio, Giulio amore mio”. Una settimana dopo, nella villa della campagna padovana dove la signora Canella e lo sconosciuto trascorrevano la seconda luna di miele, si presentarono due commissari di polizia, che prelevarono il resuscitato prof. Giulio Canella e lo condussero a Torino per ulteriori accertamenti. Una lettera anonima sosteneva che lo “Smemorato” era in realtà il tipografo torinese Mario Bruneri.


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Era scoppiato così il caso che avrebbe diviso gli italiani, per quasi sette anni, in “canelliani” e “bruneriani”: gli unici due partiti, come si disse, che il fascismo abbia mai tollerato. Tutte le risorse della polizia scientifica, della grafologia, dell'antropometria e della psichiatria furono mobilitate per accertare chi fosse in realtà lo smemorato: il prof. Giulio Canella, direttore della scuola normale di Verona, docente di filosofia e pedagogia, fine scrittore, cattolico militante? O Mario Bruneri, pregiudicato per truffa, emerito simulatore, che aveva conseguito a malapena la licenza elementare, in possesso di una cultura da autodidatta, che scriveva con errori di ortografia e sintassi? Furono celebrati cinque processi, per i quali la famiglia Canella spese cifre ingenti. Furono ascoltate centinaia di testimonianze contrastanti e rivangati i più lontani ricordi d'infanzia. Si giunse al 1931, quando la Cassazione stabilì: “Lo Smemorato di Collegno che dice di essere Giulio Canella, è e sempre sarà Mario Bruneri”. Nel 1933, Giulia Canella e lo Sconosciuto con un passaporto intestato a Mario Bruneri si imbarcarono per il Brasile. Giulia Canella era figlia di un ricco piantatore brasiliano di origini italiane che ora avrebbe accolto i protagonisti dell'incredibile vicenda. Prima di partire, Giulia Canella scrisse un'accorata lettera alla moglie di Mario Bruneri, Rosa Negro, che aveva reso una testimonianza determinante, per perdonarla. A Rio, lo Smemorato visse come il prof. Giulio Canella fino al 1941, quando morì, per cancrena diabetica. Una secondo giudizio giuridico di parecchi anni dopo (1970) pose fine alle diatribe tra i parenti delle due famiglie: una Sentenza Pontificia nella quale si dichiarava che lo “Smemorato” era il prof. Canella e che pertanto la signora Giulia Canella non era stata la sua concubina, ma la legittima moglie, madre di tre figli che potevano quindi portare il cognome Canella (intanto l’eredità del Professore era andata per metà al figlio di Bruneri). La vicenda dello Smemorato non è stata quindi solo un caso di cronaca dai tristi risvolti umani, ma un interrogativo storico e un giallo giudiziario che ha fatto “scuola” in materia.


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