12 anni di "matrimonio" | L'inizio della fine di un'era

Alcuni giorni fa pensando nero su bianco paventavo in un post l'idea di cancellare i miei profili social tradizionali, incontrando un buon livello di sostegno nei commenti ma anche alcune note negative che instillano qualche dubbio su un'eventuale assenza a lungo termine su queste piattaforme, soprattutto in chiave promozionale poi per tecnologie nuove d'archiviazione dati sociali come Hive.

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Intendo riprendere il discorso un pò da dove l'avevo lasciato la volta scorsa ma con una consapevolezza diversa, quella proveniente dal fatto che il mio profilo Facebook non esiste ufficialmente più. Tecnicamente esiste ancora poichè il periodo di stand-by dura 30 giorni dall'ordine d'eliminazione ma oramai i miei dati compressi sono completamente scaricati e indietro per quanto mi riguarda non si torna.

Facebook è stato il primo ed il più facile dal quale separarsi, paradossalmente, pur essendo quello che dovrebbe mantenerti in contatto con le persone più strette, ormai lo trovo completamente inutile come prodotto interattivo sul mercato, non mi offre più nulla a parte alcune pagine che mi preme seguire ma che, essendo pubbliche, puoi consultare anche senza profilo.

Se non fosse per Whatsapp, Instagram e gli investimenti in campi emergenti come il VR probabilmente Facebook Inc. sarebbe già sul viale del tramonto, surclassata dalla noia incombente dei suoi utenti.

UNA STORIA D'ATTENZIONE

E' proprio Instagram che riesce in parte a risollevare un modello di social media che ormai è saturo ed ha stancato, però difficilmente su queste piattaforme è possibile trovare contenuti duraturi nel tempo, la funzionalità stories a mio avviso ha completamente stravolto l'attenzione degli utenti e la ricerca di un pattern regolare di condivisione di contenuti qualitativi.

Diciamola tutta, l'essere umano è pigro e per la maggior parte dei creators su instagram le stories sono roba rapida e semplice, ma che allo stesso tempo contribuiscono a mantenere alta la media di tempo passato sulle piattaforme, per la gioia degli inserzionisti e dello stesso Facebook.

La curiosità interessante è che molti articoli su Hive trovano una loro utilità anche anni dopo la pubblicazione, a dimostrazione che forse il ciclo interattivo sta ritrovando una base solida nuovamente sui blog e forum, riportando il pensiero di @tosolini.

Tuttavia data la natura di questa blockchain, non è possibile dopo i 7 giorni remunerare tali contenuti, ci sono i tip certo, ma sono pur sempre donazioni provenienti dal portafoglio personale che non tutti elargiscono a cuor leggero.

Un'altra idea sarebbe quella di criptare i contenuti rendendoli accessibili solo ad utenti paganti ma in un ambiente peer to peer, immagino che i 'recurrent payments' introdotti nell'ultimo hard fork porteranno proprio in quella direzione, abbracciando modelli già esistenti centralizzati quali e.g. Patreon o OnlyFans.

Oppure ricorrere all'advertisement per l'ennesima volta, ma senza garantire troppo potere decisionale ai provider di pubblicità online, i quali poi fanno pressioni in base alla semplice corrente politica del publisher.

Si sa il profitto controlla il mondo, però per vincere al gioco bisogna trovare un modo per riversare i proventi sull'asset digitale (HIVE) e non direttamente ai content creator, ideologicamente avremmo un modello di business più solido di quello che è ad oggi presente su YouTube, che è preso totalmente al guinzaglio dai suoi inserzionisti.

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CAMBIO DI ROTTA

Hive è ancora in fase embrionale e penso ci rimarrà ancora per qualche tempo, i prezzi magari cresceranno ma la crescita della mole d'utenti rimarrà ancora per qualche tempo a mio avviso legata all'idea di poter guadagnare qualcosa sulla piattaforma, piuttosto che costruire un profilo digitale immutabile e duraturo.

Alcuni di noi nonostante il violento e lungo crash di questi ultimi 3 anni sono rimasti, non solo per il profitto (che gioca sicuramente una parte importante) ma per il potenziale ancora inespresso che c'è da queste parti e che si inizia a intravedere (uhm...Splinterlands boom anyone?...).

Invito a dare un'occhiata al recente post di Dan sul modello di distribuzione di HIVE, Proof of Brain come da whitepaper, non è perfetto ma si integra a fagiolo con un consenso distribuito come DPoS applicato ad una piattaforma social, sono cose che ripeto pure io da oltre un anno a questa parte in vari post che ho pubblicato, HIVE è un utility token.

Sulla stessa lunghezza d'onda vi richiamo anche un altro post che ho letto recentemente.

Un utility token che rappresenta le risorse a disposizione di ogni app/utente per interagire con la blockchain e nient'altro, ma che a conti fatti è la funzione primaria dell'intero network, niente HIVE niente risorse, fine del gioco.

Il problema dei social media tradizionali è che l'utente è il prodotto stesso, bestiame digitale da poter prosciugare di ogni tipo di informazione fornita sul database centrale, posizione, IP, metadata e così via. Tali informazioni vengono poi algoritmicamente adattate e rivendute agli advertisers che, a loro volta piazzano pubblicità mirata e personalizzata per ciascun utlizzatore.

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SOCIAL NON SOCIAL

Non sono mai stato in realtà un tipo molto popolare su Facebook, niente foto da centinaia di like o commenti, tranne negli ultimi anni di attività dove gestivo una pagina discretamente famosa da circa 10 mila follower. Nel 2021 non è più una tragedia come poteva esserlo 10 anni fa, con Facebook in piena ascesa all'olimpo delle multinazionali del digitale.

L'intera cartella compressa con i miei dati pesa all'incirca 480MB, circa un DVD di media qualità che racchiude quasi 12 anni di attività personale sulla piattaforma...allucinante.

Dalla mia fase adolescenziale, ai viaggi 'Intercultura', la mia metamorfosi musicale dal rap all'heavy metal per poi tornare al rap con stili e mode annesse, capelli lunghi, corti, di nuovo lunghi, cambi di linguaggio da millenials post liceale a "uomo di mondo", la fase da kitesurfer fino al bodybuilding, amici e cerchie di frequentazione e interesse...

Tutto dati presenti su un database centrale che contribuisce a profilare un avatar virtuale al quale poter proporre determinati prodotti, i tentacoli di Marco Zucchetta vanno ben oltre Facebook l'app, ma un primo passo per la disintossicazione è stato fatto.

Non mi ricordo nemmeno più l'ultima volta che sono riuscito ad organizzare eventi reali con le persone con cui interagivo scambiando brevi battute sullo schermo ed è questa la vera tristezza e l'anti-socialità dei social.

Gruppi di ragazzi con lo smartphone in mano pronti a condividere luogo, ora, persone facenti parte dell'istantanea invece di godersi il momento stesso di convivialità, per carità capita pure a me di scorrere la pagina principale di Ecency in cerca di qualcosa di interessante da upvotare nei punti vuoti della giornata.

Un upvote che distribuisce risorse di sistema, invece di generare controversie puerili fra amici, fidanzate e quant'altro...troppe persone non sono più in grado di scindere la realtà dai social media e per forza di cose i rapporti personali degenerano.

La cosiddetta "generazione Z" vaga senza meta assuefatta da queste questioni virtuali senza significato nella vita reale, insicurezze, dubbi a tal punto che non gli è più possibile costruire rapporti duraturi con le altre persone ed in un modo o nell'altro ad un certo punto, tutto svanisce sotto il loro naso alla stessa velocità con la quale una foto Instagram sparisce dal loro feed.

Lasciandoli tremendamente soli in un mare di follower e notifiche, nessuno su cui poter contare davvero nel momento di vero bisogno.

Il super consumismo si è impossessato pure dei contenuti virtuali oltre che del mercato tecnologico fisico, ciò che si rompe invece di aggiustarlo e rafforzarlo è più facile buttarlo via per far spazio a qualcosa di nuovo che alla lunga butteranno via di nuovo perchè ciò che manca davvero è la capacità di analizzare se stessi.

I social network come vetrine che propongono un prodotto perennemente migliore a quello già posseduto in un'eterna ed infelice ricerca della perfezione, anche e soprattutto tristemente in termini umani, che velano quelli che sono invece i demoni personali che ognuno di noi deve affrontare prima di poter star bene con gli altri.

Con Instagram la separazione sarà molto più dura, soprattutto perchè poi indirettamente legato a YouTube che mi piace ancora particolarmente, anche se per ora non ho la testa per occuparmene come vorrei, ma sono contento che il primo mostro è bello che andato.

-Fede

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